One more time nasce nel 2022, una produzione realizzata in collaborazione con OnePodcast, il fornitore e operatore commerciale è GEDI Digital S.r.l. Disponibile su tutte le piattaforme audio. Gli episodi vengono pubblicati settimanalmente di venerdì in forma audio e successivamente caricati su YouTube come video. L’ideatore e il presentatore del formato è Luca Casadei, persona da mille sfaccettature. Con un lungo passato nell’intrattenimento come manager, è stato tra i primi a riconoscere l’importanza del web e della content creation come opportunità di guadagno.

Introduzione al format

Come già detto, il podcast è fruibile sia in audio che video; secondo la mia opinione, è la seconda versione che rappresenta al meglio il contenuto che Luca Casadei intende creare. Il video si presenta in bianco e nero, due poltrone a tre quarti, una di fianco all’altra, Luca e uno dei tanti personaggi invitati. Da questa condizione di partenza comincia un lungo viaggio nella vita dell’ospite. Le domande di Casadei permettono allo spettatore di addentrarsi in ogni sfaccettatura della vita di colui che racconta.

La forza del podcast e la sua unicità si possono cogliere nel modo in cui l’intervistatore si pone verso l’ospite, quasi come una seduta di psicoterapia, in versione narrativa. Ciò che il format vuole raccontare sono i diversi momenti che hanno formato la persona intervistata, il suo rapporto con la famiglia, il percorso scolastico, lavorativo, le vittorie, le sconfitte, tutto ciò che ha portato oggi quella persona a sedersi sulla poltrona di pelle di fianco a Casadei. Per comprendere appieno le caratteristiche che fanno di One More Time un podcast unico, bisogna analizzare la storia del suo creatore, Luca Casadei, perché è dal suo successo e dai suoi fallimenti che 3 anni fa ha vita questo format.

Chi è Luca Casadei?

Luca Casadei, classe 1976, nasce a Boulogne-Billancourt, alle porte di Parigi. Una volta diplomato, si trasferisce con la famiglia in Italia, in Brianza. Ha iniziato subito a lavorare, come racconta nella sua intervista, e la capacità che maggiormente lo contraddistingueva era vendere. Casadei è stato in grado, già ventenne, di guadagnare 50 milioni di lire al mese grazie alla sua destrezza nel concludere affari nell’ambito della vita notturna. Prima occupandosi della gestione di cubiste per discoteche e successivamente come manager nel campo della televisione e dello spettacolo. In questo ambito rappresentava uno dei talenti più promettenti.

Il tracollo della sua azienda di management è avvenuto a causa del fallimento di una stagione del Grande Fratello, di cui aveva acquisito i diritti commerciali per ogni partecipante del programma. La rinascita è avvenuta in contemporanea al successo che stavano iniziando ad avere le piattaforme di content creator, come YouTube. All’epoca, parliamo del 2009, pochi erano consapevoli delle possibilità economiche che stavano nascendo con questa nuova forma di intrattenimento e Luca Casadei è stato un pioniere in tal senso. È riuscito a chiudere contratti con i maggiori content creator di quegli anni e a portarli a guadagnare cifre milionarie.

Ha creato l’azienda Web Stars Channel, la principale sede dei content creator per quell’epoca, un punto di riferimento per molti personaggi del web oggi noti. Casadei sfruttò al massimo le potenzialità del digitale, con prodotti cinematografici ed editoriali, alcuni di grande successo altri meno. Luca Casadei aveva la capacità di intravedere in un medium le possibilità per costruire nuove fonti di guadagno e la creazione di nuovi mercati.

Nel 2020 fonda la Defhouse, con un investimento di 600 mila euro che già nel 2023 frutta 3,3 milioni di euro. La Defhouse è stata un hub di content creator che ha visto la partecipazione delle più importanti giovani promesse nell’ambito dei social. In questo luogo non solo i ragazzi potevano vivere e costruire la loro passione insieme, ma erano affiancati da professionisti che li accompagnavano nella crescita imprenditoriale. Luca Casadei ha creato un nuovo settore, ha visto nel digitale l’opportunità che aveva già colto in un medium come la televisione. Ha fatto dell’apparire, dell’immagine e della creazione di contenuti un mercato dove le nuove generazioni potessero esprimere il loro potenziale. Strutturando un’Academy all’interno dell’hub, Casadei ha messo in pratica una visione a lungo termine in un mercato estremamente veloce e volatile come quello dei social network.

Il termine Defhouse, nato dalla crasi tra “definitive” e “house” e ispirato a progetti già esistenti in America, si rifà a realtà dove il luogo di lavoro diventa anche spazio ricreativo, abitativo, coniugando business e vita quotidiana. Una prospettiva insolita per l’Italia, dove l’ufficio e la quotidianità sono realtà ben distaccate. Questa concezione di struttura factotum deriva da visioni industriali nate nelle aziende californiane di tech e di intrattenimento del XXI secolo, in cui il lavoro e la vita privata si uniscono. Una prospettiva ampiamente criticata sotto certi punti di vista, di cui si è evidenziata soprattutto l’intenzione di chiudere la vita privata dell’individuo nella bolla del capitalismo.

