Ecco cos’è Molto molto tanto bene di Caterina Bonvicini. Una storia di volti, di nomi, di gambe che corrono e braccia che prendono. Una storia piena di voci, a volte urla, in alcuni casi mormorii. Su una nave Ong, a dirla tutta, non c’è mai un vero e proprio silenzio: prima il vento, poi il rumore del motore, infine il vociare dei naufraghi. E, sì, con questa nuova uscita Einaudi siamo di fronte a una storia che nasce per mare e, dopo, si ancora sulla terra. Tutto inizia nel Mediterraneo. Lì dove ogni cosa è una questione di priorità e bisogna muoversi in fretta. 

Cosa racconta “Molto molto tanto bene”

Gennaio 2020. Durante un soccorso Caterina incontra Amy, una bambina ivoriana che dice di avere cinque anni. E lì scatta qualcosa: il tempo rallenta e i loro occhi si incrociano. Pur sapendo bene quanto sia importante mantenere un certo distacco per operare in determinate condizioni, Caterina questa volta non riesce. Questa volta c’è qualcosa di diverso. Questa volta è nato un amore. Ecco che prende il via una piccola epopea, un’Odissea in più atti: il trasferimento in un Cara, la ricerca del gemello Bubà, le pratiche burocratiche necessarie per dar loro una vita migliore.

Una continua corsa a ostacoli, come la definisce l’autrice stessa. Un puzzle che si compone pezzo per pezzo e che risuona di uno strano eco, un rimbombo lungo vent’anni. Quella volta in cui Caterina aveva una figlia e, poi, di colpo non più. Insieme per sempre dicono i bambini, ma sarà vero? Cate riuscirà a salvarli? A far veder loro l’altra faccia del Mediterraneo? Quanto dipende da lei e quanto dalla loro madre Chantal?

“È proprio questo che mi fa impazzire di rabbia. Perché io lo posso fare e loro no? Perché noi possiamo prendere un aereo e andare dove vogliamo e questi qui devono pagare il quadruplo per trovarsi su una barca su cui io non salirei neanche per raggiungere una boa davanti alla spiaggia?”.

Una storia vera che lascia il segno

Forse è vero che non si può salvare chi non vuole essere salvato. E, forse, è ancor più vero che provare a comprendere l’altrǝ resta il più grande mistero dell’umanità. Ecco perché questa storia non può non colpire dritta al cuore. Perché ci vuole coraggio nell’inventare un legame che sfida ogni costrutto sociale, ma ci vuole anche una certa apertura mentale per capire quanto sia importante non imporre il proprio punto di vista, vedere le cose da un’altra prospettiva, ricordarsi che lo sguardo occidentale non è né l’unico né il più giusto.

Caterina Bonvicini si è imbarcata diverse volte provando a sfidare il Mediterraneo e le sue regole. In questo libro, pur cambiando i nomi e romanzando parte dei fatti per questioni di privacy, ci restituisce la sua esperienza e, sì, ci ritroviamo anche noi con le spalle al muro di fronte a qualcosa di tremendamente più grande.

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