L’esposizione collettiva dal titolo Arte e Visioni contemporanee lungo la Via Emilia, nel contesto delle mostre promosse da Dell’Umana Dimensione, sarà visibile fino al 16 Giugno 2024 nella Rocca di Vignola, a Vignola in provincia di Modena. Nuova occasione per l’arte contemporanea selezionata e curata da Ricognizioni sull’Arte, Alessandro Mescoli, Massimiliano Piccinini, Sergio Bianchi, Andrea Barillaro e Federica Sala, con la collaborazione di Marcello Bertolla e Giorgia Cantelli.

Opere di: Enrica Berselli, Giulia Bonora, Bartolomeo Cesi, Jingge Dong, Francesca Dondoglio, Paolo Migliazza, Marika Ricchi e Giacomo Vitturini.

Ph. MassimoFabrizioDondi58 – Rocca di VignolaCC BY-SA 4.0

L’arte contemporanea esposta in sale antiche, una opportunità

Sono rimasta piacevolmente sorpresa dalla scelta del luogo espositivo poiché è una vera e propria opportunità poter esporre arte contemporanea in sale ancora affrescate che, indubbiamente, suscitano l’attenzione e lo spaesamento di chi, entrando in visita, non si aspetterebbe di vedere ciò che invece ancora si conserva sulle pareti all’interno della Rocca. Se l’intento da raggiungere era il voler stupire il risultato può dirsi ottenuto e, in alcuni casi, anche con l’audacia, quasi teatrale, di aver proposto opere create nel proprio mondo interiore, trasformate in materia di pensiero e presentate al pubblico per affidarle all’accoglienza, all’attenzione dell’altro in una circostanza di sicuro effetto per strappare chi guarda, almeno un istante, alla vita.

Giacomo Vitturini, Paesaggio, 2023 e Annunciata, 2024 carboncino su tavola, Al. 170 x La. 125 cm. Jingge Dong, Line of coextinse, made in Italy, 2024, olio su tela, Al. 220 x La. 315 cm.
Courtesy Galleria L’Ariete artecontemporanea (Bologna).

L’intenzione degli organizzatori è la valorizzazione del lavoro degli artisti affermati e di coloro che stanno lavorando per farsi meglio conoscere, selezionati in sedi accademiche, gallerie e collezioni, con una particolare attenzione all’offerta territoriale. L’arte offre emozioni ed esperienze che non si corromperanno facilmente se nutrite dalla dimostrazione della passione che infuoca chi crea. Esporsi dopo la necessaria solitudine vissuta durante la creazione, è condizione imprescindibile al succedersi di segrete avventure dello spirito in un tempo in cui il frastuono dei fatti esterni, dell’informazione non permette di essere soli.

Giacomo Vitturini, Paesaggio, 2023 e Annunciata, 2024 carboncino su tavola, Al. 170 x La. 125 cm.

In queste occasioni di spazi condivisi, gli artisti è come se condividessero anche le proprie solitudini. Riporto un pensiero che amo, espresso da Valerio Magrelli tratto da Vedersi vedersi. Modelli e circuiti visivi nell’opera di Paul Valéry, Torino, Einaudi, 2002. Il brano si riferisce a sguardi incrociati che sopravvivono. Credo ben rappresenti ciò che immaginiamo rimanga al nostro passaggio in uno spazio in cui si trovino opere d’arte create con le più differenti intenzioni. Poste dal destino vicine possono farci vivere delle esperienze uniche in cui l’arte è protagonista e suscitatrice di molte interpretazioni e dove la creazione, nell’incontro con chi guarda, crea azione.

Marika Ricchi, The shangai game, 2021, marmo dipinto, dimensioni variabili.

Ho spesso immaginato che gli sguardi sopravvivano all’atto del vedere come fossero aste.

– Tragitti misurati – lance in una battaglia.

Allora penso che dentro una stanza appena abbandonata

simili tratti debbano restare per qualche tempo

sospesi e incrociati nell’equilibrio del loro disegno,

intatti e sovrapposti come legni dello shangai.

In alcune delle sale del piano terra della Rocca di Vignola abbiamo proprio la sensazione che l’antica storia del luogo abbia incontrato altre storie.

Enrica Berselli, In(fr)azione, 2024, disegno su carta, Al. 30 x La. 40 cm.

Tra queste, emergono potenti quelle suscitate dai lavori di Enrica Berselli, scultrice e pittrice che vive a Modena. Scolpisce, disegna e dipinge corpi mutanti attraverso la mutazione dell’epidermide, luogo limite dove avviene la comunicazione tra l’interno invisibile del corpo e la sua superficie a contatto con il mondo e le sue cose. Tre opere dove appare evidente l’alta capacità di misurarsi con differenti materiali e tecniche in forme amalgamate, frammentate, separate, nell’ibridazione tra specie afferenti a regni diversi, come tra l’uomo e i vegetali o tra elementi anatomici umani ed elementi comparati. Il suo lavoro, in questo gioco di scomposizioni, sembra ricordarci che il sogno è un segno che non riproduca la forma ma la trasformi.

