Una cosa è certa: il coprifuoco non vale per tutto il sistema solare. Il 18 febbraio alle ore 21.55 abbiamo tutti viaggiato in direzione Marte e (dopo sette minuti di terrore puro) siamo anche atterrati.

È la stagione d’oro delle donne, non solo in politica ma anche nello Spazio. Dopo il bando dell’Esa più inclusivo per selezionare nuovi cosmonauti, ora c’è il gruppo di ricerca di 13 scienziati, che dovranno stabilire se c’è vita su Marte. Nel team c’è anche la prima scienziata italiana, direttamente selezionata dalla Nasa: si chiama Teresa Fornaro ed è ricercatrice dell’Inaf.

Sebbene si dica che gli uomini vengono da Marte le donne da Venere, di donne sul Pianeta Rosso (almeno nei film hollywoodiani) ce ne sono già state parecchie: da Connie Nielsen in Mission to Mars del 2000 a Janet Montgomey in Lo spazio che ci unisce del 2017, per non parlare di quelle, come Jennifer Lawrence in Passengers del 2016, inviate a colonizzare nuovi pianeti. Del resto, su Marte un’impronta femminile c’è sin da quando è iniziata l’esplorazione umana del Pianeta Rosso: da Carol Stoker, ricercatrice che si occupa dei robot alla ricerca della vita su Marte, a Donna Shirley, ex manager del progetto Marte al Jet Propulsion Lab della Nasa, fino a Heather Archuletta, utilizzata come cavia in un esperimento. Le loro storie, assieme a quelle di tutte le altre donne che hanno contribuito e stanno contribuendo a raggiungere l’obiettivo-Marte, sono raccontate nel progetto Madame Mars, un film/documentario per educare, ispirare e motivare la prossima generazione di marziani, in particolar modo le ragazze e le giovani donne che sperano di poter diventare scienziati spaziali ed esploratrici spaziali.

La coincidenza, inoltre, vuole che sia stata proprio un’impresa dal nome Mars ad organizzare un programma di accelerazione per le donne, nel contesto del loro Piano per la sostenibilità nell’arco di una generazione che punta a sbloccare nuove possibilità per le donne presenti negli ambienti di lavoro, nei mercati e nelle filiere produttive. Quando tutto torna.

Poi c’è chi una donna su Marte l’ha già vista davvero. Lo stimolo nasce da una delle tante immagini mandate da Curiosity, il rover atterrato su Marte nel 2012, e messe al setaccio dai cercatori di UFO e vite aliene. Qui il video della misteriosa marziana. Ma invece di ostinarci a vedere donne dove non ce ne sono, perché non ci soffermiamo a vedere quelle che ci sono, con certezza? Lo fa bene il film Il diritto di contare, del 2016, che ha ricevuto tre candidature agli Oscar, tra cui al miglior film, e due ai Golden Globe, tra cui migliore colonna sonora originale. Basato sull’omonimo romanzo di Margot Lee Shetterly racconta la storia della afroamericana Katherine Johnson che, insieme a due colleghe anch’esse afroamericane, collabora con la NASA, sfidando razzismo e sessismo. Un successo spesso ostacolato da tanti pregiudizi, ma che non impedisce loro di passare alla storia per aver tracciato le traiettorie per il Programma Mercury e la missione Apollo 11. È il caso di definirle eroine della Luna o le lunatiche come le chiama Valeria Palumbo, autrice del libro L’epopea delle lunatiche pubblicato nel 2018.

Ma è proprio così, ogni donna è collegata intimamente alla luna, è la rappresentazione di un potere sottile, cosmico, universale, misterioso e mutevole, dalla grande forza creativa. La donna, tramite il suo ciclo mestruale, transita per le diverse energie lunari (luna nuova, luna crescente, luna piena e luna calante) e queste sono a loro volta collegate alle diverse stagioni (primavere, estate, autunno e inverno): proprio come la luna impiega all’incirca 28 giorni per fare un giro completo attorno alla Terra, il ciclo mestruale è di approssimativamente 28 giorni.

Lunatiche, incostanti, isteriche, frustrate: sono solo alcuni aggettivi che vengono utilizzati per descrivere i comportamenti delle donne che abitualmente saltano a piè pari da uno stato emotivo all’altro. Una caratteristica considerata da molti negativa e da sopprimere, spesso proprio dalle donne stesse, ma che Julie Holland, psichiatra newyorkese, invita, al contrario, a considerare un punto di forza. Negli Stati Uniti una donna su quattro fa uso di psicofarmaci, mentre gli uomini che si sottopongono a questo tipo di trattamenti sono solo uno su sette. Una percentuale di casi quasi doppia, quindi, che secondo la psichiatra è influenzata dal modo in cui le case farmaceutiche progettano e promuovono questo tipo di medicinali: li sperimentano sugli uomini e li vendono alle donne, ma l’uso inappropriato di questi medicinali non solo reprime un aspetto fondamentale dell’essere donna, ma può anche avere conseguenze negative sulla salute. Alcuni antidepressivi, ad esempio, possono provocare apatia, interferire con la vita sessuale, inibire la creatività e intorpidire i sentimenti fino anche ad ostacolare un eventuale innamoramento.

Eppure ci sono state donne, come Alva Leeman Reynolds che, nel 1909, sono riuscite a trovare il modo per trasformare attivamente questa instabilità: studiando il movimento delle maree, ha brevettato un sistema per produrre forza motrice dal moto ondoso. Per avere un’idea della potenza di questa energia, basta pensare che in tutto il mondo una marea in solo 12 ore è in grado di smuovere 115 miliardi di tonnellate di acqua.

Che bello essere lunatica.

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