Una sera come tante in una libreria nel centro di Milano e l’arena che ospita gli scrittori gremita di gente con spazio solo per sedersi in una parte degli scalini per garantire la sicurezza, come del resto anche quella che io chiamo Terrazza del Belvedere con gente in doppia fila che arrivando in un secondo momento veniva fatta accomodare in quello spazio, alle loro spalle scaffali di libri di Storia e Narrativa. Stasera c’è un incontro in Mondadori con Roberto Vecchioni e Ezio Mauro per l’uscita de L’orso bianco era nero edito da Piemme Editore: un ingresso libero fino a esaurimento posti senza l’obbligo di acquistare prima la copia, ma le persone presenti avevano già acquistato la scrittura di Vecchioni.

Vecchioni, e la parola

Trovasi davanti un professore del genere crea sempre un certo imbarazzo, ma allo stesso tempo può diventare interessante sentirlo parlare delle parola.

“C’è un potere nelle parole. C’è un potere nell’essere in grado di spiegarle, descrivere e articolare ciò che sai, senti e credi riguardo al mondo e a te stesso”.

Tracy Chapman

La parola è un viaggio.

Ogni viaggio porta con sè una ricerca storica e linguistica andando fino all’origine del significato per capire la nascita, l’origine della parola e cosa ci può essere nell’emisfero del nulla, come un luogo insolito di una creazione straordinaria come la parola stessa.

Usiamo la parola da sempre e in modo un po’ incomprensibile dai primi vagiti che facciamo, quando ancora non si capisce quello che stiamo dicendo, ma intorno a noi le persone percepiscono solo dei suoni.

Anche in questo primo mondo la parola si trova in uno spazio silenzioso definito anima.

Così Vecchioni vuole farci innamorare attraverso questo libro della parola: raccolte di appunti scritti in momenti diversi su supporti di carta come dei quaderni, blocknotes e ricerche notturne dello stesso autore.

Le domande che Ezio Mauro gli pone piovono dal soffitto in un ambiente raccolto dove la frenesia di Milano per un attimo sembra essersi fermata, quasi sparita diventando estranea a quei discorsi.

Raccontare diventa narrazione

Raccontare la propria scrittura che è diventata narrazione vuol dire sintetizzare un periodo, dei frammenti di un’esistenza e allo stesso tempo raccontare una storia, come in questo libro dove la parola si dimentica della divulgazione che di solito fanno i social media e cerca di rallentare il tutto: torna indietro, riconosce i suoni e come in uno specchio cerca di intravedere l’uomo nelle sue svariate sfacettatture .

Consiglio di leggere questo libro perchè leggere ci costringe a fermare il nostro universo temporale per riflettere su codici che non generano solo suoni, ma ci riporta direttamente alle emozioni, passando dalla poesia che nelle volte dimentichiamo nella quotidianità del nostro tempo.

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