Vogliamo provare a capire il sistema dell’etichettatura sulle confezioni di alimenti?
Impresa non facile, soprattutto se vogliamo districarci tra le tante informazioni obbligatorie da riportare. Che devono necessariamente aumentare.

In generale, possiamo dire che occorre rafforzare e potenziare tutte quelle discipline regolatorie già in uso per la tutela della sicurezza alimentare: tracciabilità della provenienza dei cibi; informazioni obbligatorie da indicare in etichetta; armonizzazione, coordinamento e trasparenza dei sistemi di controllo; condivisione di informazioni e di procedure. Tra queste, le norme sull’etichettatura costituiscono uno strumento di regolazione che deve essere riformato con particolare decisione. Essenzialmente basato sulla conoscenza e sulla diminuzione delle cosiddette asimmetrie informative tra produttori e consumatori, con una mole considerevole di dati indicati sui vari pacchetti di alimenti, è una misura meno incisiva di divieti o sequestri, ma – segnatamente nel caso di informazioni obbligatorie da riportare in etichetta – in grado di ridurre i rischi per la salute, seppur producendo un effetto restrittivo sulla commerciabilità di un prodotto.

In un’ottica di rafforzamento della tutela della salute da prodotti alimentari, l’utilizzo delle etichette non va sottovalutato, benché servano ancora una serie di accorgimenti.

In primo luogo, occorre rendere obbligatorie e in modo esplicito e semplificato, le tecniche produttive: se un alimento proviene da allevamento intensivo; se sono stati adoperati organismi geneticamente modificati; se sono stati usati diserbanti chimici (ad es. il glifosato); se sono stati impiegati conservanti o coloranti artificiali; ecc. Questo tipo di indicazioni ha sicuramente un costo per i grandi produttori di alimenti, che potrebbero vedere danneggiato il proprio mercato per lo sfavore riscontrato dai consumatori per il loro beni. Tuttavia, l’obbligatorietà di questo strumento incentiva il ricorso a tecniche agricole più attente all’ambiente e favorisce il consumo di prodotti biologici o comunque più naturali, con un riequilibrio del mercato agro-alimentare, attualmente tutto a favore della grande produzione e dell’agroindustria, a dispetto dei comprovati vantaggi dell’agricoltura di piccola scala, famigliare e biologica (in tale senso si veda, per tutti, la piattaforma della FAO dedicata al family farming).

In secondo luogo, l’etichetta deve essere in grado di ricostruire la filiera, indicando in modo esplicito l’origine dei prodotti e i luoghi in cui sono stati trattati, lavorati e impacchettati. Questo secondo elemento dello strumento descritto ha un vantaggio specifico, coerente con il sistema a economia di mercato in cui viviamo: mettere in competizione gli stati e i loro sistemi di regolazione della sicurezza e della qualità con un effetto di race to the top. Se – come ha dimostrato la recente esperienza del Covid19 – la provenienza dei prodotti da determinati Paesi può avere un peso nel loro consumo, per via di una sfiducia nei sistemi di controllo e regolazione di alcuni Stati, la tracciabilità obbligatoria spingerà le autorità pubbliche chiamate a garantire la sicurezza dei cibi a porre in essere modelli di regolazione il più possibile efficienti ed efficaci, in grado di facilitare le esportazioni alimentari dei prodotti nazionali.

In terzo luogo, l’indicazione effettiva della provenienza, se adeguatamente garantita e protetta da contaminazioni e informazioni ingannevoli, può favorire l’eccellenza di alcuni prodotti, ancorati a tradizioni geografiche specifiche e delimitate a certi territori. Questo aspetto – che apparentemente può essere visto come una deviazione dal levelling the playing field, proprio del mercato globalizzato basato sulla concorrenza ad armi pari – serve a proteggere le produzioni di eccellenza e a incentivare una competizione tra produttori mirata all’innalzamento della qualità (e non solo all’abbassamento dei costi), con l’effetto di favorire le produzioni più sane perché preferibili a quelle standard. Si tratta di uno strumento già esistente, ad esempio sulle denominazioni di origine protetta (DOP) e sulle indicazioni geografiche protette (IGP), ma questo sistema – sebbene conosca uno sviluppo positivo in Europa – è ancora poco diffuso su scala mondiale, ove i prodotti di qualità sono spesso danneggiati da frodi, imitazioni o da una tutela insufficiente.

Intanto, mentre attendiamo che i regolatori mondiali e nazionali si attivino per migliorare il sistema di etichettatura dei cibi, noi consumatori dobbiamo abituarci all’uso delle etichette, imparando a leggerle e a perdere qualche minuto in più per analizzarle e capirle.

In questi link trovate alcuni consigli:

Altroconsumo;

Ministero della salute;

Tutorial indipendente.

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