Camilla Vivian, nel 2016, ha messo on line il blog Mio figlio in rosa per condividere la sua storia di madre di tre figlə di cui prima una, poi due, transgender: ancora oggi è l’unico blog in Italia sulla varianza di genere nell’infanzia

Nel 2017 Camilla Vivian pubblica il libro dal titolo omonimo, tradotto anche in Spagna e Francia. Il suo impegno apre il dibattito sulla varianza di genere in bambinə e adolescentə, e Sergio Lo Giudice e Monica Cirinnà la invitano in Senato per ascoltarla. 

TedX speaker nel 2017 a Vicenza, partecipa a Our Story, documentario della BBC sulle famiglie di bambini e bambine transgender in tutto il mondo. Da quattro anni Camilla Vivian vive in Spagna ma resta un’attivista in Italia, continuando a fare ricerca e informazione sulla decostruzione del binarismo. È in uscita per Chiara Editrice un suo albo illustrato per bambinə dal titolo Io sono te.

Su tre figlə, ne hai due transgender, un ragazzo e una ragazza. Come sta vivendo Camilla Vivian questo passaggio?
In realtà non è un passaggio e se c’è stato è avvenuto ormai tanto tempo fa nella mia testa più che altrove. Posso dire che adesso mi sono tolta il pensiero delle terapie ormonali che mi spaventava un po’. Da un paio di anni stanno entrambə  assumendo ormoni senza effetti collaterali di alcun tipo  monitoratə a endocrinologia e a pediatria. Tutto va bene. Sono felici e di conseguenza sono felice anche io. 

La nostra incosciente inconsapevolezza

Le persone cresciute prima degli anni ’90 difficilmente pensavano al loro genere, ma oggi non è così. Più della metà delle persone tra 13 e 20 anni conosce una persona che usa pronomi neutri. Eppure le informazioni su cosa sia il genere sono spesso confuse e contraddittorie. Secondo te perché?
Le persone cresciute prima degli anni ‘90 difficilmente pensavano a moltissime cose. Per noi  quasi nulla era una questione: dal riciclo della spazzatura, ai fischi per strada alle donne, a professori e professoresse verbalmente violenti, al viaggiare in macchina senza cintura. Vivevamo nella nostra incosciente inconsapevolezza. Le giovani persone di oggi se la scordano la nostra spensieratezza. E per il futuro questo paradossalmente è un bene. Noi abbiamo dovuto sbatterci il naso per diventare più responsabili e pensare a un futuro sostenibile, loro ne sono già consapevoli. Ora quella crosta che pareva indistruttibile inizia a creparsi sotto tanti punti di vista tra cui anche quello dell’identità di genere. Il mondo cresce. Nulla è statico.

Le informazioni sono confuse al riguardo perché vengono date confuse. Tenere le persone nell’incertezza le rende vulnerabili e ansiose e quindi più deboli. Di conseguenza più controllabili. Ma ragazzi e ragazze sono anni luce avanti a noi adultə per fortuna: parlano le lingue, si confrontano anche solo giocando alla playstation con persone da tutto il mondo, guardano video – che non sono solo balletti cretini, spesso sono cose serie. Conoscono altre culture. Se ne appassionano. Io scopro dai miei figli cose mai sentite e loro le sanno perché le hanno viste proprio su quei social che noi adulti crediamo diabolici. 

Come possono gli adulti accompagnare le persone più giovani a esplorare il genere se sono gli adulti di oggi per primi a essere impreparatə?
In realtà sono ə nostrə figlə ad accompagnare noi. Le persone adulte devono fidarsi di loro. Devono camminare al loro fianco. Devono dismettere le vesti di chi pensa che l’età adulta abbia di default tutte le risposte e l’infanzia e l’adolescenza non ne abbiano nessuna perché non è affatto così. Quando abbiamo figliə transgender (ma direi anche sempre) siamo noi che dobbiamo imparare da loro. La difficoltà sociale che stiamo vivendo oggi è che le infinite realtà identitarie e la richiesta di poterle affermare da parte delle persone più giovani mettono in crisi il sistema perché per la prima volta le persone adulte devono ammettere  di saperne meno delle persone giovani. Questo nella nostra società adultocentrica è inconcepibile. Soprattutto poi in un Paese come il nostro in cui la famiglia continua per sempre a trattare i membri più giovani  come i piccoli di casa. Anche a sessant’anni.  

