Siamo tutti diventati un po’ virologi in questo anno e spicci, passato non solo a combattere, ma a cercare di capire i come, i cosa, i quando e i perché di questa pandemia. Ne abbiamo sentite e viste di tutti i colori. Ci siamo chiusi in casa, abbiamo usato le mascherine, abbiamo avuto cura dei nostri cari e ci siamo tenuti lontani gli uni dagli altri, ci disinfettiamo le mani, ci arrabbiamo con chi, dopo tutto questo tempo, ancora parla di complotti, chi espone irresponsabilmente sé e gli altri al contagio. Abbiamo subito le fake news, ma anche le giravolte degli esperti autorevoli, sull’origine, sulle modalità di trasmissione, sulle migliori procedure per evitare il contagio, sui vaccini. Io sono un vulcanologo quindi non so nulla di pandemie, ma i numeri un po’ li capisco e per questo dal 10 marzo 2020 ad oggi, quasi quotidianamente mi collego con i siti istituzionali e leggo le cifre terribili dei contagi, delle vittime, e quelle che invece danno sollievo delle guarigioni. Ovviamente mi soffermo particolarmente sul nostro paese, anche se guardo con interesse i diversi andamenti delle cifre nei paesi di tutti il mondo, a volte comprendendoli a volte no.

Ma è sul nostro paese che vorrei soffermarmi, perché il nostro è un sistema omogeneo e quindi le cifre che si possono leggere sul sito del Ministero della Salute o su quello dell’Istituto Superiore di Sanità sono sicuramente attendibili e confrontabili. Fin dalla prima ondata le regioni d’Italia più colpite sono state Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna. Certo non ha giovato in quella prima ondata la disastrosa gestione delle sanità regionali soprattutto di Lombardia e Veneto, così a lungo guardate come gioielli e rivelatesi alla prova dei fatti le peggiori su scala nazionale (e ancora mi chiedo come sia possibile che i sondaggi diano sempre in testa i partiti che governano da decenni quelle regioni, a fronte della disfatta e delle vittime subite da quelle popolazioni). Però poi abbiamo avuto una seconda ed una terza ondata, peraltro ancora in atto, in cui gli errori dei primi giorni, come quello sulle RSA, non sono stati ripetuti e le procedure, sia pure regionalizzate, hanno seguito sempre le indicazioni nazionali. A quel punto, in un paese piccolo come l’Italia, i numeri si sarebbero dovuto omogeneizzare. Anzi considerando i pregiudizi classici, il centro ed il sud, dove le persone sono considerate culturalmente più indisciplinate e gli apparati sanitari regionali meno organizzati e più deboli, avrebbero dovuto registrare una maggiore incidenza sia di contagi che di vittime.

I numeri dicono che nelle 4 regioni padane ci si ammala fino al doppio

E allora vediamoli questi numeri. Ma lo farò con il dolore ed il rispetto che meritano le persone che hanno fatto quei numeri e che numeri non sono, ognuna ed ognuno con una vita reale fatta di affetti e legami. Ed è proprio per il rispetto di ognuna ed ognuno di loro che desidero entrare in questi numeri collettivi, generici, apparentemente freddi e senza nome, non per velleità intellettualistica o, peggio, per la presunzione di entrare in merito alle mille polemiche che hanno animato (o meglio inquinato) il dibattito pubblico in questi lunghissimi mesi. Desidero farlo perché i numeri possono aiutare a capire, e capire è necessario per agire.

Ma attenzione perché i numeri possono essere fallaci. Per esempio, non si può confrontare il dato assoluto di vittime o di contagi di una regione (o di uno stato) con quello di un’altra (o di un altro stato) perché ovviamente dipende in primis dalla popolazione esposta. Quindi una classica procedura che si utilizza è quella detta della normalizzazione, ossia dividere il numero assoluto in considerazione, nel nostro caso contagi e vittime, per il numero della popolazione totale. Questa procedura consente di stimare le percentuali e dunque poter confrontare. Ecco partiamo da qui. In teoria, in un paese piccolo come il nostro, con libertà di circolazione, con la maggior parte della popolazione inurbata in grandi città che da nord a sud hanno più o meno la stessa densità di popolazione, con strutture demografiche sostanzialmente identiche sia in termini di distribuzione di età che delle malattie predisponenti (comorbidità come si dice correttamente) non dovrebbero, a logica, esistere significative differenze nella circolazione del contagio e nemmeno delle vittime. A meno che non esistano altri fattori, ad esempio ambientali, che ci rendano (noi cittadini e clandestini che abitiamo in Italia) differentemente esposti. Facciamoli allora i numeri, totali ad oggi (9 maggio 2021) per le regioni più popolose del nord, del centro, del sud:

