Sembra che i giovani italiani non amino la storia, e forse anche per questo c’è chi sceglie di trattarla in maniera diversa, raccontando con rigore il passato ma attraverso gli strumenti più nuovi del presente. Prima di tutto con la narrativa e le immagini, già di per sé mediatori potentissimi tra realtà e fantasia, ma anche con la testimonianza personale e soprattutto civile. 

Francesca La Mantia è una miniera di talento. È nata a Palermo e si sposta tra la sua città d’origine e Milano, per lavorare e creare. Classe 1985, La Mantia è scrittrice, sceneggiatrice, regista cinematografica e teatrale, docente di latino e italiano. Non improvvisa nulla, alle sue attitudini ha sempre accompagnato una formazione rigorosa.

La sua ultima creatura editoriale uscita nel settembre 2021 è La Montagna capovolta (Gribaudo) il terzo libro della serie La storia narrata ai bambini, fortemente voluta dall’autrice stessa. Il racconto punta su un intenso dialogo tra nonna Caterina e suo nipote Rocco a proposito dei migranti italiani in Belgio nel secolo scorso, in quell’Italia nel dopoguerra che spedì 64 mila uomini a lavorare nelle miniere di carbone con il miraggio di un futuro più roseo. Il racconto incrocia le vicende familiari a quelle del disastro di Marcinelle, la grande tragedia dell’emigrazione italiana in cui l’otto agosto del 1956 morirono ben 275 minatori. 

Caterina ricorda una storia dura, ma il valore della memoria riscatta il dolore e costruisce un ponte tra le generazioni.

 Il volume, illustrato magistralmente da Cinzia Battistel, è dedicato a tutti le bambine e i bambini morti nel mar Mediterraneo, alle donne e agli uomini con le loro valigie fatte di sogni e di cartone e al padre dell’autrice che ha trasformato ogni ostacolo in una montagna capovolta.

La Montagna Capovolta
La copertina de “La montagna capovolta”- Gribaudo

Riscrivere la realtà mescolando
immaginario, storia e impegno civile 

La montagna capovolta fa parte di una serie di volumi illustrati che affrontano con chiarezza e delicatezza temi importanti. Ogni volume della Gribaudo è corredato da un’utilissima appendice di approfondimento storico.

La formula per riscrivere la realtà attraverso l’immaginario, Francesca La Mantia l’ha inventata per se stessa e per le ragazze e i ragazzi che incontra di persona nelle scuole; riesce a coniugare studio e scrittura, fiaba e verità, ma una volta terminato di narrare avvia la seconda parte del suo lavoro, forse la più complessa e fruttuosa, fatta di dirette internet, tour editoriali affrontati da sola in auto – faticosissimi e solitari – e soprattutto un infinito amore per la creatività con e per i più giovani. L’autrice, per esempio, nei mesi di luglio e agosto del 2021 è  stata impegnata in un’impresa: attraversare in macchina quasi tutte le regioni d’Italia presentando nelle piazze il suo libro La mia corsa. La mafia narrata ai bambini (Gribaudo). 

Francesca La Mantia ha percorso  da sola 6.440 kilometri fermandosi in 21 città d’Italia, portando la lotta contro la mafia dal punto più estremo della Sicilia fino alle Alpi. Il nome del tour era Prova a prendermi. Nel 2014 l’autrice ha persino creato un metodo per gli studenti DSA, tramite un progetto didattico tridimensionale che mette insieme disegno, lettura e recitazione, dal nome Disegnalibri. Ha vinto un numero impressionante di premi, praticamente in ogni sua veste. Tra questi, nel 2019 viene insignita del premio Archimede 2019, per i giovani talenti del Sud come unica donna.

Francesca La Mantia

Raccontare la mafia, da antimafiosa

La mia corsa è, appunto, il nuovo volume della serie La storia narrata, illustrato dal bravo Matteo Mancini. Siamo nella Palermo del 1983, in piena guerra di mafia, tra gli omicidi incrociati tra mafiosi delle cosche che si contendono il potere e le uccisioni degli uomini dello Stato. Qui il protagonista è il piccolo Pietro che sa già da quale parte stare; per esempio accanto a Don Michele che è una brava persona, assicura un lavoro a tutti e aiuta i bisognosi. Gli sbirri sono i cattivi che gli complicano la vita. Solo che il padre di Pietro non si piega ai favori di Don Michele e non accetta la sua protezione, anche se il bambino non capisce perché. Lo capirà, poco alla volta, con le parole di quel giudice, Rocco Chinnici, che morirà vittima di un attentato, e con l’esempio di Ninni Cassarà, il vice questore di Palermo che sarà ucciso allo stesso modo, del commissario della Squadra Mobile di Palermo, Beppe Montana, assassinato da Cosa nostra a soli 33 anni e di molti altri. Tutti uomini grandi, tutti uomini lasciati soli.

«Fammi entrare, hanno preso il mio papà», dissi all’agente di guardia e, scappandogli dalle mani, salii le scale di corsa fino al primo piano. «Lascialo andare» mi disse un uomo capellone dal sorriso allegro. «Ti ho visto arrivare dalla Questura, hai fatto cento metri in un batter d’occhio, sei velocissimo». «Voglio parlare con un poliziotto, per sapere dove hanno portato mio padre!» gli risposi, scansando le sue mani che volevano accarezzare la mia testa. «Mi hai trovato, io sono il Commissario Montana, per gli amici Beppe. Come ti chiami e cosa è successo a tuo papà?» disse piegandosi verso di me. «Io mi chiamo Pietro e io e te non siamo amici. Voi avete arrestato mio padre e io voglio sapere perché e dove si trova adesso» risposi con tono deciso.

La copertina de “La mia corsa”, Gribaudo

Raccontare il fascismo da antifascista 

Il 16 gennaio 2020 è stato l’anno di Una divisa per Nino, edito sempre da Gribaudo, scritto per spiegare il fascismo e la guerra in Etiopia ai bambini. 

Il protagonista, Nino, è uno dei ragazzini italiani degli anni Trenta del secolo scorso, illuso dalla divisa del Duce, dalla retorica dell’eroe combattente italiano e dal sogno imperiale incarnato dalla guerra in Etiopia (1936). Pian piano il piccolo si scontra con una realtà che i suoi occhi di fanciullo mettono a fuoco lentamente ma senza condizionamenti. Nino approda alla libertà guardando alle vicissitudini del suo amico Gabriele e del padre di questi, l’antifascista Ruggerini. Infine, la scelta: da una divisa nera che non viene indossata per caso a una divisa che Nino sceglierà di non indossare. Il Nino raccontato da Francesca La Mantia esiste e oggi è un novantenne; sono tanti gli ex bambini che l’autrice ha intervistato e di cui ha raccolto le esperienze anche nel suo film, La Memoria che resta.

La copertina di “Una divisa per Nino”, Gribaudo

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