I figlə di Camilla Vivian

L’importanza delle parole
secondo Camilla Vivian

Nel tuo blog Mio figlio in rosa fai un lavoro di informazione assiduo e dettagliato: quanto contano le parole, le narrazioni, l’immaginario, per comprendere il genere?
Le storie contano moltissimo: il potersi rivedere e riconoscere in un’altra persona è salvifico. È esattamente lo stesso discorso per qualsiasi minoranza, anche nel caso in cui in realtà non si tratti di minoranza numerica, come per le donne. Le donne non vengono raccontate, non vengono celebrate, non si intestano loro strade e piazze (nei 21 capoluoghi di regione quelle dedicate a figure femminili che non sono sante sono meno di mille, sulle oltre 24mila totali). Dico questo perché l’approccio a chi la società vuole escludere è sempre il medesimo: “non ti nomino, non esisti”. Questo ovviamente vale ancora di più per tutti quei gruppi di persone che non solo sono esclusi ma sono anche stigmatizzati. Come le persone transgender. Offrire al mondo le parole è offrire uno strumento essenziale per potersi riconoscere e poter esistere rivendicando i propri diritti. Rendersi conto di non essere solə dà fiducia. Leggere che le persone transgender hanno vite comuni e belle ridona i sogni. È estremamente necessario e urgente “normalizzare” ogni identità di genere affinché si possa garantire benessere a tutte le persone. Soprattutto quelle più giovani che hanno il diritto di non perdere la loro infanzia e la loro adolescenza a causa di una società ottusa e spesso cattiva. E dobbiamo non dimenticare mai che una società ingiusta lo è per tuttə, non solo per chi fa parte di una minoranza discriminata. Puoi pagarne meno le conseguenze se appartieni a un gruppo privilegiato, ma la sostanza non cambia.

Camilla Vivian, che cosa si intende per “storia di genere”? Tuttə noi abbiamo una storia di genere?
Certo che ogni persona ha la propria storia di genere. Semplicemente perché ogni persona ha la propria storia che comprende anche il proprio genere. Poi ci sarà chi si è concentrato di più su un aspetto della propria vita e chi su un altro. Chi ha riflettuto prima sulla propria identità e chi dopo. E chi magari mai senza che questo significhi che non ha una identità di genere. L’identità di genere non è prerogativa delle persone transgender, tuttə hanno una identità di genere. Tanti fattori agiscono poi con modalità e tempi differenti per ogni persona. Certo c’è anche chi non pensa, chi nega, chi esclude, chi discrimina ma lì la questione è politica. Ed è l’unico vero problema da risolvere.

I bloccanti della pubertà restano uno dei nodi polemici presso l’opinione pubblica: perché?
I bloccanti della pubertà sono un nodo polemico perché indubbiamente mettono di fronte a una scelta: possiamo bloccare la pubertà ai nostri figli e alle nostre figlie garantendo loro di essere chi sono anche nel loro aspetto fisico eliminando lo stress personale e sociale delle caratteristiche sessuali secondarie e garantendo quindi benessere ma possiamo farlo solo a un prezzo, e il prezzo è la fertilità. Un ragazzo o una ragazza transgender che assume i bloccanti della pubertà per poi proseguire nel percorso medico di affermazione di genere sarà nella maggior parte dei casi sterile se ha iniziato presto il trattamento – per presto si intende comunque a pubertà avviata. E questo in una società in cui la famiglia è ancora vista come padre che lavora, madre che accudisce dopo aver partorito dal proprio utero, figlio maschio e figlia femmina e magari un cane è inconcepibile.  Poco importa che fino a qualche anno fa le persone trangender venissero sterilizzate per legge (legge che peraltro resta invariata) asportando gli organi riproduttori. Come ai cani che adotti dal canile. Di colpo adesso pare che la fertilità delle persone transgender stia a cuore a tutto il mondo. Idem per la sessualità. Si sente dire che i bloccanti della pubertà compromettono la futura vita sessuale. Tuttə apparentemente preoccupatə per il futuro piacere sessuale della popolazione transgender giovane però allo stesso tempo si vieta l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole. È tutto oggettivamente un senza senso per gettare fumo negli occhi e mantenere poteri, privilegi, controlli, ecc. E in tutta questa tarantella vengono a colpevolizzare noi genitori. Ma il paradosso in tutto questo sta nel fatto che se al contrario si facesse informazione, si togliesse lo stigma, si permettesse aə nostrə figlə di vivere le loro vite, forse, come già avviene in molti Paesi, si sentirebbe sempre meno la necessità di intervenire sui corpi per adeguarli alle aspettative sociali. Quindi la verità è che proprio chi osteggia le terapie spinge alle terapie

