Filippo Bragatt vede nell’iniziale del suo pseudonimo la B di Balthus, è nato una sola volta negli anni 70 e morto zero volte; questo è il solo elemento biografico che è dato sapere! Nato a Milano, ma emiliano di adozione, come artista nasce rubando ogni mossa dai grandi giocatori, cercando di renderli orgogliosi.

“Si fa tutto in onore del gioco, una faccenda più grande di me” – dice Bragatt.

Contemporaneamente debutta sotto falso nome come scrittore in una divertente commedia, polenta e prosa. Raccoglie alcuni suoi racconti scritti qua e là, ma soprattutto là, e con alcuni squattrinati attori di teatro – o aspiranti tali – gira locali con uno spettacolo. Si dedica interamente alla pittura e alle performance artistiche. “Il successo”ama dire – “si trova sempre laddove c’è un buon parcheggio, ovviamente gratuito!”

Quale è il messaggio dell’arte di Filippo Bragatt?
“Sono interessato ad anticipare il presente. Mi interessa la realtà, quella che mischio tutte le mattine a cominciare dal primo caffè. La realtà come uno strano ingrediente. Quello che vediamo tutti i giorni: alla tele, su internet, nei giornali. Tutto ti rimane addosso. Le immagini hanno la forza di riassumere il presente, di trasformarlo, di anticiparlo. E’ come se usassi un inganno artistico, una sorta di gigantesca lente di ingrandimento per svelare tutti i dettagli di tutte le realtà possibili”.

Se il successo si trova dove c’è un parcheggio gratuito, per te quale parcheggio è?
Dove c’è un parcheggio gratuito trovi tutti. Il ricco, il meno ricco, lo spilorcio, il distratto, il pigro, il furbo, lo stanco, il genio, il truffatore, anche quello che ha il garage. Tutti si fermano dove non pagano, è più facile e immediato, e quasi scontato. Il parcheggio gratuito è il primo ad essere occupato. Aumenta anche la propria autostima, al punto da esultare ’ho trovato!!’. E qui entro in gioco io, mentre tutti sono intenti a parcheggiare qualsiasi cosa, io almeno cerco di non farti parcheggiare il cervello… e questo ha un costo, naturalmente. E qui parte il Successo”.

Come sei passato al mondo dell’arte dai tuoi precedenti lavori?
“Ognuno si sceglie il proprio percorso intrecciando capacità, motivazione e attitudine. Sicuramente io non ho un’unica verità, ma solo una combinazione infinita di controsensi. Questi partono dalla passione o forse portano alla passione di fare arte: un’assistente segreta che deve essere capace di farti intrecciare bene tutti gli elementi. 
Non c’è mai stato un vero passaggio tra un lavoro e l’altro. Ho sempre giocato tra la cultura pop, tra il sacro e il profano, tra il serio e il faceto. Tutto è un palcoscenico dove devi sempre esibirti per cercare di conquistare e stupire un pubblico. Si fa tutto questo perché il primo a divertirsi sei tu. Mischio le carte per cercare di pescare quella giusta. Se non esce? Facile, bluffo”. 

Leonardo, Giuseppe Verdi in versione punk, Draghi su Playboy, Feltri in Versione superman, qual’è il significato di queste rappresentazioni dei personaggi famosi e attuali?
“Un vero artista che si rispetti, che sia degno di questo titolo nobiliare, deve essere bravo a fare due cose, la prima arrampicarsi sui vetri e se è proprio bravo deve guardarsi mentre si arrampica alimentando così il suo ego.


La seconda è salire sempre e in fretta sulle spalle dei giganti per vedere lontano.
Leonardo da Vinci, Giuseppe Verdi e aggiungerei anche Dante sono contemporanei. La loro energia è talmente attuale da permettermi di trasformare la loro icona in Punk Rock. Leonardo, Giuseppe Verdi, Dante sono super PUNK ROCK.


Le immagini alle volte riescono a anticipare e forse è questo che attira il pubblico, che a volte non riconosce quello che vede, ma quello che vede esiste già… Cosi Draghi immaginato sulla copertina di playboy anticipa il periodo che oserei definire della ‘porno-economy’.
Vittorio Feltri è sicuramente un Maradona, un Superman che si veste, con gran stile, da giornalista. A me interessano le persone nel loro ruolo e quelle che lasciano il segno. Persone libere di dividere. 
E’ questo che li rende super-iori e l’arte deve raccontarli con la stessa velocità con cui Superman si cambia in una cabina telefonica”.

Che tecniche artistiche usi?
“In verità parlare di tecniche si risolverebbe tutto in poche righe. Pittura acrilica con aggiunta di resine naturali,a volte pittura ad olio. Non faccio mai una questione di mezzi ma parto sempre dalle immagini. Ci sono tecniche che è bello adattare alle immagini che stai per realizzare. Per esempio partendo dalla tecnica del dripping, del mio ‘collega’ Pollok, ho fatto alcuni lavori cercando di utilizzare il dripping, lo sgocciolamento del colore in modo da controllare l’immagine nella sua forma. Quindi il risultato era un figurativo con l’effetto delle gocce di colore in rilievo che si intrecciavano.Tutte le tecniche e materiali sono affascinanti da usare. A volte ho usato per alcuni lavori la schiuma poliuretanica, quella che usano nei cantieri edili. Risultato: un 3D che non si potrebbe definire un bassorilievo perché era troppo alto”.

Crazy design, installazioni pubbliche come la panchina, quadri dedicati alla moda, come nasce l’ispirazione per Filippo Bragatt?
“Non sono particolarmente legato al concetto di ‘essere in-quadrato’, e per un artista che fa quadri sembra già un paradosso. Cosi quando cercano di inquadrarmi mi sottraggo a questi tentativi di classificazione. Esco dal quadro. Non credo ci sia un limite alla contaminazione. Tutti i confini si possono superare, negare, tradire. 


L’editoria, il design e la moda… certo ogni mondo ha le sue specificità, ma sono tutte magnificamente collegate.. E’ qui che nasce l’egocentrismo degli artisti! 
I miei lavori artistici sono sempre concepiti per un’occasione e dentro un contesto. Come per la panchina a Santa Margherita Ligure, l’idea mi arriva in testa dopo la mareggiata del 2018 che ha distrutto tutta la passeggiata del lungo mare fino a Portofino. Una natura che non perdona. Fare la panchina trapassata da un albero, è stato un modo per sottolineare che ci si può ‘sedere’ a fianco della Natura ma con rispetto. Mentre l’ispirazione per il crazy design passa attraverso il gioco della creazione, ad esempio di ‘lampade manichino’ che trattano argomenti come il ruolo della donna e le sue scelte, con la velocità con cui si accende o spegne la luce della lampada. Sintesi perfetta.

Profilo Instagram di Filippo Bragatt

Condividi: