Mara Piras, giovane artista in grado di unire istanze più classiche con forme artistiche del tutto innovative, come il tatuaggio. Cresciuta in un ambiente che respirava arte ha sviluppato una sensibilità e una delicatezza che le ha permesso di estendere molteplici forme e stili e collaborare anche con uno degli artisti più rivoluzionari del panorama mondiale: Liu Bolin.

Mara Piras, l’arte più viva che mai

La abbiamo incontrata ed intervistata per dimostrare come l’arte sia oggi più viva che mai e come essa rappresenti quel luogo in cui poter pensare il futuro: spazio di riflessione che dall’umano può andare oltre-l’umano e come possa essere un tassello di congiunzione e di superamento

Mara Piras

Chi è Mara Piras

Mara Piras, classe 1991. Una giovanissima artista che nel suo percorso si sta confrontando con molteplici orizzonti creativi. È come se una sorta di tracotanza espressiva la abitasse e riuscisse a trovare luoghi e forme sempre diverse, ma comunque in grado di parlarci dell’artista. Stupisce come il suo stile possa cambiare, come l’abito possa evolvere, incantare e disincantare eppure resa sempre lei, Mara Piras, sicuramente una delle promesse artistiche più interessanti oggi in Italia.

La abbiamo raggiunta a Verona, dove vive e lavora, per approfondire la sua visione e la sua prospettiva di arte.

Mara, sei un’artista straordinariamente eclettica: dipingi su corpi, su tela, su carta, sei anche una bravissima tatuatrice; l’arte per te pare essere qualcosa di estremamente polimorfo, mi viene quindi spontaneo e quasi necessario chiederti; che cosa è arte per te?
Arte è creazione, è la rappresentazione di realtà, sogni, emozioni, filtrate dagli occhi e la sensibilità di ogni artista. Arte per me è una fiamma interiore, che se tenuta dentro soffoca, ha bisogno di uscire, di emanare il proprio calore e mostrarsi al mondo esterno.

La collaborazione con Liu Bolin a mio avviso mette ancora più in evidenza l’essenza polifonica dell’azione artistica: la sua idea mette insieme tantissime forme di arte; egli scompare dietro a luoghi d’arte e per poterlo fare necessita dell’arte: di un’arte pittorica che lo camuffi (quella di cui appunto ti occupi tu) trasformandolo in una sorta di salamandra umana che si mimetizza completamente con il contesto e poi, ultima ma non ultima, la fotografia che sappia catturare questa presenza-assenza dell’artista.

Tu che hai vissuto in prima persona questa “azione dell’arte” questo essere viva, mobile, cangiante cosa ci puoi dire del processo creativo e del significato più profondo che si cela in questa idea?
Il processo creativo del lavoro di Liu Bolin parte dalla scelta del luogo, della sua posizione precisa sullo sfondo e della posizione precisa della macchina fotografica. La scelta della composizione è fondamentale e nulla lasciato al caso. 
Dopodiché subentra la parte pittorica (di cui mi occupo), partendo dal tracciare le linee sulla tuta che indossa, che siano perfettamente combacianti con lo sfondo ai suoi lati, proseguendo con il preparare i colori precisi dello sfondo (che durante la giornata possono cambiare per via della luce) e dipingendo la tuta, iniziando il vero e proprio processo di mimetizzazione che dura varie ore. 
Una volta finita la tuta si passa al dipingergli le mani e il viso (che protegge con una crema apposita) in modo preciso ma veloce.
Lo step finale è lo scatto fotografico, si sistema perfettamente la tuta, lui resta immobile e si fanno più scatti.
Questa sua idea è nata nel 2005 quando il suo studio in cui stava “costruendo” il suo sogno artistico, è stato demolito. Il suo primo scatto è proprio davanti a quelle rovine. 
Nei suoi lavori c’è il tentativo di dialogo tra memoria storica ed esperienza personale, e l’idea di appartenenza al contesto.

Quale è, se c’è, nelle molteplici forme di espressione che hai scelto quella che maggiormente ti rappresenta in questo momento?
Sicuramente la pittura. Più del disegnare, quando dipingo (soprattutto con gli acrilici) stacco da tutto. È come se fossi in un’altra dimensione, mi sento inattaccabile e forte, il tempo quasi non si percepisce e mi lascio guidare dalla mano.

Ora proviamo a sondare un concetto che pare essere difficile da pensare, come dico spesso io “proviamo a pensare ciò che è rimasto impensato: il futuro”. Come lo vedi il futuro dell’arte? E come pensi – se vuoi svelarcelo – il futuro della tua arte?
Esatto, concetto difficile, soprattutto in un momento storico così saturo di tutto! Non so perché, ma mi viene da pensare ad una sorta di “ritorno all’ordine”, un rinnovato interesse e recupero della tradizione classica, per poi riprendere l’evoluzione, sempre al passo con i tempi.
In un mondo tecnologico non si vogliono comunque perdere le radici, la bellezza del creare manualmente.
Il futuro della mia arte? Spero in continua evoluzione e sperimentazione, sempre in crescita!

L’arte e la nostra epoca

Credo che in queste parole regalateci dall’artista Mara Piras ci sia una grande energia e simboleggino anche la forza e la funzione dell’arte nella nostra epoca: la possibilità di riemergere senza rinnegare dalle macerie di un mondo che ci pare perduto, la forza di riscoprire la nostra umanità attraverso la sensualità, la sinuosità, la carnalità: in una sola espressione essere un corpo. Come l’arte è una forma di coniugazione della nostra natura essa è anche potenza di congiunzione con il mondo, con il nostro essere animali eteronomi, come di fatto lo è ogni arte.

Grazie Mara Piras.

Per chi volesse conoscere più approfonditamente il lavoro di Mara Piras qui il suo sito www.marapiras.it ciclicamente aggiornato anche con le sue attività e le mostre in modo da poter incontrare dal vivo la sua arte.

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