Fra le più bella cose di Maid, serie su Netflix che spopola e commuove, c’è una fantastica Andie McDowell che finalmente si spoglia dell’aura di donna perfetta e riempie a tutto tondo la madre bipolare artista folle, smentendo le panzane di chi sostiene che non sappia recitare. Meglio ancora: è davvero la madre di Margaret Qualley, l’attrice protagonista che interpreta Alex, la dinamica mamma-figlia che ne guadagna in pazzia e tenerezza.

La storia ormai è nota credo, e ricalca il libro (autobiografico) della scrittrice Stephanie Land. Giovane madre, Alex scappa dal compagno alcolista e sbandato più per amore della sua piccola Maddie che per se stessa. Zero soldi, zero risorse, si barcamena e fa la donna delle pulizie (pulizie di grosso come si diceva un tempo) oltre a fare i conti con le proprie incapacità relazionali, ereditate dalle tragedie materne. Fino alla redenzione finale, perché è pur sempre una storia made in USA e dunque il finale inspirational è d’obbligo.

Si potrebbe intitolare gli orrori del welfare state all’americana; oppure la difficile via della solidarietà femminile (le donne della serie sono poco collaborative, oppure faticano a diventarlo, si veda la stessa McDowell, oppure le datrici di lavoro o le colleghe di Alex). Il tema più vitale però – e più femminista – è tutti i modi in cui un uomo può rovinarti la vita.

Attenzione, spoiler!

Compaiono tutte le tipologie di uomo: Sean, il compagno ubriacone a intermittenza, recupera Alex presentandosi come l’unico uomo che la conosce davvero, finché non si ripropone in versione mostro. Il padre di Alex, Hank, con i suoi luridi segreti. Il giovane compagno della madre, truffatore e indifferente. Il marito della datrice di lavoro che la pianta con un figlio adottivo in arrivo. Persino l’uomo perbene che di Alex si innamora (lei ovviamente lo trova noioso), e che alla fine si rivela solo un egoista un po’ diverso dagli altri: gli uomini affidabili sono martiri solo finché sperano che alla fine ti concederai.

Ha detto Stephanie Land, raccontando delle migliaia di messaggi che ha ricevuto dopo l’uscita del suo libro: La mia storia, la mia vita invisibile in povertà, ha aiutato gli altri a non sentirsi invisibili. Vorrei che la leggessero anche i politici”.

Maid, una miniserie mozzafiato

Maid resta un bellissimo prodotto che toglie il fiato. A voler trovare un difetto, la piccola che interpreta Maddie, sebbene fantastica come ogni bimbo attore americano, non è abbastanza credibile nelle sue interazioni con la mamma e anche con il padre: non li guarda mai.

Ma l’aspetto più interessante è l’illustrazione della catena della violenza, e il momento più terribile è quello in cui anche la piccola Maddie, come aveva fatto a sua volta la piccola Alex, si nasconde in uno stipetto della cucina per paura delle urla del padre. Come la madre vent’anni prima, anche Alex la va a recuperare dicendole “it’s ok, mummy is ok”. Questa orribile scena la spinge ad andarsene di nuovo di casa, stavolta senza auto né documenti né uno zaino, a piedi nel bosco (Sean le ha tolto ogni mezzo di comunicazione con l’esterno). E in questo momento (“Mummy is ok”), ci chiediamo se Maddie riuscirà a sfuggire alla coazione a ripetere, o quale ammontare di cure e sanità nella sua vita servirà per cancellare le esperienze dei suoi primi anni.

E infine, sì, il lieto fine che c’è, sa di riscatto, e fa parte della storia vera della protagonista (Maid, il libro, nel 2019 finì sulla lista dei consigli letterari di Barack Obama). Solo che poi facendo una ricerca su Stephanie Land e fra i suoi articoli pubblicati dal Guardian si scopre che non è finita qui; che ancora nel 2015 dopo la laurea in scrittura creativa viveva in estrema povertà, e aveva avuto un altro figlio da un altro uomo inaffidabile e violento.

Come si sfugge al passato? Potete leggere Stephanie Land e tutti i suoi articoli sul suo blog Stepville. Qui un riassunto su Newsweek. Forse qualcosa di più scopriremo l’anno prossimo; deve uscire il suo nuovo libro, Class.

PS. Ci sarà una stagione 2? Come sempre francamente sarebbe meglio di no; il prodotto è concluso così com’è, ma di fronte al potere del mercato è raro che qualcuno resista, tantomeno in genere le piattaforme di streaming.

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