Il panorama musicale che ci circonda è per lo più scoraggiante. Per questa ragione è necessario cercare nell’oceano di note e artisti contemporanei per trovare quello che si avvicina di più alla nostra anima.
Questa settimana sono felice di farvi scoprire un grande musicista che purtroppo ci ha lasciati ad aprile a causa del Covid – 19. Non se n’è andato prima di aver lasciato un’ultima perla, l’album The Tree of Forgiveness.
John Prine nel 1971 faceva il postino. Tutte le sue serate le passava in un club di Chicago a scrivere e cantare le sue canzoni. Scoperto da Kris Kristofferson ha ottenuto un contratto discografico ed il resto è storia.
In 50 anni di carriera John Prine ha suonato in molti Paesi nel mondo. Ma mentre pianificava il programma dell’ultima tappa del suo tour The Tree of Forgiveness, c’era ancora un posto in cui doveva suonare: Parigi.
Vi confesso che condivido l’amore per questa magica città, c’è qualcosa nell’aria da quelle parti che fa viaggiare la mente degli artisti, è così. O lo senti, oppure no.
Comunque John non era noto a Parigi, e l’organizzatore disse al suo tour manager Mitchell Drosin che non aveva senso prenotare il suo primo spettacolo in Francia, si sarebbero persi dei soldi. Ma John rispose: “Non capisci. Voglio suonare a Parigi e voglio soggiornare al George V, che è uno degli hotel più costosi”.
“Sai, il tuo hotel costa più di quanto verrai pagato – disse Drosin – sarà uno show per un club”. E John rispose: “È fantastico!”
Le emozioni sono il motore della creatività, è naturale quindi che per John non avesse prezzo andare ad esibirsi a Parigi per nutrirsi di quell’energia.
John ha ispirato moltissimi artisti come Bob Dylan, Bruce Springsteen, John Frusciante. Con l’amico Johnny Cash arriva molto vicino ad un album insieme che però non portano a termine, sembra perché non convinti dalla qualità delle registrazioni.
Vi consiglio di vedere nel sito johnprine le collection of memories storie e saluti degli amici più cari di John. In tutto il mondo ci sono state parole di cordoglio, da Roger Waters a Stephen King che ha scritto: “Il Coronavirus si è preso uno dei più grandi: John Prine”.
L’ultimo album di John Prine è essenziale, dove si scopre la bellezza della semplicità, così complicata da ottenere per noi artisti. La chiusura del disco è affidata a When I Get To Heaven un racconto molto divertente in cui si descrivono i desideri del cantautore quando sarà in paradiso. Un luogo facile da immaginare dove John, un anziano di settant’anni, può tornare a fumare le sue sigarette, bere vodka e ginger ale, baciare le giovani ragazze e smentire, finalmente, quello che suo padre una volta gli disse: “Ragazzo, quando morirai, sarai una testa di cazzo morta”.
Caro John, spero tu sia lassù, fumando e bevendo il tuo Ginger Ale, e ti arrivi l’eco delle tue musiche che stiamo ascoltando qua giù.