Enrica Berselli, Senza Umane Interferenze – Particolare, 2023, 47 x 61 x 18 cm. Cera vergine d’api, plastilina, reperti botanici, pigmenti, ferro.

Enrica Berselli è stata recentemente proclamata vincitrice della Prima Edizione del Concorso Internazionale ArteAlta promosso da Alina Art Foundation, che promuove l’Arte per risvegliare la coscienza, la consapevolezza e per migliorare noi stessi, in collaborazione con Inartendu di Aosta.

Giulia Bonora, Alberello, 2024, installazione con vasi di ceramica

Giulia Bonora, nata nel ferrarese, vive a Bologna dove si è diplomata in Scultura all’Accademia di Belle Arti. I lavori in ceramica che presenta, sono vasi disciplinati nel portare l’attenzione allo spazio interiore. Il vaso è contenitore, ventre, incubatore ma anche parte dell’azione di cura come prezioso custode di medicamenti. Ne è un esempio l’albarello, o alberello, un antico recipiente utilizzato nelle farmacie per contenere spezie, prodotti erboristici o preparati medicinali come unguenti, polveri ed elettuari.

Giulia Bonora, Alberello – Particolare, 2024, vaso in ceramica

Di forma cilindrica, con varie misure e la bocca ampia, nell’albarello si conservavano anche prodotti liquidi o viscosi; originariamente era senza il coperchio, i coperchi furono realizzati più tardi, per questo si provvedeva alla chiusura utilizzando la carta pergamena fissata con lo spago per evitare la contaminazione del contenuto o la sua dispersione. In Italia spesso gli albarelli erano decorati di Bianco e Blu con motivi ispirati liberamente alle ceramiche anatoliche, in particolare a quelle di Iznik una città a Ovest dell’Anatolia dove, tra la fine del 1400 e il 1600, veniva lavorata una ceramica molto pregiata. Le decorazioni riproducevano stemmi, figure ed elementi vegetali che avrebbero curato il malanno.

Il tema trattato dall’artista è quello della guarigione e della cura attraverso il lavoro di modellazione del vaso. Guarire è una scelta, afferma, e probabilmente una vita intera non basterebbe a curare le ferite del corpo. Ma la natura è sempre stata l’unica maestra da seguire per risanare, una guida dalla quale sarà sempre possibile apprendere le operazioni con cui attivare il processo per sopravvivere al male, pur sapendo di essere mortali.

Jingge Dong è nato a Pechino (Cina) e vive a Venezia. Ha conseguito il BA (Bachelor of Art) all’Università Normale di Shanghai, un Master alla Scuola di Laurea dell’Accademia d’Arte Nazionale Cinese e un diploma all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Opere di sua produzione appartengono a collezioni di musei e istituzioni private. Presenta una tela dipinta con una particolare tecnica pittorica con la quale sviluppa il tema del cambiamento. La trasformazione è trasmessa dall’impressione visiva data dalla relazione tra le forme dell’arte, un’arte intesa come esistenza eterna dalla potenzialità universale.

Jingge Dong, Line of coexstinse, made in Italy, 2024, olio su tela, Al. 220 x La. 315 cm.
Courtesy Galleria L’Ariete artecontemporanea (Bologna).

La ricerca condotta da Dong è una nuova formula ibrida, un’amalgama di riferimenti, incongruenze stilistiche e disparità di scala ma che vive nel ritmo dato dall’uso della linea e della macchia, disposta sulla superficie come una scrittura antica che attraversa l’intera composizione. Il dipinto evoca, nella sua progressione, uno sviluppo temporale, espressione immediata della sensazione visiva che produce l’effetto di una costruzione che ruota e contribuisce ed emanare energia. Piani cromatici eseguiti ad olio su tela e che tuttavia presentano molte caratteristiche di un murale: la superficie liscia, una luminosità che richiama la trasparenza dello strato pittorico, tanto che in alcune zone il colore è diluito ed applicato con uno strato sottile, e l’uso del bianco dall’effetto opaco. La scoperta di un punto di solidità che unisca mondi creduti lontani, come l’orientale e l’occidentale, permetterà la trasformazione da lui auspicata. E’ sulla soglia delle relazioni tra segno e colore, all’interno dello spazio esteso, affollato e solo apparentemente scomposto, dove si annullano per accostamento tutte le differenze.

Marika Ricchi, The shangai game, 2021, marmo dipinto, dimensioni variabili.

