La nuova PAC dell’Unione europea per il periodo 2021-2027 è in via di definizione con una proposta della Commissione, che delinea il quadro finanziario pluriennale per il 2021-2027 e i principali orientamenti per la politica agricola comune (PAC).

Questa prevede l’attuazione di tre regolamenti, ancora in fase di discussione: il primo reca norme sul sostegno ai piani strategici che gli Stati membri devono redigere nell’ambito della politica agricola comune per rendere effettiva la PAC e che sono finanziati dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR); il secondo riguarda il finanziamento, la gestione e il monitoraggio della politica agricola comune; il terzo reca una serie di misure specifiche dedicate, inter alia, all’organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e ai regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari.

Tali proposte prevedono come data di applicazione il 1º gennaio 2022.

Uno dei principi chiave per comprendere questo passaggio portato avanti dalla Commissione è quello della sussidiarietà, che – semplificando un po’ – prevede che siano le amministrazioni più vicine ai cittadini ad avere la competenza ad agire in concreto e amministrare; salvo che sia necessario l’intervento di un livello amministrativo superiore, che copre un territorio più vasto (regioni e Stato; Stati membri e Ue, ecc.). Quindi, per intenderci: in questa fase entrano in gioco gli Stati.

Il Trattato sul funzionamento dell’UE dispone che la competenza per l’agricoltura è di tipo concorrente, tra l’Unione e gli Stati membri, e stabilisce quindi una politica agricola comune con obiettivi condivisi e un sistema di attuazione, eseguito dai singoli Stati. Pertanto, tale modello di regolazione si basa su disposizioni dettagliate a livello dell’UE, con controlli, sanzioni e meccanismi di audit rigorosi, e una fase attuativa, specifica e differenziata a livello di Stato Membro e adattata al contesto geografico e culturale. Gli Stati sono così responsabili di adattare gli interventi della PAC in modo da sfruttarne al massimo il contributo agli obiettivi dell’UE, adeguandoli al contesto domestico.

Questo primo aspetto è molto importante: è vero che le regole comuni, l’impostazione e le finalità principali spettano all’UE, ma è anche vero che la fase attuativa, di realizzazione concreta della PAC, è di competenza degli Stati membri e deve tener conto delle singole specificità nazionali.

Il primo dei regolamenti citati, stabilisce, in primo luogo, le norme concernenti: (a) gli obiettivi generali e specifici da perseguire attraverso il sostegno dell’Unione finanziato dai vari fondi (FEAGA e FEASR) nel quadro della PAC, nonché i relativi indicatori; (b) i tipi di interventi e i requisiti comuni per il perseguimento di tali obiettivi da parte degli Stati membri, nonché le relative modalità di finanziamento; (c) i piani strategici della PAC da redigere da parte degli Stati membri per fissare i target finali, definire gli interventi e assegnare le risorse finanziarie, in linea con gli obiettivi specifici e le esigenze individuate; (d) il coordinamento e la governance, nonché il monitoraggio, la rendicontazione e la valutazione (art. 1).

La normativa si articola poi in numerosi articoli in cui vengono previsti e definiti i Piani strategici nazionali (PSN) che devono essere elaborati da parte di ciascuno Stato membro, al fine di concorrere al raggiungimento di 9 obiettivi specifici e di un obiettivo trasversale, attraverso la programmazione e l’attuazione degli interventi previsti in entrambi i pilastri della PAC.

Con particolare riguardo a tale aspetto, in ambito nazionale, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in collaborazione con le Regioni – e con il supporto della Rete Rurale Nazionale – ha da tempo avviato le attività di approfondimento e di confronto nel cui ambito definire le strategie di intervento, una volta chiaro il quadro normativo europeo.

In questo senso, il PSN è molto importante perché costituisce lo strumento di programmazione nazionale che unifica in un unico documento di programmazione e gestione tutte le politiche agricole di un paese, vale a dire i pagamenti diretti, gli interventi settoriali delle Organizzazioni Comuni di Mercato, le misure nell’alveo dello sviluppo rurale e infine anche tutti i regimi di sostegno nazionali (aiuti di Stato).

La Commissione valuta il Piano presentato dallo Stato membro e lo approva se coerente internamente con i bisogni, se tutti gli obiettivi sono adeguatamente quantificati e se gli interventi proposti sono conformi alle regole minime stabilite nei regolamenti. In questo disegno, l’attuazione viene monitorata e valutata rispetto a obiettivi e risultati attesi, piuttosto che alla rendicontazione finanziaria. Rimane quindi un controllo a valle da parte dell’UE.

Andando nel merito del provvedimento, è interessante notare che con varie disposizioni di sostegno all’agricoltura l’UE adopera la PAC per incentivare l’agro-ecologia spingendo gli agricoltori italiani a rendere le proprie attività maggiormente sostenibili e orientate al rispetto dell’ambiente. I Piani strategici, infatti, dovranno inoltre tenere conto delle ambizioni del Green Deal europeo e più specificamente degli obiettivi quantificati nelle strategie Farm to fork, di cui ho già parlato in un precedente post) e Biodiversità. Tra questi, una riduzione, entro il 2030, del 50% dell’uso e del rischio di pesticidi, di almeno il 20% dell’uso di fertilizzanti e del 50% delle vendite di antimicrobici utilizzati per gli animali allevati e l’acquacoltura. In più, un target del 25% dei terreni agricoli dedicati all’agricoltura biologica e l’accesso del 100% della popolazione alla banda larga veloce nelle zone rurali entro il 2025.

Si tratta di buone notizie (anche se i target sarebbero potuti essere più ambiziosi), che fanno intravedere una svolta green nell’attuazione della PAC, sostenuta da quella che viene definita condizionalità rafforzata, cioè un sistema di condizionamenti dei finanziamenti che riguardano le misure climatiche e ambientali dello sviluppo rurale gli “ecoschemi” (un nuovo meccanismo – obbligatorio per gli Stati membri, ma facoltativo per gli agricoltori – che premia con pagamenti supplementari chi adotta pratiche benefiche per il clima e l’ambiente che vanno oltre i vincoli già richiesti).

Si tratta inoltre di un’opportunità da cogliere, per il nostro Paese, perché i Piani strategici stabiliranno in che modo ogni Stato membro utilizzerà le risorse europee sulla base di un’analisi delle rispettive condizioni di partenza, delle problematiche da affrontare e degli obiettivi specifici della PAC, che riguardano tematiche ambientali, sociali ed economiche, insieme a un target trasversale sull’aumento della conoscenza e dell’innovazione.

Di seguito qualche approfondimento:

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