E se ci provo e poi va male? Ci hai provato ed è andata male” è questa la frase chiave di un capolavoro capace di fotografare la gioventù contemporanea. È un film che parla di fragilità, di coraggio e della possibilità di fallire, della quale non si deve aver paura.

Per lanciarsi dalle stelle è il nuovo film presente nel catalogo Netflix firmato da Andrea Jublin, vincitore del David di Donatello come miglior regista esordiente e candidato all’Oscar al miglior cortometraggio, e già noto per aver diretto La solitudine dei numeri primi.

Vi presento Sole

La protagonista ideata dalla sceneggiatrice Alice Urciuolo è Sole Santoro – interpretata dalla splendida Federica Torchetti – la cui luce, però, si è spenta in seguito alla scomparsa della sua migliore amica Emma, deceduta in un incidente stradale. Da sempre vive con un disturbo d’ansia generalizzato e il suo unico sfogo è l’arte: disegna di nascosto, in modo che nessuno la possa vedere o giudicare.

Sole è la sineddoche perfetta che rappresenta buona parte dei giovani adulti italiani, una generazione difficile da raccontare: non studia e non lavora, in poche parole, sopravvive.

La sua vita scorre in questo modo fino al giorno in cui Massimo, fratello maggiore di Emma, torna al paesino pugliese che aveva lasciato anni prima, consegnandole una lettera scritta dalla sorella in seguito ad un litigio con Sole e destinata proprio a lei

Emma sfida la sua più cara amica ad elencare tutte le sue paure e, pian piano, ad affrontarle, con i suoi tempi e le sue necessità. Presto, Sole riesce a crearsi un piccolo gruppo di amici, che la accompagna passo dopo passo – tra una seduta dallo psicologo e l’altra – in questa avventura alla scoperta di sé stessa: impara a fallire, impara a crescere e impara ad accettare l’eventualità del declino.

Una breve analisi del film

Tutti i personaggi, in particolare Sole, ci ricordano il calore che contraddistingue la Puglia, con una recitazione, a mio avviso, molto naturale e familiare. Ciò che contraddistingue il lungometraggio è il modo in cui Sole interagisce con noi, guardandoci dritto negli occhi, con dei flussi di coscienza, parentesi per presentare i vari personaggi, fare battute e immergerci nelle sue emozioni.

La protagonista è una ragazza semplice, spontanea, che trasmette dolcezza infantile e simpatia, con uno spiraglio libero all’evoluzione. La sua età è poco presa in considerazione nel panorama cinematografico, poco narrata, perché ci si trova in bilico tra l’essere giovanissimi e l’essere adulti.

Non si trova un’etichetta in cui identificarsi, ma questa etichetta deve esistere, perché è proprio in questo momento che la vita inizia, racconta la Torchetti in un’intervista. Sole, inoltre, riesce a far comprendere al pubblico come ragionino le persone affette da disturbi d’ansia senza fare giri di parole, senza sottovalutare la tematica.

Altro tratto che si riconduce immediatamente alla naturalezza e al realismo è lo stigma del paese in cui tutti sanno tutto di tutti, con le tipiche domande “Sole… ma il fidanzato?” oppure “Massimo, sei tornato… quanto ti fermi?”, che permettono allo spettatore di immedesimarsi all’istante.

La colonna sonora tutta italiana, con le famosissime voci del duo Colapesce – Dimartino e della Rappresentante di Lista, ci trasporta immediatamente al clima estivo che si assapora nel corso del lungometraggio.

Ciò che mi lascia perplessa sono, però, i costumi: come mai, a fine agosto in Puglia, la protagonista indossa maglioncini e top accollati? Sorvolando, su questo piccolo particolare, anche la tematica è trattata con leggerezza e in modo semplificato, ma non mancano spunti di riflessioni e consigli su come combattere uno dei mostri che più inquieta la mia generazione: l’ansia.

Bisogna aver coraggio: il coraggio di fare delle scelte, di crescere, di accettare il fallimento per comprendere i nostri errori e il coraggio di intraprendere il cammino verso la felicità, per scoprire che non si potrà sempre raggiungere la perfezione.

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