Tanti semi stanno fiorendo dalle fertili menti dei lavoratori dello spettacolo. La chiusura è così tragica da inaridire tutta la cultura delle nostre serre? Sì, è tragica la chisura dei teatri, ma ci sono piante che resistono anche alle radiazioni!

Per questa intervista alla Fracassi, attrice tra le più apprezzate del Teatro italiano, decido di recarmi in una serra, per arrivare al mio appuntamento con dei fiori. Una bravissima fioraia, rossa di capelli e dagli occhi amichevoli, di nome Federica, mi consiglia un bouquet meraviglioso che chiama Emersioni. È pure gratuito. Mi parla dei primi due fiori, la Bergamasco e la Marsicano, che insieme alla Marinoni e alla Kreider danno vita ad una composizione stupenda…

Mi arriva una telefonata dalla Fracassi, che purtroppo non riesce ad aspettarmi, un pò per i miei tempi da meridionale e un pò perché è super impegnata.

“Bene”, dico alla Fracassi, “ti faccio qualche domanda al cellulare” mentre trovo una penna e il foglio dell’incarto dei fiori; “Cos’è Emersioni – dialoghi tra attrici, il format teatrale che tu, Francesca Garolla e Renzo Martinelli avete ideato?” mentre rimango con la fioraia che mi sta componendo il bouquet.

“EMERSIONI, dialoghi tra attrici, è uno spazio libero che ospita dieci attrici emergenti e dieci attrici di altra generazione, dal percorso già consolidato, donne che dialogano sul presente a partire dalla loro decisione di attraversare l’esistenza con questo lavoro, di essere attrici su un palco. La decisione del teatro, che non è così scontata, che porta con sé conseguenze magiche e altre molto difficili. A partire dai concetti di emersione ed emergenza i dialoghi possono svilupparsi con forme e contenuti multiformi che spero si irradino e contagino i dialoghi a venire e che di necessità saranno molto diversi a seconda delle protagoniste. Le coppie sono state estratte casualmente (da Renzo Martinelli, direttore artistico di Teatro i, che si è prestato come valletto in una riunione zoom che abbiamo fatto con tutte loro) e quindi gli incontri hanno questo elemento di fatalità che li abita. In alcuni casi le attrici non si conoscono e si scopriranno reciprocamente in questo incontro. Lo spazio che ospiterà i dialoghi è quello di una diretta Fb sulla pagina di Teatro i. Io introdurrò l’ora di confronto e interverrò in corso d’opera, solo se necessario. I dialoghi saranno fruibili sulla pagina FB e a disposizione sul sito di Teatro i. Abbiamo inoltre un’ospite silenziosa, Ermanna Montanari, che seguirà gli incontri ed esprimerà i suoi pensieri.

Chiedo “Perchè ti è venuta questa idea dei dialoghi tra attrici?” mentre la fioraia mi mostra i colori della Marigliano e della Pozzi che si sposano perfettamente con la fragranza della Valentini e la Vigna.

“Sentivo la necessità di condividere pensieri profondi sulla nostra epoca e sul nostro lavoro con le mie colleghe e in particolare con attrici che si sono affacciate da poco tempo a questa scelta. Io mi sento per certi versi una eterna emergente (che è bello) o trattata da eterna emergente (che è molto umiliante). Cosa significa saper cogliere ciò che emerge e porta linguaggi nuovi che vanno compresi, decodificati e rigiocati nel cambiamento ininterrotto delle nostre vite? Siamo in grado di cogliere progettualità innovative soprattutto in questo tempo di emergenza che ci crea ansia e ci distrae? Mi piaceva inoltre che attraverso questi dialoghi la figura dell’attrice venisse valutata per la globalità di quel che porta all’arte del teatro: lungi dall’essere un’icona in attesa della chiamata, la sua è una messa in gioco del suo corpo e del suo pensiero. Un dono totale e consapevole. Anche della propria femminilità“.

“C’è stato un criterio per scegliere le artiste coinvolte nei dialoghi?” Dico alla Fracassi, mentre Federica la fioraia mi porta due stupende coppie di vivacissime Mazza e Spisa e di Granelli e Tomśić.

“Abbiamo elaborato liste e mappe di una certa complessità che ancora conservo gelosamente sperando che questa edizione sia solo la prima di tante, per poter invitare in futuro altre artiste che stimiamo. Infine è prevalsa una logica di eterogeneità. Abbiamo cercato di dar conto il più possibile di un panorama teatrale multiforme, dando voce, nei dialoghi, ad attrici che avevano lavorato con registi diversi, in diversi teatri, in differenti città. Ma il criterio guida è stato soprattutto dare spazio a delle ‘voci’, sia emergenti che più affermate. A donne che stanno attraversando il teatro con uno stile unico, solo loro, la cui voce si staglia nel frastuono generale. Sono le nostre rockstar, le nostre dive, le nostre guide”.

“I dialoghi tra generazioni diverse possono generare cosa?”

