Insegnare. Ha ancora senso bocciare?
Insegnare agli studenti a imparare. La ricerca dello studioso neozelandese, John Hattie, nel suo libro di riferimento "Visible Learning".

Insegnare agli studenti a imparare. La ricerca dello studioso neozelandese, John Hattie, nel suo libro di riferimento "Visible Learning".
Esiste un modo di insegnare che sia in comune a tutti i docenti? O, meglio, c’è qualche strategia così efficace da poter garantire il successo scolastico degli allievi? Esiste, dunque, una comunità di pratiche didattiche condivise nella nostra scuola oppure ogni docente insegna a modo proprio?
Per dare una risposta a queste domande, bisogna risalire al concetto di comunità di pratica che nasce alla fine degli anni ’80 ed è tuttora considerato un precursore degli studi sulla conoscenza effettiva e di come questa venga creata e custodita specialmente in quelle organizzazioni che si coagulano attorno ad attività di lavoro comuni.
Tuttavia, è secondo me interessante allargare il campo di indagine per offrire una risposta ancora più esauriente. Esiste infatti una ricerca fatta dallo studioso neozelandese, John Hattie, che nel suo libro di riferimento Visible Learning, pubblicato nel 2008, e poi aggiornato nel 2023 con il titolo Visible Learning: The Sequel, ha cercato di identificare i fattori più efficaci per il successo scolastico degli studenti. Una ricerca davvero ammirevole, considerando che più di 300 milioni di studenti sono stati interpellati in numerosi paesi: Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Regno Unito, ma anche in alcune regioni d’Europa, Asia e America Latina.
Quello che è emerso alla fine è il cosiddetto “effetto di impatto”, cioè che cosa determini il successo scolastico di un allievo. Tale indice è stato considerato come una media dei fattori di influenza in un contesto didattico ed è esprimibile, secondo Hattie, con un intervallo di oscillazione che va da 0 (effetto più basso) a 1 (il massimo). Consideriamo che lo stesso Hattie, nel pubblicare gli esiti della propria ricerca, ha fissato una soglia media a 0,40 di punteggio.
Ecco, quello che risulta ancora più interessante sono i singoli punteggi attribuiti a ciascun fattore di influenza: se, per esempio, tendono a punteggi bassi quei fattori come la riduzione della dimensione delle classi (punteggio 0,19) o i tempi nella correzione dei compiti (punteggio 0,05) o ancora il numero di diplomi posseduti dall’insegnante (punteggio 0,11), ci sono però delle pratiche di indubbio successo che registrano un alto “effetto di impatto”, dunque davvero rilevante per il successo degli apprendenti. Tra queste, si segnalano l’auto-valutazione degli studenti (punteggio 0,70), il ritorno di informazioni dato dall’insegnante (punteggio 1,21) e soprattutto l’insegnamento esplicito della strategia di apprendimento (punteggio 1,43). Insomma, insegnare agli allievi ad imparare.
Concretamente, non si tratta solo di trasmettere delle conoscenze, ma proprio di mostrare agli studenti come fare a imparare. Ad esempio, questo significa che in classe l’insegnante non si limita a dire: “Imparate questo capitolo per domani”, ma mostra come fare:
“Ecco tre modi per memorizzare questa lezione: riassumere un testo, realizzare una mappa mentale, auto-interrogarsi”.
Infine, c’è un dato che ancora divide la scuola italiana ma che il nostro effetto di impatto considera di scarso valore nella sua incisività educativa, contrariamente all’opinione comune: si tratta della ripetizione dell’anno.
Secondo questa rilevazione statistica, la ripetizione dell’anno avrebbe un punteggio negativo misurato a -0,49 come effetto di impatto, quindi si trasformerebbe a sua volta in un effetto trasformativo al negativo per la carriera di un apprendente.
Insomma, la bocciatura generalmente non porterebbe alcun beneficio allo studente ma questa considerazione non appare a noi come una novità assoluta. Infatti le ultime rilevazioni dell’Invalsi, in Italia, ci hanno mostrato chiaramente che ripetere un anno per un allievo non porta ad alcun miglioramento delle sue competenze né ad alcuna particolare sollecitazione per il raggiungimento dei propri obiettivi, da un anno all’altro. Quindi, che fare?