Di ritorno dalla Verenice ecco i premiati dalla giuria internazionale composta da Ippolito Pestellini Laparelli (presidente, Italia), Nora Akawi (Palestina), Thelma Golden (Usa), Tau Tavengwa (Zinbabwe), Izabela Wieczorek (Polonia).

A fine articolo, però, mi sono permessa di dare il mio informalissimo, e per niente affatto ufficiale, premio personale. Spero non me ne vogliate, ma è stato più forte di me.

Alla 18ma Mostra Internazionale di Architettura de La Biennale di Venezia il Brasile vince con Terra-Earth il Leone d’oro per la miglior partecipazione nazionale con la seguente motivazione:

per una mostra di ricerca e un intervento architettonico che centrano le filosofie e gli immaginari della popolazione indigena e nera verso modi di riparazione.

La cerimonia di premiazione si è tenuta a Ca’ Giustinian, sede del La Biennale, sabato 20 maggio 2023, primo giorno che l’intera esposizione ha aperto le porte al pubblico, alle 7.500 persone che non hanno potuto aspettare. Porte che rimarranno aperte fino al 26 novembre ’23.

Brasile: Il padiglione più fotografato

Il più affollato, forse il più fotografato, il padiglione del Brasile la cui cura è stata affidata a Gabriela de Matos e Paulo Tavares.

Gli artisti che espongono sono tanti e meritano tutti di essere nominati e letti uno ad uno. Ecco quindi la lista: Ana Flávia Magalhães Pinto, Ayrson Heráclito, Day Rodrigues with the collaboration of Vilma Patrícia Santana Silva, Fissura collective, Ilê Axé Iyá Nassô Oká (Casa Branca do Engenho Velho), Juliana Vicente, Mbya-Guarani Indigenous People, Tukano, Arawak and Maku Indigenous Peoples, Tecelãs do Alaká (Ilê Axé Opô Afonjá), Thierry Oussou, Vídeo nas Aldeias.

Insieme all’aria di vittoria ho respirato idee, davanti a un cumulo materico nero che appariva più organico che inorganico e che occupava, vivo e pulsante, quasi tutto lo spazio disponibile.

Le idee si pensano, le idee vengono in mente ma in quel momento le ho respirate: siamo abitanti di uno stesso mondo, siamo tutti parte di un processo di autocostruzione collettiva che si chiama storia e abbiamo l’obbligo urgente e inevitabile di accrescere il nostro livello di consapevolezza, stupore e meraviglia per trovare soluzioni insieme.

Padiglione del Brasile – Terra-Earth – Leone d’oro per la miglior Partecipazione Nazionale
(foto di Barbara Lalle)

Il gruppo curatoriale di Terra, scelto dalla Fundaҫão Bienal de São Paulo, racconta al pubblico la storia africana e indigena e insiste sulla necessità di dare un riconoscimento storico a un’eredità ancestrale rimasta finora troppo tacita e sotterranea.

Le popolazioni indigene e nere sono il pavimento del Brasile, una sorta di infrastruttura culturale che ora deve emergere con tutta la forza possibile per partecipare concretamente, con i piedi per terra e con la mente nella terra, alla costruzione di un futuro che travalichi i confini e le frontiere.

La Terra è terreno e suolo ma è anche luogo cosmico. La Terra ci ospita tutti, nessuno escluso, senza confini politici e geografici. La Terra ha accolto Brasilia, progettata e costruita in fretta su un territorio occupato dalle popolazioni indigene, allontanate da lì in epoca coloniale e ricollocate a forza nelle nuove periferie urbane. La Terra ci invita a gran voce, oggi, a trovare nuovi modi di recupero, riparazione, integrazione e collaborazione. Ascoltiamola.

Quale Africa

L’Africa, per la prima volta, è stata finalmente illuminata dai riflettori della Biennale di quest’anno. Quale Africa? L’Africa della diaspora, dei movimenti aggrovigliati impossibili da mappare, delle culture nomadi, delle storie di vita, di quell’umanità frammentata alla quale apparteniamo tutti. 

Per l’appunto altro Leone d’Oro, in questo caso per la migliore partecipazione alla 18ma Mostra The Laboratory of the Future, è stato assegnato a DAAR, acronimo di Decolonizing Architecture Art Research: Alessandro Petti e Sandi Hilal mettono in atto delle pratiche artistiche che si situano tra l’architettura, l’arte, la pedagogia e la politica.

La motivazione della giuria:

per il loro impegno di lunga data teso a un profondo coinvolgimento politico con pratiche architettoniche e di apprendimento della decolonizzazione in Palestina e in Europa.

E così anche gli altri premi rimangono in linea con i precedenti: Leone d’Argento per un promettente giovane partecipante, Olalekan Jeyifous, per una installazione multimediale che esplora una pratica di costruzione del mondo capace di allargare le prospettive e l’immaginazione del pubblico, offrendo visioni di un futuro decolonizzato e decarbonizzato.

Una menzione speciale come partecipante a Twenty Nine Studio / Sammy Baloji  per un’installazione in tre parti che interroga il passato, il presente e il futuro della Repubblica Democratica del Congo, attraverso uno scavo di archivi architettonici coloniali.

È stato attribuito a Demas Nwoko il Leone d’Oro alla carriera della 18ma Mostra Internazionale Architettura della Biennale di Venezia. Ma chi è Baba (titolo onorifico nigeriano) Demas Nwoko? Un architetto, uno scultore, un designer, uno scrittore, uno scenografo, un critico e uno storico. Un nigeriano di ottantotto anni, tra i più affermati esponenti del movimento di arte moderna del suo Paese. Proprio la Repubblica del Niger ha partecipato per la prima volta questo anno a La Biennale di Venezia.

Padiglione del Cile – Ecologie in movimento

Concludo con una mia personale menzione, un mio personalissimo premio, al padiglione cileno Ecologie in movimento a cura di Gonzalo Carrasco, Beals Lyon Arquitectos, visitabile all’Arsenale. Un allestimento pieno di grazia e poesia, un giardino botanico onirico dove, muovendosi tra 250 sfere piene di semi, si comprende, mescolando emotività e razionalità, quanto sia importante il ripristino ecologico delle città e dei paesaggi, quanto i semi migliorino il suolo, la vita urbana, quanto ci proteggano dalle calamità naturali e da quelle provocate da noi.

Quanta vita e quanto futuro sia in grado di contenere ogni minuscolo organismo vegetale. Quanta Terra c’è in ogni seme.

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