Nel tuo libro Gender liberta tuttə edito da Baldini & Castoldi racconti tante storie di genere: quale ti ha colpita di più e perché?
Ognuna ha per me qualcosa di speciale e ogni persona raccontata mi ha insegnato qualcosa. Mi piace molto la spontaneità deə più piccolə, le domande ingenue dei fratellini o delle sorelline, ə nonnə: alleggeriscono storie che dovrebbero sempre essere lette (come a casa mia); ho peró anche nel cuore la ragazza del Bahrain che chiede di pregare per lei perché nel suo Paese le persone transgender vengono uccise. Forse perché è una figura che appare un istante, per cui nessunə ha potuto fare nulla e non so come è finita. Le altre, tutte, sono storie di successo anche se spesso su un percorso a ostacoli. 

Ci sono studi che dimostrano che bambini e bambine gender creative hanno 10 volte più possibilità di avere un disturbo dell’apprendimento rispetto alla popolazione generale: che cosa ne pensa Camilla Vivian?
Penso che se tu devi fare la pipì ma non ti fanno andare nel tuo bagno o il bagno non ha la chiave (come è capitato a mia figlia) e te la devi tenere per 6 ore certamente non riuscirai a concentrarti sulle guerre puniche; penso che se ti chiami Giorgio ma a scuola ti chiamano Anna e ti prendono in giro probabilmente le tabelline non ti resteranno in testa; penso che se a ogni cambio classe hai l’ansia dell’appello sicuramente non ti concentrerai bene sulla versione di greco. Prima di pensare che qualche “disturbo” crei una varianza di genere, pensiamo a quanto non essere vistə possa inficiare ogni ambito della vita. Nella mia esperienza sono numerosissime le persone a cui era stato diagnosticato un disturbo di attenzione/personalità/autismo (e uso disturbo solo perché scritto nelle diagnosi ma è una parola che aborro) che poi è miracolosamente scomparso con la transizione. Detto questo non vedo perché  una persona cisgender possa avere un deficit dell’attenzione o una forma di autismo senza che venga messa in discussione la sua identità e una persona transgender invece no. Grazie al cielo gli studi internazionali oggi stanno andando in altre direzioni. Vediamo quanto ci mettono in Italia a capirlo. 

Che differenza c’è tra transgender/agender/genderfluid/gender creative? 
Transgender è un nome collettivo che racchiude tutte le varie identità delle persone che non si riconoscono nel genere assegnato alla nascita. Quindi agender, genderfluid, bigender, ecc. tutte ricadono all’interno dell’identità trans*. Sono talmente tante le possibilità e talmente tante le definizioni che le persone transgender, soprattutto più giovani, creano, che io stessa faccio fatica a stare al passo quindi rischio anche di usare i termini in maniera non corretta. Spero di non aver sbagliato.

Cosa sono gli ormoni cross sex?
Gli ormoni cross sex vengono assunti nel percorso medico di affermazione di genere per femminilizzare o mascolinizzare. Una donna transgender assume antiandrogeni e allo stesso tempo estrogeni; un uomo transgender invece assume testosterone. Sono farmaci che possono essere assunti per via orale, transdermica, per iniezione, a volte anche per spray nasale. Servono per sviluppare le caratteristiche sessuali secondarie, per fermare il ciclo mestruale, per far sì che la persona stia meglio con se stessa. Non è detto però che tutte le persone transgender vogliano anche fare un percorso medico. Essere transgender prescinde dall’assunzione di ormoni. 

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