“Possono generare tutto, possono esser una fonte inesauribile di generazione. I tempi sono mutati così velocemente che i riferimenti che avevo io, per dire, e quelli che hanno le mie colleghe di 30 anni sono già molto diversi. E’ molto importante il confronto tra esperienze, ma anche la narrazione di ciò che è stato, la visione di materiali d’archivio per conoscere il teatro che ci ha preceduto, per addentrarsi in metodi e approcci differenti alla scena. Ho visto recentemente ‘Sanpa’, il documentario su San Patrignano, la comunità di recupero di tossico dipendenti fondata da Vincenzo Muccioli e mi sono resa conto di quanto fossero diverse le opinioni di chi come me aveva vissuto quel momento in prima persona e di chi non era ancora nato e si siede ora davanti a Netflix e impara la storia da lì. Il suo giudizio sui fatti viene da quella narrazione, si forma su quella narrazione. Quanto è importante dunque la memoria, quanto è importante la pluralità delle narrazioni e, finché si può, anche il confronto con i testimoni. La scuola e l’arte sono i luoghi che in gran parte assolvono a questa funzione”.

Mentre il bouquet si compone, a poco a poco, mi vergogno a dire alla fioraia che non posso spendere tanto, perchè i fiori che mi propone sono meravigliosi… ma la Fracassi finisce la sua risposta e io: “Cosa significa per una donna dare spazio ad altre donne?”

“Significa arricchire le possibilità del mondo, dare al mondo la possibilità di essere migliore. Significa saper ‘vedere’ la grande attitudine delle donne alla collaborazione, al lavoro di gruppo. Significa rispondere con forza, dire un grande ‘NO’, agli stereotipi che ci vogliono nemiche e rivali solo per diminuire la nostra forza generativa e di immaginazione, che è quasi sempre motore di cambiamento. In momenti di crisi le donne si attivano. Tutta la questione del genere che finalmente viene alla luce è anche figlia delle battaglie delle nostre madri, delle nostre nonne. Ma ogni giorno guardandosi allo specchio, ognuna di noi sa che la battaglia non è vinta. Ognuna di noi sa che ci sono spazi ancora da conquistare, soprattutto nella considerazione che abbiamo di noi stesse, spazi che non ci vengono certo dati solo perché ce lo meritiamo. C’è una complessità dello sguardo femminile che è un’enorme ricchezza“.

“Cosa vedi quando ti guardi allo specchio?”
“Io lotto con lo specchio. Sono tanto brava a vedere la bellezza degli esseri umani, mi viene proprio abbastanza naturale, pure troppo, ma con me stessa è una lotta continua. Uno dei commenti più ricorrenti che mi viene fatto è: tu non ti vedi, com’è che non ti vedi? Io mi vedo quasi sempre strana, brutta, fragile, mancante. Non abbastanza insomma. E forse per questo lavoro molto, per mettermi alla prova, per migliorarmi. Ma ora sto cercando di prendermi con calma. E non è male volermi un po’ bene anche se sto ferma.
Di bello invece vedo che mi sono fatta da sola, con tanti sbagli, ma anche tanta energia e forza adolescente. In questo sono pura e leggera, sì! E mi piace. Vorrei, invece, che gli altri vedessero la bellezza del mio percorso, che è accidentato, ma anche pieno di miracoli e unico. Vorrei che vedessero tutta la vita che ho dentro e la curiosità che mi anima. E che non mi dessero per scontata solo perché sono disponibile e generosa, né nella vita né nel lavoro. Vorrei che si soffermassero sul mio valore. Sulla mia dolcezza. E gli uomini beh… non sono la bambolina da avere accanto per vantarsi. Vorrei che non considerassero la mia intelligenza e il mio percorso artistico come un ostacolo alla loro affermazione, come una minaccia al loro ego con cui gareggiare. Insomma vorrei che mi vedessero come sono… una bomba sexy…o no???

La fioraia arriva con questo bouquet, già è ricco di colori e profumi, contornato da nastri lucenti e foglie grandi, ma dice che non è ancora soddisfatta e dopo una capatina nel retro della serra ritorna con altre quattro meravigliosi infiorescenze, la Spanò e la Bucci con la Balivo e la Rosellini che dice di voler aggiungere alla composizione. Nel frattempo io chedo alla Fracassi cosa vorrebbe cambiare nel mondo del Teatro…

Gli algoritmi, i regolamenti assurdi, la quantità, il tanto al chilo, la piccineria, le consorterie, questo clima da ‘siamo poracci che il cinema ha più soldi’.. Vorrei rivestire il teatro d’oro e che tutti, noi per primi che lo facciamo, potessimo stimarlo e viverlo per l’arte che è e per i tempi che richiede, che non sono tempi umani. Servono ere per fare qualcosa di buono. Servono salti quantici in differenti dimensioni. Non certo una settimana di prove a forfait”.

