Normal people (nella traduzione italiana Persone normali, edito Einaudi nel 2019) è il secondo romanzo di Sally Rooney, che si era già fatta notare con il suo esordio Conversation with friends (nella traduzione italiana Parlarne tra amici). In particolare, da Normal people è stata tratta una serie tv omonima su Netflix.

Rooney è già diventata una specie di scrittrice di culto fra i Millennial, perché a questa generazione appartengono i protagonisti dei suoi romanzi.

Infatti, il nome di Sally Rooney girava già da un bel po’ di tempo nella mia bolla, ma non mi decidevo a leggere qualcosa. Mi dicevo: oddiono, non mi interessano questo genere di romanzi alla Dawson’s Creek. E perché mai poi? In realtà io adoro Dawson’s Creek, sono cresciuta con questo telefilm, e i suoi effetti hanno eco ancora oggi in me e in tutti quelli di questa generazione frammentata e fraintesa.

Quindi l’ho fatto, alla fine ho letto Normal people, e continuo a pensarci a distanza di mesi e mesi, qualcosa vorrà pur dire tutto questo.

Fare finta di nulla e scherzare su tutto:
la storia del romanzo

Normal people è ambientato in Irlanda e segue le vicende sentimentali di una coppia di ragazzi (di Millennial): Marianne e Connell. La storia copre un arco narrativo di circa quattro anni, dal 2011 al 2015. I capitoli alternano il punto di vista di Marianne e il punto di vista di Connell raccontati comunque in terza persona.

Il romanzo è sempre spinto verso il futuro, a ogni capitolo si fanno dei salti temporali di ordine diverso: possono essere tre settimane dopo, dieci minuti dopo, quattro mesi dopo; non c’è spazio per le digressioni nel passato. I protagonisti sono spinti sempre verso l’ambizione che li spaventa di più: il futuro, per l’appunto.

Connell è figlio del proletariato irlandese, la madre fa le pulizie in casa di Marianne. Quest’ultima è una ragazza colta, benestante ma emarginata e bullizzata a scuola. Questi due poli si attireranno in modo incontrollabile e comincerà la loro travagliata storia d’amore. In realtà, il travaglio è molto contemporaneo e reale, perché non essendoci degli ostacoli concreti alla loro relazione (le diverse classi sociali? Neanche), i due ragazzi se li creeranno. Sono travagli emotivi, impossibili da dire.

Quello che mi ha colpito, infatti, è stata l’abilità di Rooney di descrivere con una precisione quasi sconcertante le tipologie di relazioni sentimentali dei Millennial.

Sono relazioni gocciolanti di paura, insicurezza, di aspirazione verso modelli emotivi completamente distaccati dalla realtà. Marianne e Connel, pur amandosi, avranno molte difficoltà, si lasceranno e prenderanno varie volte solamente perché non riescono a comunicare tra loro (pur parlando tantissimo di tutto). La coppia preferisce scherzare, fare finta di nulla, parlare di altro e immaginare le intenzioni dell’altro senza mai domandarle esplicitamente.

Il romanzo e la mia vita da Millennial

Ho letto Normal people al cellulare, con un’app che legge gli e-book. Era così disilluso il mio approccio iniziale, che non ho manco voluto comprare il libro fisico, mi bastava la copia digitale. Il mio atteggiamento era: okaychepalle vediamo un po’ questo romanzo, perché tutti ne parlano. Inutile specificare che sono stata presa da una scrittura vorticosa, così intima, così ispirata e vicina. Non mi ero mai sentita così capita dai tempi di Dawson’s Creek per l’appunto.

Essendo una lettura fatta dal cellulare, potevo riprenderla in ogni secondo e portarmi Normal people ovunque in modo anche agevolissimo. Questo romanzo è stata una mia appendice fisica per qualche giorno. Dopodiché, ho continuato a pensarci molto, tant’è che oggi ne sto scrivendo.

Marianne e Connell, spesso, dichiarano di voler essere persone normali. Ogni volta che io e i miei amici dichiariamo lo stesso desiderio, ripenso a Sally Rooney. Nauseante rendermi conto di quante volte lo ripetiamo: “Ma perché non possiamo essere persone normali…”, “Ti pare un comportamento da persone normali questo?”, “Ti credi una persona normale, ma non lo sei”, “Ma come fanno gli altri a essere persone normali?”, e così all’infinito. Mai titolo fu più azzeccato per spiegare una generazione.

I protagonisti del romanzo di Rooney preferiscono parlare di argomenti vari, piuttosto che parlare chiaramente dei proprio sentimenti. Incomunicabilità, fraintendimenti, immaginazioni.

Ho un amico che preferirebbe ingoiare un pugno di cavallette piuttosto che parlare dei suoi sentimenti. Spesso, sull’orlo di un evidente crollo (faccia devastata, incremento di alcol, tic nervosi, emorroidi, dermatiti) magari ti invita a uscire con lui, magari ti dice anche “ti devo parlare”. E allora tu pensi: eccosantocielo finalmente mi dirà quello che sta provando, dopo ci sentiremo tutti meglio. E invece no. E invece vi ritrovate soli a passeggiare parlando, ma lui ti parla di cose come: “Ho scoperto che mi piacciono gli ortaggi”, oppure: “Ho comprato questo paio di scarpe”, e tu con riluttanza: “Ma sono uguali a quelle di prima”, e lui sorridente: “Lo so, mi piacciono”.

Così, mentre guardi le scarpe nuove uguali a quelle vecchie, il tuo cervello lentamente lascia il corpo, lascia quel momento esatto della tua vita e comincia a gonfiarsi di un gas esilarante ma anche un po’ triste.

Pensi che dovresti leggere dietro le sue parole per capire cosa vorrebbe davvero dirti, ma poi pensi anche che non sai praticare la telepatia, magari non sei abbastanza sensibile, magari non sono manco affari tuoi, forse non te ne frega niente, però alla fine da quanto vi conoscete, da 15 anni? Pensi che è un patto implicito che tutti avete firmato, fare finta di niente e non parlare. E allora va bene, chi sei tu per trasgredirlo? Silenzio e ortaggi.

Però poi pensi anche che davvero vorresti essere una persona normale, e non è normale fare finta di niente, e lo pensi con tutte le tue forze, e preghi “ti prego, esaudisci questo desiderio per me e i miei amici, facci essere normali”.

Pensi a che fine farà questo tuo tempo, questo preciso momento che stai impiegando a parlare di niente, e chi se ne frega alla fine di cosa provano gli altri, va bene, facciamo finta che sia così, tra l’altro quello che provi tu chi te l’ha mai chiesto? E allora che vadano tutti a quel paese.

Marianne e Connell bevevano vino e facevano sesso continuamente tra una separazione e l’altra, era l’unico modo che avevano per sentirti complici e vicini. Forse dovremmo fare sesso anche noi, anche se non ci piacciamo, tanto il vino lo beviamo già a prescindere, forse così si risolverebbe tutto, mi pare più una cosa da persone normali prendere decisioni. No?

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