(English translation below)

C’è a Firenze, sull’angolo di un viale eppure quasi in disparte, la Casa dei Libri Giapponesi, una libreria minimalista animata da anime sensibili. Vi si può andare a colpo sicuro: nei pochi metri quadrati si trova sempre qualcosa di perfetto per un regalo o per farsi più ricchi: una raccolta di haiku, un manga, un piccolo accessorio per bere il tè, la riproduzione di una stampa d’epoca o un piccolo ombrellino di carta dipinta, e libri in e in italiano. Una selezione di poche cose, tutte belle, giapponesi, immerse in uno spirito zen.

Percorsi giapponesi per viaggi “per motum contrarium”

È una delle tante tappe giapponesi di Firenze, della presenza radicata di un paese lontano. Ognuna delle nostre città – a volte anche le più piccole – ha i suoi percorsi di viaggi per motum contrarium, segni di pellegrini che da altrove sono arrivati da noi, per restare e seminare qualcosa del loro mondo. Andare sulle loro tracce è un’altra forma di viaggio fermo, partendo eppure restando a casa.

A portarci lontano, sono ad esempio le opere di Akiko Chiba, un’anima nipponica con la quale si può parlare per ore e scoprire la sua trasmigrazione in anima fiorentina – ha scelto da ragazzina le rive dell’Arno rinunciando in patria alla carriera di medico, e per lei questa conversione pare non finire mai.

“All’inizio non capivo l’ironia dei fiorentini, poi tutto si è spiegato, e oggi la sento dentro di me”, “dopo tanti anni il mio passaporto è sempre quello giapponese, ma io da qui non mi muovo più”.

E davvero al cospetto delle sue incisioni e dei suoi quadri si resta interdetti, un mondo silenzioso e metafisico – un sublime ponte tra l’estetica dei due mondi, come la sua grazie di donna è una combinazione di due eleganze. La si trova sul suo profilo istagram @akyjowa.

Hanno viaggiato a Firenze anche simulacri del Giappone in varie forme – le tre sale di armature nipponiche al Museo Stibbert e le fotografie e i libri raccolti in una vita dedicata al Giappone da Fosco Maraini, la cui seconda moglie, Meiko Namiki, è un’altra figlia dell’arcipelago del levante divenuta fiorentina. Grazie al lavoro di Maurizio Bossi, il fondo Maraini ha costituito prima la Sala Asia e ora la Biblioteca Orientale del Gabinetto Vieusseux – un cuore di opere giapponesi ancora poco conosciuto seppure nella centralissima piazza Strozzi.

Il Giardino giapponese, sigillo di un viaggio nipponico

I tanti intrecci di questo percorso dal 1999 confluiscono ogni anno nel Festival Giapponese, una vera apoteosi nipponica in città. Ma il sigillo di questo viaggio lo si contempla dall’alto dell’iconico Giardino giapponese creato dall’architetto Yasuo Kitayama all’interno del Giardino delle Rose, sotto piazzale Michelangelo.

Tra lanterne, disposizione di pietre zen e tettoie tradizionali, seduti su una di queste panchine concepite più per meditare che per solo per riposarsi, il viaggiatore/fiorentino se ne sta al cospetto del tramonto sull’Arno, contemplato da una prospettiva esotica.

E, parafrasando un celebre haiku di Ryuho, penserà:

“Casa. E l’Oriente.
Un terzo nome?
Bisognerà impararlo”.

ENGLISH VERSION

“The Japanese book house”, a garden, a festival, Japanese presences in our house

In Florence, almost apart although on the corner of a big, there is the Japanese Books House, a minimalist bookshop animated by sensitive souls. One can go there without fail: in the few square meters you can always find something perfect for a gift or to make yourself richer: a collection of haiku, a manga, a small accessory for drinking tea, the reproduction of a traditional print, a small painted paper umbrella, and books in Japanese and Italian. A selection of a few things, all beautiful, immersed in a zen spirit.

Japanese courses for travel “per motum contrarium”

This is one of the many Japanese seeds in Florence, of the rooted presences of a distant country. Each of our cities – sometimes even the smallest – has its own travel routes “per motum contrarium”, signs of pilgrims who have come to us from elsewhere, to stay and sow something of their world. Following in their footsteps is another form of travelling by not moving, leaving and yet staying at home.

For example, the works of Akiko Chiba take us far. She is a Japanese soul with whom you can talk with for hours, to discover her transmigration into a Florentine soul – she chose the banks of the Arno as a young girl, giving up her career as a doctor in her homeland, and for her the transmigration seems never-ending.

“At first I didn’t understand the irony of the Florentines, then everything explained itself, and today I feel it inside me”, “after so many years my passport is still Japanese, but I would no longer move from here, no way”.

And truly, in the presence of her engravings and her paintings one is left speechless, a silent and metaphysical world – a sublime bridge between the aesthetics of the two worlds. This can be found on her Instagram profile @akyjowa.

Several simulacra of Japan in various forms also traveled to Florence – the Japanese armour at the Stibbert museum,and the photographs and books collected in a life dedicated to Japan by Fosco Maraini, whose second wife, Meiko Namiki, is another daughter of the Eastern archipelago who became Florentine. Thanks to the work of Maurizio Bossi, the Maraini collection was first established as the Asia Room and now as the Oriental Library of the Gabinetto Vieusseux – a Japanese heart that is still little known despite being in the central Piazza Strozzi.

The Japanese Garden, seal of a Japanese journey

Since 1999, the many crossroads of this Florentine journeys have converged every year in the Japanese Festival – a true Japanese apotheosis in the city. But the seal of this journey can be contemplated from above the iconic Japanese Garden created by the architect Yasuo Kitayama inside the Rose Garden, just few steps under the Piazzale Michelangelo. Among lanterns, arrangements of zen stones and traditional canopies, sitting on one of these benches designed more for meditating than just resting, the traveller/Florentine sits in front of the sunset over the Arno – contemplated from an exotic perspective.

And, paraphrasing a famous haiku by Ryuho, he will think:

“Home. And the East.
A third name?
Still to be learned.”

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