Basta il nome Katie per riassumere trama e atmosfera dell’ultimo romanzo di Michael McDowell proposto da Neri Pozza – casa editrice che sta ripubblicando anno dopo anno vari suoi titoli. Lei il vero motore dell’azione. Lei la scheggia impazzita che fa succedere le cose. Lei, la bambina poi donna, dai poteri paranormali che riesce a vedere il futuro prendendoti per mano e a sostituirsi alla morte se ha deciso che per te quel che era previsto si annulla e la partita si chiude adesso.

Colpi di scena non ne mancano ed è per questo che, ancora una volta, McDowell tiene alta l’attenzione. Se lo stile non ha nulla di particolare e alcune scelte riguardanti i personaggi risultano abbastanza prevedibili poco importa, il testo è un page turner e fa quel che deve fare. Si beve in poche ore ed è adatto a un pubblico molto vario.

La trama di “Katie”: cosa succede

Natale 1863. Katie Slape, una bambina di nove anni, perde la madre in circostanze che dicono tanto dell’ambiente in cui cresce. Già di indole particolarmente crudele non tarderà a inserirsi in quel contesto criminale che le è così familiare. Insieme al padre John e alla matrigna Hannah si industria per togliere di mezzo l’anziano Richard Parrock e, dopo avergli soffiato le terre, riuscire a sottrargli anche il denaro.

Non ha fatto i conti, però, con la gentile ma intrepida Philo Drax, nipote del vecchio e legittima erede della sua fortuna. Da New Egypt a New York le due si rincorrono e a farne le spese sarà più di qualcuno. Alla fine, dopo alterne vicissitudini e continui rovesci di fortuna, chi legge si ritroverà a tifare per una delle due. 

Somiglianze e differenze con Blackwater

Non bastano omicidi e crimini efferati per far di Katie un thriller e, soprattutto, per accostarlo alla saga di Blackwater. Certo, i punti di contatto sono diversi: personaggi femminili più che intraprendenti, lotte intestine e rancori atavici, storie familiari in cui i legami di sangue e non sono solo il pretesto per rivendicare ingenti patrimoni e cospicue eredità. A essere assenti, però, sono gli elementi soprannaturali che i fan del genere avevano adorato nella saga e, ovviamente, tutto quel che ascriviamo alla serialità – l’attesa frenetica del volume successivo, l’ansia di sapere come va a finire la storia, l’affezionarsi ai tanti personaggi e il dover fare i conti con la loro uscita di scena.

Più che altro, Katie si avvicina molto a Gli aghi d’oro. Per l’atmosfera newyorkese, ovviamente, ma non è l’unica affinità. Anche in questo caso c’è una netta differenza di classi sociali e, ribaltando un po’ quanto lì accade tra gli Stallworth e gli Shanks, anche qui, in fondo, vien ribadito lo stesso concetto: il bene e il male non sempre van di pari passo con la reputazione e il benessere sociale. E, allora, se l’etichetta del fantasy viene meno è possibile più che altro accostarsi ai confini dell’horror e del mondo gotico o semplicemente fidarsi di McDowell e vedere dove si arriva.

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