Per i filosofi greci e latini era quella parte degli esseri umani e degli animali dove aveva sede la vita. Con il tempo ha assunto il significato di tutte quelle cose che occupano una posizione centrale in un qualsiasi sistema od organizzazione, oltre a descrivere caratteristiche di personalità come il valore, il coraggio o la generosità. Da sempre sublimato da poeti e scrittori, che ne hanno fatto il vessillo dell’amore e dei sentimenti è il cuore è l’organo centrale del corpo umano.

Quel muscolo involontario attivo già durante la quarta settimana dopo il concepimento ed è in grado di pompare ben cinque litri di sangue al minuto. Sono proprio le sue contrazioni, chiamate sistole e diastole, a mantenere in vita l’organismo e ad assicurare un suo corretto funzionamento. Il regolare battito cardiaco è una performance incredibilmente complessa, come un’orchestra che esegue una sinfonia, dove i singoli elementi sono le migliaia di cellule che devono lavorare all’unisono. Sono più di 100mila i battiti di cui il nostro cuore è responsabile ogni giorno e ognuno richiede una sincronizzazione complessa tra varie cellule nelle camere cardiache che sono i due atri e i due ventricoli. Un meccanismo che risponde ad armoniche dinamiche fisiologiche che se si inceppano determinano patologie di diversa gravità.

In questi anni tuttavia le cellule cardiache si sono rivelate particolarmente difficili da studiare. A differenza di alcune cellule tumorali o di altri tessuti, non ci sono cellule cardiache che possono essere coltivate senza limite in laboratorio e poi studiate. Ma un team internazionale di scienziati, guidati dalla professoressa Michela Noseda dell’Imperial College di Londra, ha prodotto uno studio pubblicato su Nature che ha creato il primo atlante delle cellule cardiache umane. Una raccolta di mappe, organizzata come un grande database che svela i segreti del cuore, con l’analisi di quasi mezzo milione di cellule cardiache e ogni loro singolo ruolo.

Lo studio effettuato in sei diverse regioni del cuore, ottenute da 14 donatori  (7 donne e 7 uomini) i cui organi non erano adatti al trapianto, rivela per la prima volta una inimmaginabile complessità cellulare del cuore, identificando oltre cinquanta nuovi tipi di cellule cardiache tra muscolari, di supporto e vascolari, fino anche quelle adipose che si trovano al suo esterno. Inoltre, i ricercatori hanno anche definito tipologie cellulari specifiche per ogni camera cardiaca che sono quelle che ricevono e pompano il sangue nel nostro corpo. Ed è emerso che esistono vari sotto tipi di cellule muscolari e questa eterogeneità suggerisce la possibilità di essere associata a una corrispondente e diversa risposta terapeutica.

L’obiettivo di questa indagine scientifica ha avuto una duplice funzione: capire come funzionano le cellule e come interagiscono tra loro per mantenere il cuore in funzione, nonché rivelare quali alterazioni si verificano durante l’insufficienza cardiaca e quali causano altre malattie cardiovascolari. Patologie responsabili della perdita di 17,9 milioni di persone ogni anno e che sono la prima causa di morte nel mondo. Secondo questa ricerca la conoscenza delle differenze cellulari significa anche avere la possibilità di una medicina di precisione, dove lo studio della genomica unicellulare aprirebbe la strada a cure innovative e terapie mirate. Ma lo studio ha rivelato altre interessanti scoperte: il cuore delle donne, nonostante sia di dimensioni inferiori rispetto a quello degli uomini, ha più cellule muscolari. Se questo verrà confermato su larga scala, come immaginano i ricercatori, potrebbe spiegare perché il sesso femminile è meno vulnerabile alle cardiomiopatie. Hanno anche esaminato i vasi sanguigni del cuore, con dettagli senza precedenti, osservando il modo in cui le cellule nelle vene e nelle arterie si adattano alle diverse pressioni e posizioni. Questo lavoro, frutto di un impegno internazionale, per la professoressa Michela Noseda “fornisce un insieme di informazioni inestimabili: abbiamo mappato le cellule cardiache che possono essere potenzialmente infettate da SARS-CoV-2 e abbiamo scoperto che anche le cellule specializzate dei piccoli vasi sanguigni sono bersagli virali”.

Ma gli studi sulle cellule cardiache hanno portato un altro gruppo di ricercatori, sempre in un approccio multidisciplinare che in questo caso ha visto coinvolti l’Istituto nazionale di ottica del Cnr, il Laboratorio europeo di spettroscopie non-lineari, l’Istituto di medicina sperimentale cardiovascolare dell’Università di Friburgo e il Centro di microscopia elettronica dell’Università del Colorado Boulder (Usa) alla scoperta di un nuovo sistema di ventilazione assistita all’interno delle cellule cardiache e ha dimostrato come questo meccanismo sia indispensabile per mantenere il giusto equilibrio ionico all’interno delle cellule del muscolo cardiaco. L’articolo, pubblicato su Circulation Research, ha combinato competenze di fisiologia cardiaca, microscopia ottica ed elettronica presenti nell’Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ino), nel Laboratorio europeo di spettroscopie non-lineari (Lens), nell’Istituto di medicina sperimentale cardiovascolare dell’Università di Friburgo (Germania) e nel Centro di microscopia elettronica dell’Università del Colorado Boulder (Usa).

Le cellule del nostro cuore contengono una fitta rete di micro-tubi chiamata rete tubulare, che oltre a propagare i segnali elettrici fanno giungere la soluzione extra-cellulare fino alle regioni più interne della cellula. La diffusione della soluzione all’interno di questa rete è però molto lenta, sollevando numerose questioni su come viene mantenuta la giusta concentrazione di ioni durante i continui scambi con lo spazio intra-cellulare”, spiega la dottoressa Marina Scardigli del Lens. Lo studio ha mostrato – aggiunge il professor Leonardo Sacconi del Cnr-Ino e Università di Friburgo – che l’attività meccanica delle cellule cardiache assiste lo scambio dei contenuti all’interno di questa rete, comprimendoli ritmicamente ad ogni battito cardiaco e questo spinge il contenuto usato fuori dai tubi (proprio come facciamo con il dentifricio), che dopo il rilassamento cellulare viene sostituito con della soluzione fresca, risucchiando soluzione extra-cellulare al loro interno. In sostanza – prosegue Sacconi – le cellule del muscolo cardiaco ventilano il loro sistema di tubi proprio come fanno gli insetti nei loro sistemi di respirazione tracheale. Finora, si pensava che il mantenimento del contenuto dei tubuli avvenisse solo per diffusione passiva. La bellezza di questa diffusione assistita è che, con l’aumentare della domanda, aumenta anche il numero di cicli di ventilazione: è quindi un sistema che si autocontrolla.

Queste ricerche serviranno per avere una medicina di precisione capace di sviluppare terapie personalizzate e trattamenti mirati sempre più efficaci ed efficienti per curare il nostro cuore.

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