Al giorno d’oggi è abbastanza comune imbattersi in qualcuno che gira con lo skateboard per le strade del Cairo o di Alessandria d’Egitto, ma fino a pochi anni fa non era affatto una cosa scontata. Nel mondo, lo skateboard non è soltanto uno sport, ma un vero e proprio movimento culturale, con regole esclusive e un rapporto, spesso, critico con la società. Adesso che il numero di praticanti è in costante aumento si può dire che, nel complicato contesto sociale dell’Egitto, assieme alla disciplina sportiva è entrato anche un barlume di controcultura?

L’11 febbraio 2011 mentre Hosni Mubarak, presidente dell’Egitto fin dal 1981, viene costretto alle dimissioni dopo 18 giorni di proteste ininterrotte, Skate Impact è aperto già da sei anni. Skate Impact è un negozio di skateboard di Alessandria d’Egitto – unico punto fermo della popolazione di skaters egiziani – che ha appena compiuto 3 lustri.
Quando Omar e Cherif Herrawi hanno iniziato a skateare, lo sport esisteva a malapena in Egitto, più che altro per via dell’attrezzatura che non si riusciva a trovare. Niente tavole, niente skaters. Così i due fratelli hanno avuto l’idea di aprire uno skateshop, con l’obiettivo di riunire attorno a sé una comunità di anime simili; fare soldi non è mai stata la loro priorità.

Foto: Brett Jordan

Nel documentario del 2012 Slipping: Skate’s Impact on Egypt diretto da Brett Saunders e narrato da uno dei fratelli Herrawi, le voci degli skaters della scena di Alessandria e del Cairo ci raccontano del loro senso di isolamento, della frustrazione che si sentivano attaccata addosso durante l’adolescenza passata sotto l’asfissia del regime di Moubarak, e di come lo skate gli abbia letteralmente salvato la vita:Lo skateboard riesce a cambiarti nel profondo e forse anche a salvarti la vita ma, soprattutto, è divertente”, dice uno dei ragazzi nel documentario. “Se non fossi qui probabilmente sarei in un vicolo a fumare hashish come tutti gli altri amici miei”, gli fa eco Tariq mentre sta seduto sullo skateboard, pantaloni neri stretti e una felpa Element tre taglie più grande del dovuto.

Dal 2012 a oggi sembra passata una vita intera, trent’anni di stasi politica e immobilità sociale colati via assieme al fumo di piazza Tahrir, poi la speranza data da libere elezioni, i Fratelli Musulmani al potere, la caduta di Morsi e il colpo di stato militare del 3 luglio 2013, che ha portato sullo scranno più alto del potere ʿAbd al-Fattāḥ Saʿīd Ḥusayn Khalīl al-Sīsī, noto ai più come generale Al-Sisi.

Dal giorno della rivoluzione le cose sono molto cambiate – ci racconta uno skater egiziano – la situazione difficile, unita alla mancanza di prospettive e alla pesante svalutazione della moneta, ha spinto molti skater a lasciare il paese. La scena ha subito una battuta di arresto, ma non si è fermata; ci sono meno crew organizzate, ma i ragazzi hanno continuato a skateare e a far rimanere vivo il loro mondo che, come in ogni parte del globo, è fatto di regole non scritte, tradizione, musica e stili di vita.

Foto: Jeremy Thomas


Quindi ne è passato di asfalto sotto le rotelle degli sakteboard egiziani, da quando le speranze di una generazione che aveva provato a sognare sono state stritolate nella morsa della contrapposizione tra religione e realpolitik. Essere uno skater vuol dire stare in mezzo alla strada, che questa sia una liscia lingua di asfalto di Houston o qualche sontuosa via del quartiere di Zamalek poco importa. Quello che importa è che legare la propria vita all’asfalto significa doversi continuamente confrontare con quello che succede fuori dalla porta, e ciò porta inevitabilmente a sentire e subire sulla propria pelle tutti i sommovimenti sociali che si susseguono nell’universo che ci circonda.
La comunità oggi è cresciuta e i ragazzi che skateano sono maggiormente accettati dalla loro società; anche se ci sono pochi skatepark, trovare posti adatti per skateare non è difficile come un tempo, e le cose sono migliorate da quando le giornate tendevano a diventare un continuo gioco a guardie e ladri con le forze di sicurezza.

Lo skateboard non è un hobby, né tanto meno uno sport; lo skateboard è una via per imparare a ridefinire il mondo attorno a te. E’ un modo per uscire di casa, connettersi con altre persone e guardare al mondo con occhi differenti”, ha detto una volta Ian McKay, skater e storico frontman della seminale band hardcore punk dei Minor Treaht. Una voglia, quella di guardare al mondo che ci circonda con occhi nuovi, che trasuda dalle parole degli skaters egiziani.

“Quello che è importante”, dice uno skater del Cairo, “è che quando si parla di noi – o anche semplicemente quando si guarda a quello che facciamo o a come ci approcciamo alla vita – è fondamentale tenere presente che in Egitto ci sono città come Alessandria che hanno una tradizione cosmopolita centenaria, ecco, se dobbiamo guardare a qualcosa, guardiamo a quella tradizione là; noi ragazzi siamo aperti al mondo e siamo diversi dalle generazioni che ci hanno preceduto”. E questo è abbastanza per darci la possibilità di rispondere in maniera affermativa alla domanda di apertura, perché è nella rivendicazione di alterità che stanno i germi della controcultura.

Un Consiglio: Guardate Slipping: Skate’s Impact on Egypt, una bellissima fotografia della scena skate egiziana, poi partite da Salad Days e ascoltate tutta quanta la discografia dei Minor Threath.

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