Marika Ricchi è una scultrice romagnola che risiede nella provincia reggiana. Si è formata all’Accademia di Belle Arti di Bologna, in quella di Urbino, in due sedi a New York e insegna alla Libera Accademia di Rimini. In questa sede presenta due sculture di marmo: una trottola e il gioco dello shanghai. Il suo lavoro desidera valorizzare il ruolo dell’attività ludica nell’infanzia, poiché ritiene sia un periodo fondamentale della vita e determinante nella formazione dell’individuo. Il gioco è promotore di resilienza perché mediatore, catalizzatore e d’aiuto a superare barriere culturali, linguistiche e temporali. Giocare permette di ridurre eventuali stati d’ansia, di aumentare la memoria e attivare percorsi che permettano di superare i molti ostacoli che presenta la vita. Le bambine e i bambini educati ad amare il gioco, come mezzo espressivo alternativo, potranno far emergere ricordi, comunicare emozioni provate, scoprire risorse utili soprattutto in situazioni in cui esperienze difficili vissute ostacolano la fluidità del vivere.

Paolo Migliazza, La deposizione del Re, 2024.

Paolo Migliazza è uno scultore nato a Catanzaro che vive a Bologna. Si laurea in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Bologna. La sua ricerca è anatomica e da questa sviluppa i temi dell’incompiuto e del frammento. Arti, volumi come relitti che per sottrazione lasciano la loro impronta dove lo scavo, e quindi l’assenza, restituisce la presenza ancor più forte della fisicità del corpo. La deposizione del Re è un’elaborazione del tema sacro, la storia di una crocifissione antieroica, antiaulica dove tutto è scomparso, anche il corpo, perché è chiaro che di fronte alla morte non serva più nulla; qui rimane la presenza-testimonianza di materia consumata.

Paolo Migliazza, La deposizione del Re, 2024.

Non abbiamo la necessità d’altro, tutto si ricompone figurativamente nella memoria di una scena dove l’opposizione, fra culmine e trapasso, è stata confermata dalla descrizione dell’agonia di Cristo che va di pari passo con un cataclisma di tutti gli elementi del cielo e della terra descritti minuziosamente nei vangeli, attraverso gli occhi degli osservatori presenti all’accaduto. Lo scavo della materia illuminata, quella del calco di un corpo deposto dalla croce, è ciò che resta come gelida presenza che non si perde nel racconto ma va dritta al punto, con semplicità e verità, suscitando inquietudine nella rivelazione di quello che è stato, affinché tutti possiamo riscoprirci in quella singola impronta.

La magia dell’incontro con l’arte

E’ importante continuare ad avvicinarsi a nuove opere d’arte per cogliere la pericolosa magia data dal loro incontro. Dipingere o scolpire è racconto di dove si incorpora il pensiero di chi crea, pienezza che segue e insegue quella della mente, ricerca di sé attraverso un linguaggio aderente che consenta di ascendere. Come creature a margine della vita, le opere non sono mai consolatorie, non assolvono, non ricordano; divorano fino alla forma che non pieghi il pensiero, alla sostanza che permetta di vivere fuori da qualunque gabbia.

La pubblicazione delle immagini fotografiche in questo articolo della Rivista Digitale ReWriters è stata autorizzata da Alessandro Mescoli.

Nel contesto espositivo è presente anche un’opera proveniente dalla Galleria d’Arte Ossimoro che ha sede a Spilamberto in provincia di Modena, fondata nel 2002 dall’Architetto Sergio Bianchi. Si tratta di un’Incoronazione di spine (Al. 62 x La. 53 cm.) dipinta ad olio su tela da Bartolomeo Cesi, pittore bolognese vissuto tra il XVI e il XVII Secolo. Un’opera antica di cui il Dott. Enrico Ghetti ne ricostruisce, in un breve ma esaustivo contributo scritto corredato da una bibliografia, la storia.

Bartolomeo Cesi, Incoronazione di spine, olio su tela, Al. 62,5 x La. 53 cm.
Galleria Ossimoro www.ossimoro.com

Catalogo edito da BLURB BOOKS curato da Marcello Bertolla con testi di Giorgia Bergantin, Marcello Bertolla, Alberto Mattia Martini, Roberto Mastroianni, Alessandro Mescoli, Amerigo Turchi, Enrico Ghetti. Documentazione fotografica delle opere a cura di Mauro Terzi.

Presentazione Sabato 1° Giugno 2024 – Ore 17:00 – Sala dei Contrari – Rocca di Vignola
Video documentario – Regia e riprese di Mauro Terzi e Monica Ghetti.

Informazioni mostra: www.comune.vignola.mo.it
Orari e prenotazioni: www.roccadivignola.it

Informazioni rassegna: T. +39 059 783519, M. +39 339 3921900
ricognizionisullarte@gmail.com
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