Sembrava una delle iniziative più importanti per la salute del pianeta, invece sta subendo un rallentamento che ne mette in discussione la sopravvivenza e aggrava la crisi climatica. La Net-Zero Banking Alliance, l’iniziativa che raggruppava le grandi banche mondiali e le impegnava a finanziare solo iniziative che portassero un reale contributo all’obiettivo della neutralità energetica, green, continua a perdere pezzi.

Da mesi a questa parte è una continua fuga di grandi firme del credito che scendono dalla barca, e la lasciano andare con sempre meno peso a bordo. Le ultime a rinunciare sono stati gli istituti canadesi: le sei maggiori banche hanno gettato la spugna un mese fa, allungando l’elenco dei rinunciatari.

Il marchio “green”

La Net-Zero Alliance è nata nel 2021, sull’onda del crescente interesse che le istituzioni finanziarie mondiali hanno dimostrato sia nei confronti dell’allarme lanciato dagli scienziati sul riscaldamento globale in atto, sia – forse soprattutto – nell’interesse dimostrato dai risparmiatori nei confronti di prodotti finanziari che portassero un marchio green. Erano allora 140 gli aderenti in 40 paesi, con 70 trilioni di dollari in portafoglio. Ora sono circa due terzi, e senza i pesi massimi del credito in squadra.

Dal momento che il riscaldamento climatico non sta mostrando segni di inversione – anzi i numeri e i fenomeni sono in deciso aumento – cosa sta provocando questa ritirata per la finanza green?.

Da un lato sicuramente il nuovo corso della politica ambientale americana, che la rappresentanza repubblicana al Congresso Usa aveva in realtà già anticipato nell’ultimo biennio della presidenza Biden, contrastando tutte le iniziative legislative provenienti dalla Casa Bianca. Con i primi sondaggi che davano Trump vincente nella sfida con Biden prima e Kamala Harris dopo si è assistito ad un primo esodo, che è diventato poi da dicembre una fuga in massa.

Se ne sono andate Citigroup, Bank of America, Wells Fargo, Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan. E si è ritirato anche il colosso degli investimenti BlackRock, che da solo muove 11,5 trilioni di dollari. Da soli questi istituti hanno asciugato di quasi il 20% la massa critica finanziaria a disposizione di azioni per il clima. Dall’altro lato l’incentivo ad abbandonare l’iniziativa è stata la consapevolezza che l’entusiasmo verso le iniziative green stava inesorabilmente scadendo: troppa burocrazia e lentezza nelle iniziative legislative a favore di energie pulite de parte di molti paesi, troppi i campanelli d’allarme sul possibile scoppio di una bolla finanziaria.

La grande finanza americana non fa prigionieri

Su quest’ultimo fonte un caso di scuola è quello di Tesla, l’azienda di Elon Musk che produce auto elettriche. Nel 2021 aveva raggiunto una capitalizzazione di Borsa superiore a quella di tutte le altre case produttrici di automobili del mondo messe assieme, un dato francamente esagerato e frutto di un patologico parossismo finanziario. Per chi ha ancora a mente i dati del piccolo mercato finanziario italiano, giova ricordare che negli anni del boom di internet la neonata Tiscali aveva toccato pochi mesi dopo la sua nascita una capitalizzazione superiore a quella della Fiat, che allora era un’azienda in grande salute. Fiat, con altro nome e diversi acciacchi, è a ancora in piedi, Tiscali è prima sparita e poi rinata, ma con ben altre ambizioni.

La grande finanza americana, in sostanza non fa prigionieri, e al di là delle dichiarazioni di principio guarda soprattutto ai profitti. Troppo esigui quelli ricavati dal mondo green, soprattutto se paragonati a quelli esponenziali forniti dalle imprese che operano nei chip, nell’Intelligenza artificiale, nell’industria e tecnologia dello spazio. Meglio cambiare cavallo, perchè poi in ultima analisi bisogna rispondere agli azionisti. L’unica consolazione in questa pericolosa ritirata è che l’esempio americano per ora non è seguito dagli istituti europei, e che la pattuglia italiana è ancora compatta e solidale: Unicredit, Intesa, Mps, Bpm,Bper ed altri grandi istituti sono ancora nell’alleanza.

C’è un altro fronte, quello climatico, nel nuovo e inedito duello tra Usa e vecchio continente.

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