Maestro, come si fa a proteggere la propria vita e allo stesso tempo offrirla al cielo?”

Mariano Lamberti, regista, autore, scrittore, poeta, da sempre impegnato a scardinare i luoghi comuni, attento alla riscrittura degli stereotipi, aggiorna con una svolta imprevedibile la sua ricerca letteraria, virando dall’esplorazione dei temi più riposti della sessualità a quelli del sacro.

Con il romanzo Il Maestro (Giulio Perrone Editore, 2021), Lamberti scolpisce l’immagine pasoliniana di un uomo innamorato degli umili, disposto a donare e chiedere la vita a contadini e pescatori, un maestro cristico e ferocemente critico verso i poteri del suo tempo, shogunati, reggenti. Un uomo, come lo stesso Cristo, aperto a un’eguaglianza delle donne e particolarmente sensibile al loro potere sottile; preoccupato della salvezza del suo paese come del mondo intero, pronto a sfidare gli esseri umani e gli elementi pur di non abdicare al suo messaggio. Un prete protetto dagli elementi naturali – fino a far tremare le stelle in cielo – dall’universo stesso, che iscrive nella sua pergamena -lascito all’umanità, il Gohonzon.

“La mano era tua, l’energia quella dell’universo intero”.

Martedi 21 settembre 2021, a Industrie Fluviali, due critici noti, Filippo La Porta e Rory Cappelli di La Repubblica (e storica firma di Buddismo e società) presenteranno il volume, con le letture di Paolo Sassanelli. Un evento di grande spessore per riflettere insieme sul buddismo e attraversare le pagine di questo libro sorprendente.

Paolo Sassanelli. Ph. Wirelmage/Stefania Sassanelli

Il maestro e il suo discepolo prediletto

In un’epoca in cui ogni tradizione spirituale (convenzionalmente strutturata in religione come afferente a varie spiritualità) rinnova l’invito a cercare il maestro interiore depotenziando l’autorità esteriore, Lamberti si pone una domanda inevitabile quanto negletta: come si sente un discepolo nell’attraversare il difficile compito dell’emulare – se non superare come ogni autentico maestro invita – il proprio nume tutelare? Fastidio, rassegnazione, impotenza, oppure umile tentativo, compiuto nel nome della propria umanità, coraggiosa e vulnerabile allo stesso tempo?

Industrie Fluviali

Cruciale per assaporare il testo è dunque la comprensione del punto di vista, quello di Nikko Shonin, il discepolo prediletto. Il giovane si troverà a sua volta – in una sorta di reiterato orto dei Getsemani, tra mille vicissitudini che richiamano ambientazioni di calviniane città invisibili – a dover indicare un successore, setacciando la preziosità delle pagliuzze invisibili che abitano il cuore umano, scandagliandone i tesori innominati e sgraditi allo sguardo del Potere. Perché

“…un maestro non ti insegna come devi pensare. Non ti chiede di essere o non essere d’accordo con lui. Puoi non convenire con ciò che dice, ma essere in accordo con il maestro. Il punto è essere in armonia con lui…”.

E’ dunque dalla voce di un ragazzo che veniamo a conoscere – o riscoprire – la vita di questo straordinario umano troppo umano santo, che, in un Giappone metafora di ogni terra conosciuta, affossato da preti simili a stregoni e da una classe politica di rozzi guerrieri, si alza con voce (quella sì) potente, a proclamare una sola verità: tornare alla purezza del Budda.

Filippo La Porta, ph. Leonardo Cendamo

Un insegnamento apparentemente semplice ma molto scomodo, che richiede la perseveranza di esporsi a situazioni personali dove il karma si manifesta in maniera estrema, superando, di circostanza in circostanza, il limite autoimposto, rompendolo come un guscio d’uovo. Con richiamo socratico, la relazione tra un uomo e un ragazzo si snoda tra bagliori e oscurità, dubbi, agnizioni, la paura di confondere il maestro con il padre, la fede con il bisogno di approvazione di un bambino perduto.

Ma a quale idea di fede
si riferisce Nichiren?

Al fatto che in tutto il sistema maggiore di mondi non esiste niente che valga quanto un essere vivente, al desiderio di tornare a un’epoca di pace e bellezza spezzando catene di violenza e superstizione? Alla fede come spada-strumento per risolvere la morte, affrontare la vita terrena solcando il mare della sofferenza inevitabile senza suicidarsi per raggiungere promesse vaghe in mondi altri? Al coraggio di essere se stessi illuminando la propria natura e i propri desideri e mettendoli al servizio della comunità per creare una convivenza civile tra uomini e donne, regnanti e servitori… o tutto questo insieme?

Troppo per un giovane animo alla ricerca del vero, bramoso di distinguere la sincerità dalla adulazione, l’autoriforma dalla manipolazione, ossessionato dalla questione se l’illuminazione sia traguardo dovuto alla passione piuttosto che al distacco dalle emozioni, dagli aneliti; che sa domandarsi dove risieda la sede di una salvezza autentica, se la piena realizzazione di sé e il sommo sacrificio si escludano o si completino a vicenda, se il potere beneficamente esercitato sia un’illusione pericolosa o un’utopia formativa.

Rory Cappelli. Ph. Chiara Pasqualini

Ecco che il Giappone feudale assomiglia ai nostri giorni lacerati ed inquieti, mai abbastanza pronti per un Messia pronto a uccidere gli dei in nome del rispetto assoluto della vita. Un compito che né fame, né stenti, né vessazioni e nemmeno la paura della tortura, della prigione, della diffamazione, dell’esilio e della morte fermano.

Il maestro avanza con coraggiosa impudenza e folle coraggio, ignorando le accuse prevedibili di “grave squilibrio mentale”; il discepolo oscilla, trema, impara a scegliere ascoltando la propria voce, che senza ricatti assomiglia naturalmente a quella dell’amato Nichiren. Sconfitti i demoni della paura e dell’orgoglio, abbandonata ogni speranza di apprezzamento per aver parlato della grande medicina a ogni persona, accettando il medesimo disprezzo dei potenti, Nikko decide di portare avanti quella masnada di straccioni, gli unici dalla parte della gente comune, con “la forza, la rabbia e l’incoscienza dei puri di cuore”.

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