Debutta al Teatro de’ Servi a Roma dal 17 Febbraio fino al 6 Marzo, Gregory, il nuovo testo di Veronica Liberale, drammaturga e attrice da sempre attenta ai racconti collettivamente articolati. Firma la regia Nicola Pistoia, con Francesco De Rosa, Veronica Liberale, Francesca Pausilli, Stefania Polentini, Armando Puccio, Francesco Stella.

Il tuo nuovo testo Gregory affronta, sorridendo, il tema dell’autismo infantile e come questo fenomeno ci faccia riflettere nel campo della inclusività: raccontacelo!
Gregory è prima di tutto la storia di una famiglia, di un gruppo di persone con le loro miserie e grandezze, la cui vita viene sconvolta dalla nascita di un bambino. La vicenda, che copre diciotto anni della sua vita è la dura presa di coscienza della diversità del nuovo arrivato. Quello che racconto è il senso d’impotenza, le difficoltà oggettive, i sogni infranti, le preoccupazioni che tale evento scatena in ognuno di loro. Nel contempo assistiamo a momenti di forza, gioia per le piccole cose e l’apertura verso un mondo diverso che li eleva moralmente e spiritualmente.

Il racconto affonda le radici in una tua esperienza personale, hai voglia di narrarci in che misura?
Questo è il testo con cui prima o poi dovevo fare i conti. In quanto autrice teatrale e mamma di un bambino autistico, mi sentivo in dovere dare il mio contributo all’argomento. L’ho fatto seguendo la mia passione: la commedia, ovvero raccontare temi importanti con sorriso, ironia e leggerezza. Ovviamente la storia – i cui personaggi sono inventati – nasce dalle esperienze, suggestioni, pensieri e considerazioni che in questi sei anni – da quando a mio figlio hanno diagnosticato il disturbo dello spettro autistico – hanno cambiato la mia vita.

Veronica Liberale sceglie di ambientare il tutto dentro una famiglia di estrazione umile, forse priva di strumenti intellettuali, perché?
Bella domanda! Credo che abbiano influito su questa scelta vari motivi. Il primo è la mia propensione a raccontare un certo tipo di umanità semplice. Mi piace, mi diverte, mi fa tornare indietro alla mia infanzia, ai miei ricordi legati al quartiere San Lorenzo, popolare, verace e sincero. Il fatto che i componenti della famiglia siano privi di strumenti intellettuali è doppiamente funzionale:  la loro semplicità li rende comici,  l’ignoranza ci dà modo di affrontare il problema con più verità, senza finzioni e ipocrisie.

Sullo sfondo il tema della comunicazione che cambia come mai prima, in un mondo dove i criteri di normalità e destabilizzazione sembrano più che mai fragili, in che senso lo affronti?
Intanto la vicenda si apre nel 1999. Tamara e Adriano, giovane coppia senza ancora una stabilità economica, aspettano un bambino. Il futuro nascituro si affaccerà al mondo il primo gennaio del 2000, una data simbolo per salutare questa nuova vita all’insegna del cambiamento. Un nuovo millennio, l’avvento di Internet, il totale cambiamento nel mondo della comunicazione investe la società e la famiglia protagonista della vicenda. Mi piaceva accostare le due cose: da una parte una persona autistica con le sue difficoltà nel relazionarsi e nel comunicare e dall’altra una società che per certi versi ci sta conducendo verso comportamenti autistici.

Ogni spettacolo è lavoro di squadra: come hai scelto i tuoi collaboratori?
Io amo molto i lavori corali, mi piacciono le squadre e sono stata molto fortunata a riguardo. Ogni mio testo che ho portato in scena è stato un lavoro di gruppo, fatto con amore, rispetto e tanta complicità. I collaboratori non li ho scelti, sono stati loro a scegliere me e siamo già una bella “famiglia”… non solo sulla scena.

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