“Intermezzo” è o non è il miglior romanzo di Sally Rooney?
La nuova uscita editoriale dell’irlandese Sally Rooney, autrice cult, segna una svolta nella sua scrittura. Ecco cosa fa “Intermezzo”.
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La nuova uscita editoriale dell’irlandese Sally Rooney, autrice cult, segna una svolta nella sua scrittura. Ecco cosa fa “Intermezzo”.
Che Intermezzo sia o non sia il miglior romanzo di Sally Rooney, forse, non è neanche così importante. O, addirittura, è proprio una domanda priva di senso, schiava dei nostri schemi di pensiero. Eppure, il fatto stesso che lettrici e lettori se la siano posta rivela tanto dell’ultima fatica letteraria della scrittrice irlandese assunta suo malgrado a icona di una generazione, i millenials, che animano i suoi libri.
Dopo Parlarne tra amici, Persone normali e Dove sei, mondo bello sembra proprio che con Intermezzo Sally Rooney, sì, abbia raggiunto il punto più alto della sua scrittura e dato vita a quello che è già considerato tra i libri più preziosi usciti in questo 2024.
Peter, 32 anni. Ivan, 23. Due fratelli che non potrebbero essere più diversi. Il primo, bello e intraprendente, si vede con Naomi ma se deve pensare all’intimità con una persona subito gli viene in mente Sylvia. Di professione avvocato,
“si muove sulla superficie della vita con gran disinvoltura”.
Ivan, invece, è un campione di scacchi. Goffo con le donne e generalmente imbranato nei rapporti sociali, incontra Margaret, donna più grande e molto attraente, proprio in un momento decisivo della sua esistenza.
Il padre dei due ragazzi, infatti, muore dopo anni di cure per il cancro. E, mentre il lutto impatta sulle loro vite, spostando gli equilibri e sovvertendo pensieri e abitudini, noi li vediamo muoversi e provare a fatica a rimettere insieme i cocci di un’esistenza sempre più ingarbugliata.
“Sí, ti stavo cercando, ma solo perché volevo vederti e starti vicino, e in realtà non importa cosa ci diciamo, l’importante è essere vicini fisicamente, incrociare gli sguardi, respirare per un po’ l’uno il respiro dell’altro, che te ne pare?”
Se per Ivan l’incontro con una donna affascinante diventa lo stimolo per godersi la vita con più energia e ardore, per Peter, al contrario, l’esperienza diretta con la morte segna un brutale ripiegamento su se stesso. Crogiolandosi nel senso di colpa e nella confusione, cammina per le strade di Dublino in preda a un totale spaesamento, smarrendosi in pensieri sempre più frammentati resi benissimo da un flusso di coscienza alla James Joyce. Riferimento non solo stilistico ma anche tematico, visto che parliamo del maestro della paralisi, come ben sa chi ha già affrontato Gente di Dublino.
E, proprio in questi momenti, così densi e labirintici, chi legge prova la travolgente e confortante sensazione di sentirsi finalmente a casa, di ricevere comprensione, di scoprirsi e riscoprirsi attraverso le parole. Ecco perché Sally Rooney fa bene e male allo stesso tempo. Perché il particolare si fa generale: non solo perché parla a una generazione ma soprattutto perché parla al cuore di chi vive in questi tempi sconnessi e, paradossalmente, iperconnessi. Perché i suoi personaggi bizzarri e spesso irrealistici hanno quel groviglio di insicurezze e fragilità che, a ben vedere, li rendono più veri di altri. E perché, alla fine di tutto, a prevalere è sempre la speranza. Che in qualche modo le cose possano funzionare. Che in qualche modo l’amore riesca ad avere la meglio. Che in qualche modo, sì, il futuro riservi più di qualche sorpresa.