Oggi mi rivolgo ai genitori. A chi, ogni giorno, si sente responsabilmente smarrito o non compreso o in balia di un mondo esterno che invia continuamente segnali contraddittori. Si dice che genitori non si nasce, lo si diventa.

Più ci penso e meno comprendo quel divenire… nella mia percezione lo trasformerei in un: genitori non si nasce, ci si scopre. E per scoperta intendo proprio l’atto visualizzato di togliersi gli abiti da grandi e tornare nel nostro io bambinə per ri-cercare l’isola immaginaria. Ricercare l’utopia, senza la quale saremmo viaggiatori infelici e persi, senza alcuna meta. 

Si, vi parlerò anche di un libro e ne scrivo subito il titolo.Come parlare perché i bambini ti ascoltino & come ascoltare perché ti parlino di Adele Faber e Elaine Mazlish.

Si, vi parlerò anche del disegno di legge n.1635 che vuole introdurre nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie, l’educazione emozionale ed in particolare le life skills.

Ma fatemi restare ancora sul termine genitore.  Vorrei chiedervi di dimenticare per un istante questa parola, che ci appare a volte come la più bella del mondo e a volte come la più gravosa.

Lasciamo da parte la linguistica e visualizziamo, sentiamo, percepiamo, esclusivamente noi come esseri adulti in rapporto ed in convivenza con i nostri figlə. Persone facenti parte di un nucleo, di una struttura familiare comune in cui siamo ed entriamo in relazione costante.

In questo esatto momento cosa vorreste cambiare, migliorare o modificare all’interno di questa relazione? Se c’è qualcosa che vorremmo cambiare in un bambinə, dovremmo prima esaminarla e vedere se non è qualcosa che faremmo meglio a cambiare in noi stessi.

Noi siamo l’esempio

Nell’educazione c’è sempre una mimesi. È sempre più ciò che l’adulto è, piuttosto che ciò che fa fare o chiede di fare, che insegna. 

Siamo i modelli, l’esempio per i nostri figlə. Si, ma l’esempio di che cosa? Di un modello appreso da piccoli? Di ciò che erano i nostri genitori? Di ciò che i manuali scrivono e descrivono come modelli? Di ciò che le regole sociali ci chiedono?

Probabilmente necessitiamo di essere la persona più autentica possibile e più vicina a quel bambinə che siamo stati e che crescendo abbiamo imparato a dimenticare! Torniamo a dare importanza a ciò che il nostro cuore, unito alla mente e non disgiunto, ci suggerisce.

Cerchiamo, navigando nel nostro mare interno ( d’altronde siamo composti dal 70% circa d’acqua ) i luoghi dell’immaginazione, della creatività. Quei luoghi che frequentavamo quotidianamente da piccolə ed in cui tutto era possibile. Recuperiamo il pensiero divergente.

children-walking

A tal proposito, nel ’93 la NASA progettò un test per rilevare il potenziale creativo dei loro scienziati che risultò molto efficace. E decisero di sottoporlo a 1600 bambinə fra i 4 e 5 anni per misurare la loro creatività. I risultati furono sbalorditivi.

Il 98% dei bambinə poteva essere definito un vero e proprio genio creativo ma, ripetuto il test all’età di 10 anni, il tasso di genialità creativa scendeva al 30%; al compimento dei 15 anni i geni rimasti erano il 12%. Da adulti, la percentuale di geni creativi sopravvissuti era solo del 2%.

I ricercatori spiegarono questi esiti attribuendo la responsabilità ad un sistema educativo che tende a privilegiare un pensiero convergente logico-razionale, a discapito di un pensiero divergente emotivo-creativo. Nel pensiero convergente ogni domanda ha un’unica risposta ed esiste sempre una sola soluzione, nel pensiero divergente ogni problema è l’occasione per trovare risposte e soluzioni diverse.

Si, la creatività consente all’essere umano di ipotizzare e sperimentare un ampio ventaglio di possibilità ed è utile che venga preservata anche da adulti. È un potente riduttore dello stress, ci permette di allenare la flessibilità ed il problem solving, ci porta a contemplare punti di vista variegati, ad imparare cose sempre nuove, a lasciarci contaminare da persone diverse da noi.

Insomma ad essere persone e soprattutto genitori, riscrittori dell’immaginario, insieme e con l’apporto fondamentale dei bambinə. 

E dopo aver parlato di utopia, è ora di pensiero divergente: e dopo avervi chiesto di guardare gli occhi del bambinə che è in voi e che vi aspetta per giocare ancora insieme, vi suggerisco la lettura del libro proposto all’inizio dell’articolo.

Si tratta di un manuale che unisce testo a vignette, schemi ed esempi. Arricchito da questionari per aiutare nella percezione del sé e dei differenti punti di vista.

Il cuore del metodo sta nel considerare i propri figlə come interlocutori affidabili dei loro sentimenti e delle loro esperienze interne. Comprenderle, validarle e tenerne conto nel rispetto reciproco. È ricco di dialoghi in cui illustra differenti modalità di approccio linguistico e di risultati. Utile per iniziare o continuare un approccio al cambio di punto di vista.

L’educazione emozionale

Vorrei anche tornare sulla recente legge riguardante l’educazione emozionale e porre l’attenzione riguardo allo spunto che ha portato a questa svolta di fondamentale importanza. Essa infatti nasce dai sempre più frequenti (purtroppo) atti di bullismo e cyberbullismo e dagli studi compiuti sul fenomeno.

L’aggressività di bambinə ed adolescentə e i mezzi con cui viene veicolata, perlopiù PC e smartphone, impediscono a tali soggetti di sviluppare l’empatia e la compassione verso chi si ha di fronte. È importantissimo che questo venga affrontato ed integrato nelle scuole a livello nazionale.

Ritengo però che prima di incontrare il tessuto scolastico, il bambinə incontra la propria famiglia ed è fondamentale saper essere un supporto emotivo ed educativo come genitori.

Occorre una vera e propria educazione ai sentimenti ed al linguaggio da utilizzare per esprimerli, quella che Goleman definisce Intelligenza emotiva  nel suo libro, il cui sottotitolo dice: “che cos’è e perché può renderci felici”.

Goleman-Intelligenza Emotiva

La parola felici è l’augurio con cui vi saluto. Grata del tempo dedicatomi. Vi aspetto con feedback, messaggi ed emozioni!

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