L’amicizia secondo Cicerone, un ideale ancora attuale
Per la seconda prova dell'esame di maturità, gli studenti del Liceo Classico hanno dovuto tradurre un brano di Cicerone tratto dal "Laelius De amicitia", noto semplicemente come "Sull'amicizia".

Per la seconda prova dell'esame di maturità, gli studenti del Liceo Classico hanno dovuto tradurre un brano di Cicerone tratto dal "Laelius De amicitia", noto semplicemente come "Sull'amicizia".
Per la seconda prova dell’esame di maturità, gli studenti del Liceo Classico hanno dovuto tradurre un brano di Cicerone tratto dal Laelius De amicitia, noto semplicemente come Sull’amicizia. È un’opera che può ancora oggi insegnare tantissimo e che riecheggia di una grande modernità per la riflessione sui rapporti umani che riporta.
Il tema centrale è, come dice il titolo, l’amicizia, calata nel contesto della vita romana riprendendo l’ideale dell’humanitas (che mutua dalla filantropia greca). L’humanitas latina consisteva in un sentimento di solidarietà e compassione verso l’altro, quindi secondo Cicerone l’amicizia non è solamente un legame sociale, ma qualcosa di più profondo.
Ciascuno, infatti, ama se stesso non per esigere da sé una ricompensa di questo amore, ma perché è caro a sé per se stesso. Se non si applicherà all’amicizia questo stesso comportamento, non si troverà mai un vero amico.
Il primo elemento fondamentale di quest’opera così come di altri trattati di Cicerone, è la scelta di avvalersi di un modello prettamente platonico e quindi dialogico. Infatti, il dialogo è un’altra delle ragioni che ha reso gli scritti platonici più piacevoli e originali, tratto che viene ripreso da Cicerone. Nonostante la difficoltà della traduzione (come è noto Cicerone è un autore prolisso che riempie i suoi periodi di subordinate) l’uso del dialogo rende la lettura veramente piacevole. Il protagonista è Gaio Lelio (politico romano), che conversa con Gaio Fannio Strabone e Quinto Mucio Scevola. È attraverso il dialogo fra questi tre personaggi che Cicerone presenta la sua concezione di amicizia, che emerge implicitamente tramite Lelio, alter ego dell’autore di cui decide di avvalersi e che naturalmente interviene per più tempo durante il dialogo.
Nell’impostazione dell’opera c’è un forte realismo: l’intenzione dell’autore è di esporre quel che pensa calando il lettore nella realtà romana, soprattutto nei passi in cui si fa riferimenti anche alla politica del passato. Gli stessi personaggi fanno continui riferimenti ad una figura che hanno in comune. Ad esempio, Gaio Lelio era amico di Publio Cornelio Scipione Emiliano, che al tempo in cui è ambientato il dialogo era morto da poco, quindi anche se tutto è incentrato sul parlare dell’amicizia, Cicerone riesce a fare provare una sorta di empatia generica costruendo anche un ottimo manifesto storico.
Cicerone non tratta dell’amicizia solo fra persone facenti parti della nobilitas (a cui lui stesso apparteneva), ma ne tratta in generale creando una vera e propria fenomenologia posta in termini concreti e accessibili. Pur emergendo i concetti latini per cui l’amicizia era un legame personale che diventa poi sostegno politico, si concentra sostanzialmente sul definire cosa sia l’amicizia in ogni suo aspetto, né incentra la sua trattazione solo su concezioni che ci appaiono anacronistiche, ma caratterizza l’amicizia in generale.
Passa dal ricordo delle persone scomparse, che vivono ancora proprio attraverso gli amici (non dimentichiamo che Gaio Lelio ricorda l’amico Scipione Emiliano da poco scomparso e ne parla, mantenendolo quindi vivo), al giusto modo di essere amici, quindi sottolinea il fatto che non bisogna avere secondi fini in amicizia, che bisogna sempre sostenersi, che si deve amare l’amico quanto se stessi. Questi argomenti non sfociano mai nella stucchevole retorica, ma sono invece esposti in modo chiaro e, benché non certamente conciso, funzionale al messaggio.
Il pregio più grande di questo trattato è il fatto che tutti, chi più chi meno, possiamo trovare qualcosa di noi, un nostro pensiero espresso in maniera diversa oppure qualcosa che non abbiamo mai pensato, ma che scritta su quelle pagine ci porta alla riflessione e alla crescita. Nelle ultime pagine del libro Cicerone spiega che l’amicizia è finalizzata al raggiungimento della virtù. Infatti, attraverso l’amico, qualcun altro, di cui tutti e nessuno escluso abbiamo bisogno, riusciamo a raggiungere vette più alte. Questo non si traduce nello sfruttamento della persona, ma nel sostegno reciproco. Tale concetto risulta squisitamente moderno, se riflettiamo sui rapporti umani ancora oggi spesso intrecciati per mero opportunismo.
È anche vero, però, che l’amicizia di cui ci parla Cicerone è sicuramente un’utopia. Benché con dovizia di esempi storici logici a logica di Cicerone faccia sembrare tutto realizzabile (del resto è un advocatus il cui compito era tra le altre cose anche persuadere e convincere l’uditorio), quello che leggiamo è l’ideale di amicizia perfetta, in cui ogni aspetto descritto dall’autore, ogni pezzo, sia “al suo posto”; sappiamo quanto sia difficile. Tuttavia, il messaggio di speranza che suggerisce è quello di riuscire a perseguire la virtù di un’amicizia vera.
Cicerone definisce meschini coloro i quali hanno secondi fini in amicizia, ma non fornisce né può certamente fornire una vera e propria soluzione, se non quella che ha sempre fornito: l’ideale di una virtù che si mantenga pura e che ricorda perché l’amicizia, se sincera, supera ogni cosa. Leggere questo libro adesso significa comprendere i rapporti sociali e ricordarsi cosa significa essere essere umani compassionevoli che sanno cosa significa amare e aiutare l’altro.
Sebbene l’amicizia racchiuda in sé moltissimi e grandissimi vantaggi essa supera di certo ogni cosa, perché fa risplendere le buone speranze per l’avvenire e non permette che gli animi si avviliscano e vengano meno. Chi osserva un vero amico, osserva come un’immagine di se stesso. Per questo gli assenti diventano presenti, i poveri ricchi, i deboli forti e, cosa più difficile a dirsi, i morti diventano vivi; tanto li segue l’onore, il ricordo, il rimpianto degli amici.