Viviamo in un’epoca di contrasti estremi. Da un lato, la crisi climatica e l’erosione degli equilibri naturali minacciano il futuro del pianeta; dall’altro, crescono le disuguaglianze economiche e politiche, alimentate da narrazioni divisive e da un ritorno preoccupante dell’odio sociale come strumento di potere. L’attuale scenario globale è caratterizzato da sfide epocali, ma anche da un crescente desiderio di cambiamento, che spinge verso nuove soluzioni sociali, culturali ed ecologiche.

In questo contesto, due film, apparentemente molto diversi, emergono come opere in grado sorprendentemente di leggere la contemporaneità: Megalopolis, di Francis Ford Coppola, e Wicked, adattamento cinematografico dell’omonimo musical, con la regia di John M. Chu. Entrambi affrontano tematiche universali che risuonano profondamente con il momento storico: da un lato, la necessità di riconnettersi con il creato per immaginare una civiltà più armoniosa e priva dell’esercizio del potere come unica leva del governo sociale; dall’altro, la denuncia dei meccanismi di potere che sfruttano il pregiudizio e l’odio per consolidare il controllo.

Questi film, con linguaggi differenti al cinema, ci invitano a riflettere sulle nostre responsabilità collettive e sulla possibilità di reinventare il nostro rapporto con il mondo.

“Megalopolis”: Ricongiungersi con il creato per un nuovo equilibrio

L’ultimo lavoro di uno dei più grandi maestri della storia del cinema, Francis Ford Coppola, è stato oggetto di feroci contestazioni e di critiche impietose. Si è addirittura gridato alla senilità per descrivere un’operazione cinematografica decisamente onerosa dal punto di vista cinematografico, sfarzosa, quasi decadente, con un cast stellare e complessa dal punto di vista della narrazione.

In realtà, molto al di là del lavoro di altri registi più giovani, come Christoper Nolan, che interpretano la contemporaneità come frammentazione dei linguaggi e delle sequenze spazio-temporali, Coppola con Magalopolis ci fa immaginare una visione radicale di ciò che potrebbe essere il nostro futuro: una civiltà che, dopo essere giunta al collasso, trova nella riconciliazione con la natura il suo unico percorso possibile di salvezza. In Megalopolis, l’architettura simbolica della città del futuro rappresenta non solo un’impresa tecnologica, ma una rinascita spirituale.

La narrazione si intreccia con tematiche che riflettono il dibattito contemporaneo: l’umanità, che sembra all’apice del declino e con gli occhi offuscati da un’accecante delirio molto simile a quello descritto da Joris Karl Huysmans in Controcorrente con la narrazione della nevrosi del giovane Jean Floressas Des Esseintes, è incapace di guardare al futuro. L’unico che riesce a immaginarlo è l’architetto Cesatr Catilina, alla ricerca di un equilibrio tra progresso e sostenibilità, tra lotta per preservare le risorse naturali e l’urgenza di un cambiamento sistemico per evitare il disastro ecologico. Coppola suggerisce che, per superare le crisi globali, l’umanità deve abbandonare le logiche incancrenite derivanti dall’eservizio del potere e dalla frammentazione sociale per riscoprire un senso di unità, tanto tra gli esseri umani quanto con il creato.

Questa utopia moderna non è solo un sogno visionario, ma anche un appello politico e sociale che risuona con i movimenti globali per il clima e l’ecologia profonda ma anche va alla riscoperta di cosa significhi umanità. L’immaginazione di Coppola ci ricorda che la speranza non è mai fuori portata, ma richiede scelte coraggiose e collettive.

“Wicked”: La politica dell’odio e la costruzione del nemico al cinema

Se Megalopolis guarda al futuro, Wicked offre una rilettura del presente. Il film, che riporta, dopo venti anni dal debutto a Brodway, sul grande schermo il musical che ha ridefinito la mitologia del Mago di Oz a partire dall’omonimo libro di Gregory Maguire, affronta temi di straordinaria attualità. Al centro della narrazione vi è l’uso della paura e dell’odio come strumenti per manipolare e controllare le masse.

La trama di Wicked, che vede delle straordinarie interpretazioni di Ariana Grande, che mette in scena Glinda Upland, e Cynthia Erivo nei panni di Elphaba Thropp, mette in luce come il regime del Mago di Oz individui negli animali senzienti il “nemico perfetto” da dare in pasto agli umani per aggregarne il consenso sotto il regno del mago che, come sappiamo dal film del 1939, non ha in realtà poteri magici.

Attraverso la loro persecuzione, il potere riesce a compattare una società frammentata, incanalando le sue paure in un capro espiatorio. Questo meccanismo ricorda inquietantemente il clima politico globale, dove, in occasione ad esempio della recente campagna elettorale per le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, è stato sdoganato ufficialmente l’odio sociale come leva di marketing elettorale. Inquietante, a prescindere dalla visione politica incarnata, l’ultima convention prima del voto, tenuta da Donald Trump in cui sembra sia stato utilizzato ad arte il linguaggio della divisione per consolidare il consenso. Impensabile, fino a pochi anni fa, immaginare che in un contesto ufficiale si potesse inneggiare con slogan razzisti, omotransfobici e misogini.

Il parallelismo con il mondo reale è evidente: dalle campagne contro i migranti ai discorsi di odio contro minoranze etniche e di genere, il marketing dell’odio è ormai una strategia consolidata in molte arene politiche. La protagonista di Wicked, ribellandosi a questa narrativa, diventa un simbolo di resistenza. La sua lotta non è solo contro il regime, ma contro una società che accetta passivamente l’ingiustizia per paura o convenienza.

Il potere trasformativo del cinema

Megalopolis e Wicked offrono prospettive diverse su un tema comune: la necessità di un cambiamento radicale. Il primo ci invita a immaginare una nuova armonia con il pianeta, mentre il secondo denuncia i pericoli di un potere che divide e opprime. Entrambi i film risuonano con le sfide del nostro tempo, ricordandoci che il cambiamento è possibile, ma richiede consapevolezza e azione.

Il cinema, in questo senso, non è solo intrattenimento, ma uno specchio della società e un potente strumento per stimolare il dibattito e ispirare il cambiamento.

L’artista non si priva del privilegio di guardare la luna e non il dito che punta alla luna, di dire che il re è nudo, di immaginare al di là delle opportunità contingenti e delle nostre piccolezze di esseri umani alla ricerca di un misero (per quanto ci appaia grande) tornaconto.

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