“Ma ora tienimi stretto/finché i nostri cuori/come due ombre diventino una sola/ finché questa tremenda attrazione/possa svanire come un vapore/nel sonno che durerà per sempre e forse sogneremo, in quel lungo sonno/che noi non siamo quelli che piangono”

Tutti siamo tutti, a inseguire dentro un filo di perle bianche il nostro destino, come fossimo Arianna dentro un labirinto condiviso.

Ho letto questo libro associandolo più volte ad un breve video di francesi d’altri tempi mentre si scagliano a vicenda palle di neve, clip che nella lunga stasi pandemica ho guardato ripetutamente, un minuscolo capolavoro che sintetizza perfettamente non solo il nostro caos attuale ma anche, più profondamente, il nostro sconcertante spostamento nel tempo. Il filmato girato dai fratelli Lumière a Lione nel 1897, naturalmente in bianco e nero, è stato recentemente colorato e reso più scorrevole, e il risultato è straniante nella sua modernità: il video mostra un gruppo di francesi che si lanciano contro la neve con ferocia, come se si trovassero dentro una grande scena di battaglia, dove i coraggiosi combattenti cadono all’improvviso. Il mio personaggio preferito, e il più simile ai protagonisti di Otto, è un essere umano con una bombetta e un lungo cappotto che svolazza come il mantello di un mago levitante: mentre gli altri combattenti sono più o meno fissi in un posto, la persona nella bombetta copre una quantità sorprendente di spazio, è libero, si aggira con pesante leggerezza, entra ed esce da gruppi di persone, come se galoppasse attraverso la strada della storia, mentre tira tanti colpi, ma meno di quanti ne prenda, e alla fine del film il suo cappotto levitante è coperto da perle bianche di neve, leitmotiv del mio particolare stream of consciousness, come fossero i fori dei proiettili.

Pagine e immagini capaci di divenire il flusso delle nostre coscienze, dentro cui trovare i nostri protagonisti in immagini nitide, dipinti a olio macchiati di fumo, foto di scheletri spauriti in bianco e nero, la sfilata infinita dei nostri antenati che hanno tracciato le nostre strade, le vite decomposte che ci hanno reso possibili. Eppure è difficile, in un arco di tempo così ampio, sentire davvero questa connessione: guardare questa battaglia a palle di neve, leggere di queste persone così vive dentro le pagine della Calandra, è un prezioso dono di prospettiva, noi siamo loro, loro sono noi. Anche noi scompariremo, diventeremo astrazioni che dovranno essere decifrate dalle persone del futuro, consapevoli del fatto che ci muoviamo nel flusso storico e che i momenti vissuti si dissolveranno come la crosta di neve sui baffi, ritrovandoli poi nelle vite di altri noi.

Leggere Otto – Tutti siamo tutti, di Roberta Calandra (Edizionicroce, Collana di Narrativa Ozio Sapiente, 2020), è proprio come entrare in un turbine di legami misteriosi dentro segmenti di eventi, come navigare dentro il corso della nostra storia che è la storia di tutti, lasciando che le vite diano al destino, per usare le parole dell’autrice, ‘la responsabilità di un potenziale ritrovarsi’.

Otto protagonisti, alcuni dei quali ispirati a figure realmente esistite come Olympia De Gouges e Milena di Praga, amica di Kafka (tratteggiata in modo impareggiabile nel libro di Margarete Buber-Neumann), che sembrano essere sempre due, in un caleidoscopio di esistenze che si intersecano lungo tre secoli mescolando l’archè delle loro essenze, dentro binomi eterni e indissolubili: lei e lui, lui e lui, lei e lei, lui e lei; e ancora: ragione e sentimento, vita e morte, libertà e schiavitù, guerra e pace, indipendenza e sottomissione, dolcezza e  brutalità, violenza e giustizia, gioia e dolore, in un trionfo di voli pindarici e ragioni storiche in guerra tra loro, proprio come gli essere umani rappresentati dall’autrice dentro epoche e luoghi diversi.

Otto protagonisti, che si ripiegano dentro l’infinito, in una metamorfosi che ha un comune trait d’union, un filo di perle bianche.
Tutti siamo tutti: nella Parigi rivoluzionaria e fremente, siamo Philippe, disincantato eppure curioso, e Olympia, ribelle e coraggiosa, spiriti anelanti libertà e uguaglianza, schiacciati da terrore e violenza, sospesi tra orgoglio e pregiudizio, cuore e raziocinio; novelli Orlando di woolfiana memoria, diventiamo Gabriel, fragile e romantico, e William, sensuale e inquieto, in un’Inghilterra di inizi ‘800 intrisa di nobiltà e merletti, ipocrisa e vigore, scossa da inquietudini libertarie e moti dell’anima consumati tra campi di battaglia, nostalgie arcadiche e salotti carbonari; e siamo ancora la dolce Greta e la vitale Milena, dentro l’orrore dei campi di concentramento, in una Germania devastata dalla follia disumana e consumata dall’odore nefasto della morte.

Seguire loro e trovare noi stessi, la loro voglia di vivere e la nostra paura di amare, il loro coraggio nel morire e il nostro dolore nel lasciarli andare, ‘come relitti di un sogno che si dissolve’, nel tentativo di ‘impedire che la vita separi ciò che la morte unisce’, mentre piangiamo ‘coloro che gli dei amano a morire giovani”. Spaventati da tanto ardore e violenza, sospesi tra verità storica e favola triste, tra versi di poeti eterni e fuochi mai spenti, insoluti tra amore folle e fuga razionale, eccoci dentro i nostri giorni, tra macerie di torri abbattute e una ‘Roma da bere’ intrisa di malinconia e finzione, con Giacomo, bello e irrequieto, ed Elena, risoluta e triste, densi dei fantasmi del passato di tutti, della stessa rabbia e dello stesso dolore, dello stesso amore e delle stesse paure, dello stesso desiderio di fuga e voglia di fermarsi, assorti ad inseguire la morte per ritrovare finalmente la vita, nel tentativo mai sopito di opporci alla zavorra delle nostre mediocrità, pronta a portarci tutti a galleggiare sulla merda più che andare a picco.

Pagine in cui la letteratura diventa antidoto a un buonsenso e a un conformismo profondamente inumani, pretesto nobile per domande scomode: cos’è essere umani? Su che si fonda il nostro libero arbitrio? E il male è un pozzo nero in fondo a cui c’è un’unica possibile salvezza, l’amore? A che punto è la giustizia e l’uguaglianza rispetto al potere e alla violenza? Qual è il ruolo del singolo di fronte alla comunità, della comunità di fronte al singolo? Per quali sentieri, o strade mai interrotte, passano amore e morte?

Un lungo viaggio epico che si dipana tra realtà e fantasia, portato a picchi di vertigine immaginifica, seguendo un filo di perle e voli di colombe bianche sin dentro il dolore, l’orrore e la morte della nostra storia, dentro dialoghi teatrali tra amanti lucidi e spaventati, talora troppo lunghi e artificiosi, unico limite di questa opera che ha la bellezza di un monumento all’amore e alla vita e il coraggio di un inno alla forza e alla libertà, sempre e nonostante.

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