“Cosa vorresti che non si perdesse del Teatro che finora tu hai fatto?”
La dimensione di rischio che ho sempre tentato di giocarmi e che ho imparato osservando gli artisti che stimo. Non ho mai avuto maestri a guidarmi, ma piuttosto compagni di strada con cui ho lavorato e che ho visto lavorare e il ‘nostro’ teatro, con le debite differenze, è un teatro che accetta di saltare nel buio. Che chiede al pubblico: vuoi saltare con me? Non ti prometto nulla, di là è molto pericoloso, ma puoi scoprire un’altra dimensione, che probabilmente non capirai, ma che ti farà vivere il miracolo. E invece, a parte eccezioni meravigliose di artisti che continuano a camminare su un filo e che mi commuovono alle lacrime, la ricerca della bellezza è stata sempre più sacrificata nell’ambiente alla ricerca spasmodica di posizioni di rendita che hanno fatto assomigliare questo lavoro in tanti casi più a quello di assicuratori e di agenti immobiliari che di attori, che come dice Samuele Bersani (perdonami questa citazione pop)…”preferiscono rimanere soli qua, nella provincia denuclearizzata, a due chilometri di curve dalla vita”.

“Cosa commuove in teatro, alla Fracassi?”
“Le maestranze fuori dal palco. Tutte queste persone che credono a un sogno, che credono alla finzione, che credono di morire, di tradire, di rubarsi il trono. E’ meraviglioso dare la propria vita con questo candore“.

Mentre rido per la risposta della Fracassi, la fioraia capisce che sto parlando con una donna e mi dice di chiedere che fiori vorrebbe la signorina all’altro capo del telefono. Le sorrido e le faccio capire che questi fiori sarebbero proprio la signorina con la quale parlo e qui la fioraia, pazza come tutte le appassionate di amore, con tono squillante dice che il bouquet perfetto deve avere ancora qualche fiore di altro genere, ed ecco che aggiunge la Deflorian, la Mandracchia con insieme la Bersani e la Mazzarino e mi dice che le vien da piangere perchè è il più bel bouquet che abbia mai realizzato. Mi apparto, annuendo e sorridendo, chiedo alla Fracassi: “Quand’è stata l’ultima volta che hai pianto?”
“Ho visto due giorni fa due film diretti da Felix Van Groeningen: Alabama Monroe e Beautiful Boy. Entrambi mi hanno commosso alle lacrime e hanno fatto emergere antichi legami con i miei genitori e con l’inesorabile scorrere del tempo. Piango sempre quando realizzo che non si può tornare indietro. E non è paura del presente o del futuro. Credo che sia piuttosto una grande nostalgia di ciò che è stato. Da piccola a volte in un momento di grande felicità, non so… quando giocavo nei campi con i miei amici, mi fermavo e mi concentravo e mi dicevo ‘questo attimo lo ricorderai per sempre. E’ uno degli attimi più belli che hai vissuto’. E’ così, sono nostalgica forse, o vorrei aver sempre fatto bene in passato… mentre è difficile vivere appieno ogni cosa quando c’è”.

“L’ultima volta che hai visto una persona per te importante cosa gli hai detto?”
“Che ho ‘sentito’ una persona per me importante gli ho detto ‘Se senti rumore d’acqua mentre ci parliamo è perché sto facendo la pipì’. Se puoi parlare a una persona mentre fai la pipì le vuoi davvero molto bene e te ne vuole lei”.

La fioraia guarda il suo lavoro con fiera ammirazione e io devo ammettere che ne sono affascinato, le dico che è il bouquet più bello che abbia mai comprato e lei mi risponde che è gratis. Io resto sbalordito! Non so come ringraziarla, tra imbarazzi e sorrisi e preghiere, ma mi zittisce e mette un fiocco alla Montanari dicendomi che solo adesso è perfetto: ventidue fiori bellissimi, profumatissimi e coloratissimi: meravigliosi.

Ringrazio la Fracassi e chiudo la telefonata, guardo negli occhi la fioraia e le chiedo se lei sogna.
“Io sogno sempre di poter lavorare all’altezza di ciò che sono oggi, in progetti che possano rendermi migliore. Di poter lavorare con gli artisti più bravi della mia epoca. Di non addormentarmi su ciò che già conosco. Sogno Hollywood e Meryl Streep e io che faccio sua figlia. Sogno di danzare con Alessandro Sciarroni. Di girare un film con i fratelli D’Innocenzo e di sposarli entrambi. E altri sogni che sto realizzando forse e che non dico, perché sono più realizzabili di altri e se li dico non si realizzano. Ah sì ultima cosa: sogno che mi chiamino per una parte molto sexy in cinema o di fare la soubrette in un mio show. Di stupirvi insomma, di togliervi questo assopimento da pantofole”.

Grazie Federica, grazie Fracassi. Grazie Francesca e Renzo. Emersioni è proprio il bouquet più bello che abbia mia ricevuto in regalo.

L’appuntamento con i dialoghi è in diretta su Teatro i Milano dal 1 febbraio, con cadenza quindicinale, ogni lunedì, alle ore 19. 

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