Il Consiglio dell’Unione Europea ha di recente approvato le conclusioni su un’Europa connessa a livello globale, un progetto di rilancio strategico per sviluppare la connettività globale dell’Unione europea a 27. È un progetto che richiederà ulteriori passaggi normativi e una nuova comunicazione congiunta entro la primavera del 2022.

Le conclusioni adottate fanno riferimento ad una comunicazione del 2018 e alle conclusioni del Consiglio dal titolo altisonante: Collegare l’Europa e l’Asia – Elementi per una strategia dell’UE. L’obiettivo è quindi quello di costruire una maggiore connettività ma racchiude due elementi importanti. Da un lato, i passaggi che verranno via via realizzati dovranno avvenire nel rispetto della sostenibilità e delle regole e dei valori europei. Dall’altro, la strategia di base ha un respiro geopolitico ambizioso che punta alla competizione con la Belt & Road Initiative, abbreviato nell’acronimo Obor o Bri’la, la cosiddetta Via della Seta cinese.

Lo sviluppo dei progetti di connettività globale dell’Unione rappresentano infatti uno sbarramento fortissimo alla forza della Via della Seta su cui da anni lavora la Cina, attraverso un progetto di collegamenti infrastrutturali marittimi e terrestri e di connettività euroasiatica lanciato già dal 2013 dal presidente cinese Xi Jinping in grado di porre la Cina al centro dei traffici e degli equilibri economici e geopolitici mondiali partendo dalla Cina attraverso Asia Centrale e Medio Oriente fino all’Europa del Nord e dall’Oceano Indiano al Mediterraneo.

Il gelo tra Unione europea e Cina

Ma la volontà dell’Unione europea di non assistere più passivamente all’espansione cinese e di prendere le distanze dalle posizioni di Pechino trova origine in una causa ben precisa, la dura repressione della minoranza uigura dello Xinjiang e la ferma posizione europea nei confronti dei funzionari governativi cinesi considerati responsabili, a cui la Cina ha reagito imponendo sanzioni contro gli eurodeputati Reinhard Butikofer, Michael Gahler, Raphaël Glucksmann, Ilhan Kyuchyuk e Miriam Lexmann.

La risposta europea non si è fatta attendere e l’Accordo bilaterale sugli investimenti tra Ue e Pechino, il cosiddetto CAI, l’EU-China Comprehensive Agreement on Investment, il cui voto è programmato per l’inizio del 2022, è stato bloccato dal Parlamento europeo fino a quando le sanzioni non verranno ritirate.

Sette anni di trattative e trentacinque round negoziali finalizzati al CAI che si aggiungono agli anni di impegno economico e di relazioni da parte della Cina nel processo di costruzione della Via della Seta rischiano così di arenarsi subendo una battuta d’arresto.

L’Ue non si è fermata a questo e ha rilanciato un potere di veto contro gli aiuti e i sussidi pubblici che possono essere distorsivi per il mercato nell’acquisizione di società da parte di aziende extra-europee e per la partecipazione a bandi comunitari e possono quindi ledere le condizioni di parità e di libertà del mercato. È inutile sottolineare che questa decisione colpisce soprattutto le imprese cinesi che hanno infatti quasi dimezzato i propri investimenti nell’Ue. Nel 2019, nel complesso, sono stati effettuati investimenti diretti esteri nell’Ue per un valore che supera i 7 trilioni di euro.

Queste decisioni hanno quindi un significato geopolitico potente e segnano una forte divisione con le posizioni del presidente cinese Xi Jinping creando un gelo tra l’Unione e la potenza asiatica.

La carta che l’UE è disposta a giocare

Il rinnovato coraggio di Bruxelles nel trovare un tale spirito decisionale nell’opporsi al potere di espansione cinese sicuramente trova una forte sponda nella nuova politica Usa e in un nuovo sistema di rapporti atlantici. Ma l’Ue nella sua strategia geopolitica ha una carta speciale da giocare che è quella di appoggiare progetti soltanto a condizione che siano basati su principi di sostenibilità e sulla promozione dei valori e dei principi europei anche in ambito economico.

Ovviamente sono indispensabili consistenti supporti finanziari soprattutto da parte della Banca europea per gli investimenti e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo per la costruzione di una migliore connettività, il rafforzamento delle infrastrutture, il rispetto delle regole su clima e salute, i diritti dei lavoratori, il miglioramento del quadro normativo europeo, l’ampliamento dei partenariati non soltanto con i paesi euroasiatici, ma anche africani e dell’America Latina che condividono gli stessi principi dei diritti e delle libertà dell’Ue.

Insomma una nuova guerra tra Europa e potere cinese sembra appena iniziata lungo la nuova via della Seta, ma se le armi sono quelle del rispetto dei diritti civili e delle libertà possiamo sostenerla in tutti i modi.

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