Il podcast della rinascita, One more Time

Da come si è potuto capire nelle righe precedenti, Luca Casadei è un grande conoscitore della comunicazione, uno stratega di questo settore. Ha sempre lavorato dietro le quinte, facendo suo il successo altrui. Perché ha deciso di esporsi in prima persona e in modo così intimo? Come affermato da lui stesso più volte, One More Time rappresenta per Casadei una forma di terapia, un confronto con le vite delle persone intervistate, da cui prende spunto per dialogare con il suo “Io” interiore, affrontando traumi, paure, fallimenti, ma anche rinascite e successi.

Il dialogo che tiene con l’ospite è di natura fortemente intima, un racconto cronologico di ricordi che partono dall’infanzia e portano al presente. Nella sua intervista personale, dove ha raccontato della sua infanzia e dei traumi che lo hanno forgiato, afferma di aver affrontato un percorso psicologico chiamato il “Metodo Hofman”, un’immersione di 7 giorni in cui si prende contatto con gli eventi più importanti della propria vita, per comprendere gli effetti e le conseguenze che hanno avuto sul proprio essere.

Di Casadei è stata descritta la capacità di empatizzare con la persona intervistata, un potere quasi psicoterapico, ma lui ha sempre precisato di non potersi paragonare a uno psicologo. Questa parte è fondamentale per comprendere il valore e i valori di questo podcast. One More Time è adornato da un’aura sacrale di radice psicologica, che nei nostri giorni ha un valore inestimabile poiché il tema della salute mentale è diventato di ordine quotidiano, entrando nel linguaggio mediale come argomento mainstream, (se volete approfondire questo tema vi lascio il link al mio articolo).

Luca Casadei con il suo savoir-fare, riesce a diventare simbolo di questo tema, creando contenuti che permettono alle persone di rispecchiarsi nella vita raccontata e dando l’impressione al pubblico di essere ascoltato. Ciò che rompe la quarta parete dell’assetto psicoterapico, è la tendenza dell’intervistatore a fare proprio il vissuto dell’intervistato, confrontando la storia dell’ospite con i suoi eventi personali. Diventa quasi un dialogo alla pari. È questo quello che piace al pubblico, approfondire il vissuto di persone che magari conosce solo di fama, avendo così la possibilità di ascoltarle, confrontarsi, ispirarsi. Immedesimarsi in esse consente al pubblico di avere la percezione di entrare in un limbo sconosciuto, in cui domina il silenzio, una pausa dal nervosismo quotidiano, un attimo personale, in cui si conosce l’altro, per conoscere se stessi. Casadei ha creato altri format sul canale di One More Time per discutere con persone non note. Emergono problematiche che gli individui affrontano tutti i giorni, come la ludopatia, la dipendenza da alcol, la tossicodipendenza. Nonostante ciò, il prodotto più fruito è quello dell’intervista a due. La domanda che pongo, che richiederebbe ulteriori approfondimenti, è: se l’ospite fosse una persona sconosciuta al pubblico, avrebbe la stessa presa, lo stesso effetto su chi guarda, la stessa funzione simbolica/archetipica? O siamo relegati a un’immedesimazione solo con persone mediatizzate? In fondo chi svolge il ruolo di intervistato ha una funzione specifica, rappresenta “noi” che abbiamo il desiderio di raccontarci, di liberarci dai pensieri e di godere in modo immaginario dei nostri 15 minuti di celebrità.

Da One More Time Casadei ha estrapolato un libro, prodotto due tour nei teatri, ha raggiunto un pubblico di massa e creato un format che può essere presentato in più modalità. Valutando le criticità di rendere l’approccio pseudo-psicologico del podcast una forma di guadagno, ovvero far passare indirettamente l’intervista per una seduta psicoterapeutica e lucrare sul bisogno delle persone di essere ascoltate, devo anche evidenziare le caratteristiche positive di questo format, che personalmente mi ha permesso di conoscere una nuova modalità di creazione di contenuti vicina al vissuto delle persone. Casadei risulta empaticamente attento e sensibile verso ogni sfumatura umana che viene raccontata, senza mai cadere nel gossip o nella banalità. Tratta gli argomenti con un atteggiamento positivo, spinto da una sana curiosità che contraddistingue anche la posizione del pubblico nell’ascolto delle storie raccontate. Ogni prodotto mediale che nasce in un’epoca capitalista come la nostra ha le sue criticità, bisogna dunque valutarne la portata e non dimenticarsi di mettere in risalto le caratteristiche positive che lo contraddistinguono.

Infine, vi invito a guardare l’intervista di Luca Casadei a One More Time, perché come detto poco fa, per comprendere questo format bisogna conoscere il suo creatore.

Condividi: