“Mi vedete?”: il corto sulla depressione giovanile al Giffoni Film Festival
Un corto sulla depressione giovanile al Giffoni Film Festival voluto da due donne straordinarie: TIziana Mele e Carola Salvato.
Un corto sulla depressione giovanile al Giffoni Film Festival voluto da due donne straordinarie: TIziana Mele e Carola Salvato.
“La pandemia ha avuto un impatto importante sulla salute mentale dei giovani, facendo aumentare i disturbi di ansia, depressione, fenomeni d’isolamento, autolesionismo e persino suicidio – spiega Tiziana Mele, Amministratrice Delegata di Lundbeck Italia.
È per questo motivo che abbiamo voluto realizzare questo cortometraggio: i giovani rappresentano il nostro futuro ed è compito di ciascuno di noi prenderci cura del loro benessere. Da sempre mettiamo al centro delle loro azioni le persone e la salute del loro cervello, e parlando di persone non possiamo non parlare anche di giovani, anzi, è proprio a questi ragazzi e ragazze, alle loro famiglie, alle scuole e alle istituzioni che vogliamo rivolgerci per rendere visibile ciò che ancora oggi agli occhi di molti non è. Occorre una forte alleanza tra tutti gli attori: solo insieme possiamo fare in modo che questa tematica non venga ignorata, ma bensì affrontata”.
Lundbeck Italia, insieme ad Havas Life (entrambi sponsor del ReWriters fest. 2022) e in collaborazione con Giffoni Innovation Hub, lancia all’interno del progetto adoleSCIENZE, il cortometraggio Mi vedete? per sensibilizzare sulla depressione nei giovani: presentato il 23 luglio al Giffoni Next Generation, rassegna di Giffoni Innovation Hub, è un film con un climax emotivo potentissimo, con la cui storia è impossibile non empatizzare o, soprattutto se si è genitori, piangere.
Bravissimi sceneggiatore (Manlio Castagna) e regista (Alessandro Riccardi), capaci di sollecitare pubblico, clinici, istituzioni, politica, ragazzi e ragazze, genitori, su qualcosa che non può più essere taciuto: la depressione nei giovani e nelle giovani è raddoppiata rispetto a prima della pandemia da COVID-19, assumendo le caratteristiche di una vera e propria urgenza sociale.
La storia del film (8 minuti) racconta la vita di Dafne, un’adolescente depressa nel rapporto con famiglia e amici: le tende chiuse, il letto come location esistenziale, la rabbia, il macabro dialogo con se stessa, l’autolesionismo in segreto, la solitudine, l’astenia:
“L’isolamento sociale – mi spiega Carola Salvato, Amministratrice di Havas Life – e l’autolesionismo sono sempre più frequenti tra i giovani. Il cortometraggio nasce da un’idea di Lundbeck Italia, impegnata, anche con ReWriters, nel sensibilizzare, informare e creare consapevolezza sulle malattie mentali, soprattutto in età adolescenziale, con l’obiettivo di superare lo stigma che vi ruota ancora oggi intorno“.
Molto efficace la deuteragonista, ossia l’ombra della ragazza, che rappresenta la sua depressione, ingombrante, intrusiva e distruttiva, con una voce propria e sempre presente, invisibile agli occhi degli altri (forse non della madre, che però non è creduta dal marito che, come statisticamente la maggior parte degli uomini, fa più fatica ad accettare questo tipo di malattia):
“Il punto è proprio questo – mi spiega Tiziana Mele, Amministratrice Delegata di Lundbeck – genitori e amici non riescono a ‘vederla’, la depressione, perchè non la conoscono. E’ una malattia non rappresentata in quanto considerata un tabù. Per questo occorre sensibilizzare, contrastare lo stigma, un lavoro molto simile a quello che è stato fatto per l’HIV o il cancro al seno: le malattie vanno curate non stigmatizzate, il cervello è un organo che, come gli altri organi può ammalarsi e può essere curato“.
Il senso di inadeguatezza di Dafne, di oppressione, la paura del futuro, il desiderio di suicidio riesce ad essere superato grazie al supporto di esperti che, come di lei, si prendono cura anche dei genitori, aiutandoli a vedere:
“Il cortometraggio – continua Mele – è stato realizzato con il supporto di un Board Scientifico di clinici esperti che hanno contribuito alla creazione della storia, affiancando regista e sceneggiatore“.
Nomi che già conosciamo per aver firmato alcuni saggi per il nostro mag-book uscito a luglio, Insieme per la salute mentale, a cura di Beatrice Curci: Sergio De Filippis, Direttore Sanitario e Scientifico clinica neuropsichiatrica Villa Von Siebenthal, Docente Psichiatria delle Dipendenze; Giovanni Martinotti, Professore Associato, Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche, Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara; Gabriele Sani, Professore Ordinario di Psichiatria Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma e Direttore UOC di Psichiatria Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS; Stefano Vicari, Professore Ordinario di Neuropsichiatria Infantile, Dipartimento di Scienze della Vita e Sanità Pubblica, Università Cattolica, Roma e Responsabile Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.
“Il timore dei ragazzi è il confronto con i genitori e domina su tutto la paura del giudizio. Ma l’aspetto positivo che abbiamo voluto sottolineare attraverso la storia di Dafne, nel cortometraggio, è l’evoluzione, la consapevolezza, il poter arrivare a dire ‘io mi sono curata, io ce l’ho fatta’.
Non c’è da avere paura di mostrare le proprie fragilità perché, se aiutati ad affrontarle e a superarle, potrebbero trasformarsi nella nostra forza. Bisogna destigmatizzare la salute mentale e per farlo è necessario parlare ai ragazzi, spiegando loro che la depressione non è un concetto brutto. La depressione è una patologia come tutte le altre, che può essere curata e sconfitta, come fa Dafne nel cortometraggio”.
Così ci spiega De Filippis, Direttore Sanitario e Scientifico clinica neuropsichiatrica Villa Von Siebenthal, Docente Psichiatria delle Dipendenze. Un concetto, quello della normalizzazione della salute mentale, che evidenzia anche il Martinotti:
“Dobbiamo trasmettere agli adolescenti il concetto che non c’è niente di male nella depressione. È un disturbo che si può affrontare, iniziando ad esserne consapevoli e non incolpandosi. Il messaggio che vogliamo trasmettere ai giovani, alle famiglie e ai professionisti sanitari, con questo breve film, è che è importante informarsi su questi disturbi per non far sentire nessuno diverso o escluso”.
Carola Salvato, insiste su un fatto assolutamente da attenzionare:
“nel corso dei lockdown, dovuti alla pandemia COVID-19, i sintomi di depressione e ansia sono raddoppiati rispetto alle stime prepandemiche: 1 giovane su 4 (il 25,2%) e 1 su 5 (il 20,5%), a livello globale, sta sperimentando rispettivamente sintomi depressivi e ansiogeni. In Italia, durante la pandemia, il 16,1% dei pazienti psichiatrici ha tentato il suicidio, mentre l’ideazione suicidaria e l’autolesionismo sono state le ragioni di ricovero nel 31,5% dei pazienti, con un’incidenza elevata soprattutto tra le ragazze“.
Il problema è che ragazzi e ragazze con malattie mentali si sentono soli e provano spesso vergogna, evitando di parlare con familiari o coetanei del loro malessere:
“giudizio e pregiudizio sono due concetti sui quali spesso, in Italia, si fonda la paura di un consulto psichiatrico. I disturbi dell’umore, soprattutto in fase adolescenziale, sono dominati dalla paura del giudizio, che si articola in un giudizio interiore, che il giovane prova verso sé stesso, e in un giudizio esteriore, legato al contesto familiare e sociale.
Dobbiamo imparare ad ascoltare i ragazzi, insegnando loro a non vergognarsi”, dice Sani, mentre Vicari lancia una ‘call’ collettiva: “Ad oggi purtroppo in Italia c’è una scarsa cultura sulla Salute Mentale e il tema è ancora molto ignorato. Questi antichi pregiudizi possono essere superati solo con un’adeguata politica a supporto della Salute Mentale, dando tempo alle famiglie di occuparsi dei figli, mettendo i bambini al centro delle nostre agende, valorizzando il lavoro degli insegnanti nelle scuole e creando, sul territorio e nelle comunità, dei luoghi di aggregazione in cui i ragazzi, specialmente quelli con disturbi mentali, possono coltivare relazioni sane”.
Carola Salvato conclude:
“Lavorare su una tematica così rilevante è stato per noi tutti una straordinaria occasione per mettere a disposizione la nostra professionalità per un fine più grande. Il Paese e le Istituzioni, a cominciare dalla scuola, hanno il dovere di occuparsi dei giovani e della loro salute mentale. L’adolescenza non è, infatti, solo una fase di transizione tra infanzia ed età adulta, ma uno spazio vitale di sperimentazione, apprendimento e confronto ispirazionale con il mondo degli adulti, in cui vengono delineate molte delle decisioni che definiranno e, vincoleranno, il loro futuro. E se non interveniamo al più presto, è in pericolo non solo il loro futuro di un’intera generazione, ma anche il nostro”.