“No other land”, il documentario che ci chiama in causa
"No other land", un documentario in questi al giorni al cinema, riprese amatoriali di due attivisti, uno israeliano e l’altro palestinese.
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"No other land", un documentario in questi al giorni al cinema, riprese amatoriali di due attivisti, uno israeliano e l’altro palestinese.
“ La libertà non è star sopra un albero non è neanche il volo di un moscone… La libertà non è uno spazio libero: la libertà è partecipazione!” (G.Gaber)
In questi giorni nelle sale cinematografiche è in programma No other land, un documentario necessario, costituito da riprese amatoriali di due attivisti, uno israeliano e l’altro palestinese, che documentano dal 2019 al 2023, i tentativi del governo israeliano di cancellare Masafer Yatta, un insieme di una ventina di villaggi nella Cisgiordania. Sulle cartine esiste da centinaia d’anni. La zona dell’insediamnto è così antica da conservare ancora delle grotte, dove gli sfollati sono costretti a tornare ad abitare dopo la distruzione delle loro case.
Gli usurpatori affermano che i villaggi siano abusivi e le case occupino un’area militare destinata all’addestramento dei soldati israeliani.
I due operatori sono Basel Adra nato nel ‘96 da una famiglia di attivisti palestinesi e Yuval Abraham, un giornalista israeliano. Hanno entrambi lo stesso obiettivo: documentare, anche se si trovano su due rive opposte del fronte.
Il documentario testimonia che la violenza, l’arroganza e i soprusi crescono mese dopo mese. È veramente impressionante l’accanimento e l’indifferenza dei soldati contro la popolazione inerme, che manifesta pacificamente i propri diritti a vivere lì. Arresti indiscriminati, pestaggi e anche ferimenti mortali. Si vedono anche i coloni israeliani, che vivono nelle zone limitrofe, usare le armi per invadere ed uccidere impunemente chi si oppone allo sgombro. Mascherati vigliaccamente e protetti dall’esercito.
Tutti questi filmati negli anni sono stati messi in rete, visualizzati da molte persone che si commuovono, ma non succede mai nulla a difesa delle vittime. Questa è la riflessione amara di Basel che continua la sua lotta pacifica. Lui è un giovane palestinese brillante, laureato, privato del diritto di costruirsi un futuro, a cui viene negata ogni libertà. Si confronta con Abraham e si sente stremato. Anche Abraham confrontandosi con il suo amico, ammette di sentirsi schiacciato dalla situazione. Si sente in difficoltà per la sua appartenenza religiosa. Ma qui di religioso c’è ben poco.
Mentre le immagini scorrono ogni spettatore è sollecitato a riflettere ad immedesimarsi nelle situazioni che i due amici vivono.
I video suscitano riflessioni e domande: come si può pensare che la violenza porti al successo? Come sostenere decisioni così radicali che portano alla distruzione di una comunità ? E cosa succede nella testa di un bambino che vede distruggere la propria scuola e la propria casa da soldati armati fino ai denti ? A cui chiudono il pozzo dell’acqua con una colata di cemento, reclamando la proprietà dell’acqua stessa, non dare il tempo di portare via nulla e schiacciare tutto con le ruspe: case, gabinetti, pollai con tutti gli animal. Come crescerà?
Il contrasto fra la gente inerme, povera, accogliente e l’arroganza del potere israeliano, rappresentato da soldati ed esecutori, fa adirare ognuno di noi ma
Come pensare che tanta violenza e provocazione non alimenti il sentimento di vendetta di gruppi armati? E non porti ad una escalation ?
Vi suggerisco di andare a vedere questo film, sostenere la causa della libertà di esistere di un popolo. Per loro e per noi. Un unico popolo fatto di persone di diritto.
Per chi volesse approfondire suggerisco la lettura di Il muro tra Israele e Palestina: “ci sarà mai la pace?”
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