Tra le attività che l’Unione svolge a favore del comparto agro-alimentare rientra, in primo luogo, il sostegno economico attuato tramite la politica agricola comune (PAC). Lanciata nel 1962, dopo anni di difficoltà e di crisi alimentari, con l’obiettivo di aumentare la produzione agricola, garantire la sicurezza alimentare, assicurare una qualità della vita dignitosa agli agricoltori e stabilizzare i mercati mantenendo prezzi ragionevoli per i consumatori, la PAC è ancora oggi una delle principali politiche attuate dalla Commissione europea.

Si tratta di uno strumento di sostegno molto costoso, che pesa per quasi il 40% dell’intero bilancio dell’Ue. Per il settennato 2014-2020, in particolare, sono stati stanziati 408.31 miliardi, il 38% del bilancio Ue.

Più in dettaglio, gli obiettivi che intende realizzare sono numerosi: aiutare gli agricoltori a produrre quantità di cibo sufficienti; garantire la sicurezza e la qualità degli alimenti e al contempo mantenere i prezzi accessibili; assicurare un giusto tenore di vita agli agricoltori, proteggendoli dalla volatilità dei prezzi, dalle crisi di mercato e dagli squilibri all’interno della filiera alimentare; favorire l’ammodernamento delle fattorie; contribuire allo sviluppo delle comunità rurali; creare e conservare posti di lavoro; proteggere l’ambiente, il benessere degli animali e la biodiversità; mitigare i cambiamenti climatici attraverso uno sfruttamento sostenibile delle risorse ambientali.

Con la PAC, l’Unione europea non si limita a dare un sostegno economico ai produttori agricoli, ma contribuisce altresì a modernizzazione le aziende del settore. Promuove, infatti, la diffusione della formazione professionale, delle tecnologie, dell’innovazione. Incentiva le pratiche migliori. Sviluppa le zone e le comunità rurali tramite aiuti all’inserimento di nuove attività agricole. Aumenta la competitività del comparto, con attenzione alla tutela dell’ambiente e al rispetto dei cambiamenti climatici. Inoltre, molte misure di sostegno sono dedicate ai giovani agricoltori, agli operatori all’interno di mercati a basso reddito e a quelli che vivono in zone soggette a vincoli naturali.

Ma non è tutto oro quel che luccica… Nel corso degli anni, infatti, la PAC è stata più volte oggetto di riforme perché ritenuta non adeguata al perseguimento di certi obiettivi: già dagli anni ’90 si è cercato di abbandonare l’approccio che poneva attenzione solamente alla produzione agricola, prediligendo un approccio più olistico in grado di sviluppare maggiore competitività sul mercato, sviluppo rurale e sostenibilità. A partire del 2013 ha mostrato maggiore attenzione allo sviluppo sostenibile e all’agricoltura biologica: il benessere degli animali, la sostenibilità, lo sviluppo rurale, la tutela della biodiversità.

Nondimeno, la PAC si rivela ancora poco attenta alle tematiche del cosiddetto Green New Deal, come richiesto da molti e scarsamente efficace nel promuovere l’agricoltura sostenibile e di piccola scala. Per questo ci si aspetta che il Parlamento europeo segua le linee programmatiche indicate nel Green deal UE e nella strategia Farm to Fork, che altrimenti rimarranno solo delle dichiarazioni d’intenti.

Proprio in questi giorni, il Parlamento europeo ha approvato una nuova posizione, che produrrà una nuova riforma della politica agricola comune, con uno stanziamento di circa 390 miliardi di euro per i prossimi sette anni (2021-2027), distribuite per circa 9 milioni di agricoltori europei. Le nuove disposizioni, tuttavia, sono frutto di un compromesso ed appaiono ancora troppo timidi i passi in avanti a tutela dello sviluppo sostenibile, come vorrebbero le citate riforme del Green New Deal e From Farm to Fork. Cosa che ha sollevato critiche e contestazioni.

La politica che l’Unione dedica al settore agricolo non è perfetta, anzi, a oggi è molto criticabile, ma non è scritta sulla pietra. Per questo essa è tuttora soggetta a un processo di revisione, aperto agli interventi degli operatori del settore, come già avvenuto più volte in passato. L’obiettivo della riforma è e deve essere quello di avviare una transizione verso modelli agroalimentari più sostenibili.

Per fare questo, la PAC dovrà puntare a garantire una maggiore equità rurale, una maggiore attenzione all’agro-ecologia, anche a discapito del modello agro-industriale, una più significativa diversificazione nel sostegno alle produzioni agricole.

Va anche detto che se l’impegno europeo per l’agricoltura può essere migliorato, prescinderne sarebbe impossibile. Ne risentirebbero i produttori agricoli, grandi e piccoli, che perderebbero finanziamenti, strumenti di formazione e incentivi tecnici ed economici. Subirebbe un danno l’economia, che vedrebbe aumentare la crisi di un settore sempre in difficoltà, con effetti molto negativi sull’occupazione. Risulterebbero svantaggiati i consumatori, che non potrebbero più contare su regole comuni e certe, su controlli uniformi e sulla promozione di sicurezza e qualità degli alimenti. Diventerebbe meno efficace, infine, la tutela dell’ambiente, che perderebbe la tutela data da una regolazione comune attenta all’impatto sul clima e alla biodiversità.

Ma da qui in avanti, dobbiamo pretendere una PAC più sostenibile, più equa e più lungimirante, che finanzi i piccoli produttori (e non i grandi) e che premi l’agro-ecologia e non l’agro-industria. Solo così l’agricoltura europea potrà divenire il punto di riferimento per un incremento finalmente importante allo sviluppo sostenibile di tutto il continente.

Intanto, per saperne di più, qualche lettura:

UE

Politiche Agricole

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