Dal 2 al 19 Novembre al Teatro Manzoni di Roma va in scena Moira, casa, famiglia e spiriti, una divertente commedia, ma non troppo, con dei protagonisti… a dir poco anomali! Ne parliamo con una delle interpreti: Patrizia Ciabatta.

Raccontaci qualcosa di questo nuovo lavoro con Ottavia Bianchi e Giorgio Latini: chi sei?
Dalla penna di Ottavia Bianchi nasce il nuovo testo dopo “Le sorellastre” regia di Giorgio Latini. In “Moira, casa, famiglia e spiriti” interpreto Mina (diminutivo di Amina che significa “fedele”.) la vergine piangente. Una giovane donna vestita di nero con abiti di fine ottocento. E’ lo spirito più antico che abita casa Mancini. E’ stata rinchiusa per anni ed è morta (per cause che non posso spoilerare!) in quello stesso stabile quando ancora sorgeva al posto del palazzo il convento di Sant’Andrea delle Fratte. Il suo compito era quello di ricamare i fazzoletti e i corredi delle ragazze più fortunate di lei che andavano a nozze. In vita sua non ha mai veramente vissuto. Non è mai stata baciata e non ha mai ballato con il suo innamorato. Ha un lacrimatoio al collo ed è convinta che se riuscisse a finire di versare le sue lacrime potrebbe finalmente reincarnarsi… ma il suo inferno è quello di non riuscire a versare nemmeno una lacrima e di ridere continuamente a crepapelle!

Casa, famiglia, spiriti, e il destino

Si parla di una famiglia di perdenti con quale intento?
Tutti i personaggi delle pièce parlano in qualche modo di destino (il nome “Moira “vuol dire “destino”) di ciò che avrebbero potuto fare “in un’altra vita” se il loro destino fosse stato un altro. Si può dire che sono tutti dei “perdenti” perché chi per un motivo, chi per un altro non è riuscito a realizzarsi . La famiglia degli spiriti ormai può solo sperare di reincarnarsi e di poter vedere realizzati i propri sogni in un ‘altra vita. La famiglia dei vivi invece sembra essere quella più “ferma” in limbo in cui “nulla si muove se non il tempo che passa inesorabile” e con più difficoltà nel tentativo di  realizzarsi. Credo questo possa essere un bellissimo spunto di riflessione per il pubblico per interrogarsi sul serio su quali sono i bisogni, i desideri profondi che vorremmo realizzare e le paure che non ci permettono di vivere pienamente le nostre vite.

Forte il tema della normalità o meno… come viene trattato?
In questo testo si ride e allo stesso tempo si empatizza con ognuno dei personaggi perché sono umani (anche e soprattutto gli spiriti!) vulnerabili e pieni di contraddizioni. Il pubblico ride di loro e con loro e credo possa apprezzare le loro stranezze. Sono cose che li rendono peculiari, quindi straordinari, unici e questo non significa essere “normali “o “non normali”. Forse essere normali significa fare ciò che gli altri ci dicono di fare e ribellarsi al destino vuol dire essere poco normali per la società? Attraverso proprio l’identificazione con i personaggi, prerogativa delle fiabe, lo spettatore che saprà guardare con gli occhi puri di un bambino potrà arrivare a parlare delle tematiche più complesse che rivela la drammaturgia.

Per ragioni produttive non è semplice vedere in scena un gruppo così folto: quali le qualità per lavorare in tanti?
La nostra famiglia di attori si è allargata quest’anno. Al cast de “Le Sorellastre” (Ottavia Bianchi attrice e autrice, Giulia Santilli, Beatrice Gattai e Giorgio Latini sempre alla regia e stavolta anche attore!) si sono uniti a noi Andrea Lolli e Sebastiano Colla. Di questo dobbiamo in primis ringraziare il Teatro Manzoni e Pietro Longhi che hanno creduto nel progetto e ci hanno dato questa possibilità. Essere in tanti significa dover essere ancora più generosi come attori, moltiplicare l’ascolto e aprire il cuore. Il testo è talmente corale che non sarebbe possibile recitarlo senza un reale affiatamento tra tutti gli attori. Io personalmente insieme agli altri “spiriti” non esco mai dalla scena e questo ti obbliga ad una attenzione costante. Il nostro impegno sarà quello di far vivere questo testo ad ogni replica cercando quel divertimento che ha accompagnato le nostre prove.

Il ruolo dell’attore tra commedia e fiaba

Come vi siete mossi tra commedia ghost stories e fiaba?
Credo che il compito dell’attore sia quello di comprendere profondamente il testo e aderire con le proprie risorse mettendosi a disposizione del testo stesso. Questo testo è una partitura musicale, un lavoro di ensamble da ogni punto di vista. Il tono recitativo passa dalla commedia al dramma senza forzature. La regia di Giorgio Latini ci ha accompagnati con la delicatezza, l’attenzione e il rispetto che parte dalla comprensione della drammaturgia. Si tratta di una commedia brillante ma con delle parentesi di profondo dramma. A collocarlo meglio da un punto di vista estetico sono i costumi di Lucia Mariani e le scene di Cecilia Sensi. Vi aspettiamo al Teatro Manzoni dal 2 al 19 novembre per il debutto di questa nuova commedia, un po’ dark e un po’ colorata come le fiabe, dall’epilogo non scontato, che potremmo definire tragico se non facesse ridere!

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