In questa campagna elettorale, nel caldo di un agosto appena trascorso e di un settembre instabile, la crisi climatica sembra essere la grande assente dai tutti i discorsi dei politici.

Eppure, non è che manchino cose da dire (e da fare). Facciamo alcuni esempi.

  • Siamo alla fine di un’estate che ha fatto registrare record di siccità in tutto il Paese, così come nel resto d’Europa. Eppure, sentiamo solo parlare di razionamento dell’acqua, di non innaffiare prati e giardini, ma non dei problemi della rete idrica italiana, che andrebbe riparata. E che ogni giorno, disperde, in media, il 42% dell’acqua, con una forte disparità tra Nord e Sud e picchi che, in alcune province, raggiungono l’80%. Ogni giorno, in Italia, si disperdono in media 156 litri per abitante.
    E questa siccità non è il sintomo di una normale estate. Come dovrebbe ormai essere chiaro, la siccità è causata dalla crisi climatica. L’unico modo per risolvere davvero questo problema è ridurre le emissioni a partire da adesso, per restare entro la soglia di un innalzamento di 1.5 C° delle temperature, come stabilito dall’accordo di Parigi.
  • Gli allevamenti intensivi sono una delle maggiori fonti di emissioni di CO2. E, guarda caso, utilizzano anche grandi quantità di acqua. Il nostro sistema agroalimentare si basa sulla produzione di carne, che produce più CO2 e ha bisogno di molta più acqua rispetto all’agricoltura. Tanto per fare un esempio banale: per produrre un chilo di carne si consumano circa 15.000/20.000 litri d’acqua, mentre per un kg di fagioli di soia se ne consumano circa 2.000. È necessario che lo Stato aiuti gli agricoltori a passare ad una produzione prevalentemente vegetale, invece che continuare a insistere su una produzione che produce enormi quantità di CO2 (attualmente, si stima che gli allevamenti intensivi siano responsabili del 17% delle emissioni totali dell’UE), che consuma tantissima acqua e provoca molta sofferenza animale.
    Nessun partito parla di chiudere gli allevamenti intensivi né di ridurre gli animali allevati. Nonostante l’IPCC dica che la dieta migliore per la salute e per l’ambiente è senza carne, negli ultimi anni il mondo ha aumentato la sua produzione di carne.
  • I costi dell’energia si fanno sempre più alti, ma il discorso politico delle ultime settimane sembra incentrarsi solo sui rigassificatori. E su una fantomatica energia nucleare pulita e sicura che al momento non esiste. Per una transizione energetica compatibile con il contenimento dell’aumento della temperatura globale sotto gli 1.5 C°, è necessario procedere alla conversione di tutto il settore energetico alle fonti rinnovabili con un tasso di riduzione delle emissioni superiore al 10% annuo. Questo vuol dire smettere di costruire nuovi progetti legati alle fonti fossili.

È necessario modificare il modello
con cui produciamo energia

Il modello di produzione energetica deve essere basato sulle rinnovabili, il più possibile decentralizzato e di proprietà delle comunità. Le CERS (comunità energetiche rinnovabili e solidali) permettono di affrontare diverse crisi. Con l’energia nella mani delle comunità si possono affrontare le sfide climatiche, ecologiche e sociali.

E questo perché l’unico modo per contrastare efficacemente la crisi climatica è attraverso un’ottica di giustizia sociale.
Le diseguaglianze sono alla base della situazione in cui ci troviamo e non ci può essere una risoluzione della crisi climatica senza giustizia climatica.

La popolazione mondiale è stata diversamente responsabile delle emissioni di gas climalteranti prodotte dalla metà del 1800 a oggi. Non tutti gli Stati sono responsabili della CO2 emessa nello stesso modo e anche oggi, il 10% della popolazione più ricca nel mondo è responsabile del 46% delle emissioni. Il percorso della decarbonizzazione deve seguire una crescita di benessere delle classi più povere, tramite tutele e servizi.  

Jason Hickel e le bugie dell’Occidente

Su questo tema diventa preziosa la lettura del libro The Divide, che parla del divario economico tra ricchi e poveri del mondo. L’autore Jason Hickel ripercorre la storia dello squilibrio economico mondiale, smontando una dopo l’altra tutte le menzogne che ne hanno accompagnato la narrazione e mettendo in luce le responsabilità dei paesi ricchi: da Cristoforo Colombo e il colonialismo al discorso di insediamento del presidente Truman nel 1949, dagli interventi militari per impedire la costituzione di modelli economici alternativi all’istigazione al debito portata avanti dalle banche occidentali.

Jason Hickel è un antropologo economico la cui ricerca si concentra sull’economia ecologica, la disuguaglianza globale, l’imperialismo e l’economia politica.

Il saggio di Jason Hickel si rivela una lettura sorprendente, capace di proporre soluzioni rivoluzionarie ai problemi della disuguaglianza. Perché basta cambiare il punto di vista perché le cose acquistino un altro aspetto.

Per approfondire alcune di queste proposte e trovarne altre consultate l’Agenda Climatica di Fridays For Future. E vi aspettiamo in piazza il 23 settembre!

di Valeria Belardelli

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