REGIONEPOPOLAZIONECONTAGIDECESSIn. CONTAGI ogni MILIONE di personen. DECESSI ogni MILIONE di persone
LOMBARDIA10.027.60281708833182814843309
VENETO4.576.13341698811423911222496
EMILIA-ROMAGNA4.464.19937537113010840842914
PIEMONTE4.311.21735139311404815062645
LAZIO5.755.7003311807877573941368
CAMPANIA5.712.1434031316632705741161
SICILIA4.875.2902153335560441681140
fonte dati, Ministero della Salute www.salute.gov.it (ultimo accesso 9 maggio 2021)

La differenza è imponente. Le colonne da confrontare sono quelle a destra in grassetto, quelle dei contagi e dei decessi per ogni milione di persone. I dati parlano chiaro. Nelle quattro regioni padane ci si ammala fino al doppio e purtroppo si muore fino a tre volte più che nel centro sud (vedi differenza tra Sicilia e Lombardia). Per capirsi, il centro-sud è su percentuali di contagio e di vittime che sono nelle medie mondiali, mentre sono le regioni padane che sono completamente fuori scala. E’ un triste primato, che purtroppo non posso nemmeno imputare alla disastrosa gestione politica delle regioni padane a guida leghista, perché a dividere la malasorte con queste c’è anche l’Emilia-Romagna. Quindi se il fattore non è umano, cos’è? Qualcuno nei primi mesi parlò della possibile relazione con l’inquinamento, con le particelle PM10, più che altro come possibile vettore per il contagio. Ma se così fosse si potrebbe forse spiegare la maggiore percentuale di contagi, ma non la triplicazione delle vittime.

Da scienziato allora mi metto su internet; cerco nella banche dati degli articoli scientifici su riviste di prestigio internazionale e trovo… trovo tanto, di già scritto e pubblicato sul caso italiano (vedi ad esempio l’articolo Fattorini, D., & Regoli, F. (2020). Role of the chronic air pollution levels in the Covid-19 outbreak risk in ItalyEnvironmental Pollution264, 114732), sul caso belga, in Francia, in Cina, un po’ ovunque, su come l’inquinamento sembri causa predisponente al pari delle malattie pregresse. Vedendo i numeri direi addirittura molto di più delle malattie pregresse. Perché statisticamente quelle ce le hanno nella stessa misura sia i cittadini padani che quelli del centro sud. Ma in Padania si muore tre volte tanto e quindi ci vuole ben altro per spiegarlo.

Dove maggiore è l’inquinamento,
là si muore di più

Ancora decido di andare su internet e di cercare delle mappe (sono geologo e le mappe le capisco). Guardo una mappa di Europa in termini di percentuale di contagi covid e la confronto con una mappa dell’Europa con la concentrazione di CO2 da inquinamento atmosferico. Sono identiche. Dove maggiore è l’inquinamento, là si muore di più. La Pianura Padana è il luogo più inquinato d’Europa insieme all’Est. E infatti là, in Cechia, Ungheria, Bulgaria si muore a percentuali come quelle della Lombardia.
Magari mi sbaglio, ma mi chiedo: se questo a me pare così straordinariamente evidente, e da scienziato direi un fattore di primo ordine, se la letteratura scientifica parla già in maniera piuttosto chiara del fattore inquinamento, se metà della popolazione italiana ha una probabilità da due a tre volte maggiore di morire di covid solo perchè nata e cresciuta nella parte più inquinata del paese, perché non si parla di questo?

Perché i cittadini padani non
pretendono il loro diritto alla vita?

Io parlerei solo di questo. Abbiamo il Recovery Plan davanti a noi e sicuramente si è parlato di transizione ecologica, di green economy. Ma qui il tema è più forte. L’inquinamento uccide. Predispone alla malattia e alla morte. Perché i giornali ed i talk show non parlano in continuazione di questo fatto così macroscopico? Perché i cittadini padani invece di continuare a pensar solo ad aver una irragionevole paura degli immigrati non scendono in piazza e pretendono il loro diritto alla vita che non gli è strappato dai quei poveracci ma dai signori che con questo modello di sviluppo fan soldi e per i quali la salvaguardia dell’ambiente e delle persone è solo un’inutile costo per il loro capitale? Se non siamo in grado di pretendere l’immediata azione nemmeno di fronte ai lutti nelle nostre case, come potremo sperare di lottare con convinzione sul cambiamento climatico? Cittadini Padani unitevi! Noi ci uniremo a voi! Il nemico non viene dal mare. Il nemico è già nell’aria…   

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