E’ appena comparsa un’opera street di denuncia a Viterbo, sull’edicola di una chiesa nel centro storico. La notizia è artisticamente rilevante perchè è la prima volta che l’autore, Noone, arriva in Europa, attivo finora solo nel sud-est asiatico e in Sud America.

Non solo. Parliamo di notizia anche da un punto di vista di denuncia e di come l’arte urbana sia spesso capace di arrivare dove non riescono i giornali, i social, i media. L’opera infatti riproduce la controversa figura del cardinale ultra conservatore Pell, recentemente al centro di uno scandalo sulla pedofilia. Clamorosa infatti la sentenza dell’Alta corte australiana che ad aprile lo ha reso libero mentre stava scontando una condanna a 6 anni per pedofilia. Il porporato di 78 anni, ex capo della Segreteria per l’Economia del Vaticano, ha vinto dunque il ricorso e dal carcere di massima sicurezza di Barwon, dove era rinchiuso per le molestie sessuali nei confronti di chierichetti nella cattedrale di Melbourne, 20 anni fa, è tornato a casa.

Noone ha scelto l’Italia vaticana per dire la sua, e forse per spingere l’opinione pubblica ad attenzionare la vicenda (il porporato ha partecipato all’elezione di due papi ed è uno dei consiglieri più stretti di Papa Francesco), emblema, ahimè, di tante altre vicende simili, anche perché ancora si può intentare una causa civile contro Pell: il padre di uno dei ragazzi del suo coro, morto nel 2014 per overdose, progetta infatti di chiedere un risarcimento.

Cathy Kezelman, presidente dell’organizzazione Blue Knot Foundation che sostiene le vittime degli abusi, ha parlato di sentenza devastante: “La pandemia di abusi sessuali sui bambini nell’ambito della Chiesa ha minacciato la sicurezza di milioni di giovani, che diventeranno adulti e costituiranno la fibra morale dell’essere umano. Pell è tornato libero mentre le vittime di aggressione non lo saranno mai, intrappolati nell’orrore dei crimini che hanno annientato la loro vita”.

L’Italia vaticana ma non solo è purtroppo regno e culla di questa piaga sociale che vede in crescita costante le segnalazioni sull’abuso sessuale infantile: secondo il Dossier Abuso sessuale e pedofilia del 2019 di Telefono Azzurro, siamo al 70,5% contro 67,9% del 2018, per non parlare degli abusi sessuali avvenuti in rete, in particolare l’adescamento online (9,6% nel 2019 contro il 6% nel 2018). La maggior parte delle vittime di abuso ha meno di 10 anni (47% dei casi), il 26% è compreso nella fascia di età 11-14 e il 27% ha dai 15 ai 17 anni, mentre il 74% delle vittime sono bambine (nel 2018 erano il 69%). Come nel 2018, il responsabile in più della metà dei casi (62%) è un membro della famiglia.

La letteratura e il grande schermo hanno sempre percepito un fascino riguardo a questa perversione sessuale (disturbo della preferenza sessuale) avente per oggetto neonati e bambini (per gli adolescenti si parla di efebofilia o ebefilia): tra il diluvio di titoli consiglio su tutti Il sospetto di Thomas Vinterberg (2012), premio per la migliore interpretazione maschile al Festival di Cannes, Festen, dello stesso regista (1998), vincitore del premio della giuria sempre a Cannes, La bestia nel cuore di Cristina Comencini (2005), nominato per l’Oscar come migliore film straniero, e, per restare in tema, Il caso Spotlight di Tom McCarthy (2015), premiato come miglior film e migliore sceneggiatura originale agli Oscar 2016, che narra il dramma scoperto dal quotidiano The Boston Globe sull’arcivescovo Bernard Fancis Law, accusato di aver coperto molti casi di pedofilia avvenuti in diverse parrocchie (l’inchiesta valse il Premio Pulitzer di pubblico servizio al quotidiano e l’avvio di altre numerose indagini di pedofilia all’interno della Chiesa cattolica).

Anche in carta il tema è ultranavigato, ma consiglio in particolare (a parte i grandi classici come Morte a Venezia di Mann del 1912 o Lolita di Nabokov del 1955) Bruciare tutto di Walter Siti (2017), su un prete pedofilo, e, davvero imperdibile, La bambina che amava troppo i fiammiferi di Gaetanc Soucy (2003): lo ammetto, è forse il mio libro preferito. A proposito, ho scritto anche io un romanzo suspense sul tema: Mia (Castelvecchi).

L’argomento è conturbante per vari motivi abbastanza ovvi ma anche perchè sul piano psichico potrebbe riguardare ciascuno di noi, sia in un verso (vittime in un passato biografico reale o nei rimossi di cui abbiamo solo angoscioso sentore ma anche semplicemente per essere stati oggetto di desiderio perverso), sia nell’altro (il sentimento, le emozioni, le sensazioni verso i bambini sono sempre molto intense e dunque fisiologicamente ambigue, soprattutto quando con loro abbiamo una relazione affettiva stringente). Rileva soffermarsi sul fatto che in ambito psichiatrico la definizione di pedofilia è quella che indica una deviazione della libido e non un comportamento oggettivo: ci sono persone che non attuano condotte illecite pur essendo pedofili oppure abusi su bambini compiuti da individui non affetti da pedofilia.

Tutto è già stato detto, ecco perchè mi soffermerò sulle tesi giustificazioniste, i cui fari terribili sono alcuni famosi intellettuali, fra cui Foucault e Tournier, che hanno esaltato gli amori pedofili, in particolare la pedofilia dolce, con una visione adultizzata dell’infanzia come stagione esistenziale totalmente emancipata dai limiti, dagli obblighi e dalle norme, in cui la naturale polimorfia sessuale non viene soffocata dall’ipocrisia sociale, in nome del libero appagamento del desiderio sessuale. Tali autori si accreditano come mentori dello sviluppo sessuale del bambino e, assumendo una funzione iniziatica, sostengono la liceità dei comportamenti pedofili e auspicano il riconoscimento di una componente genitale nella sessualità infantile. Ovviamente in questi casi il soggetto bambino/a scompare, non viene nemmeno immaginato come colui/colei che pagherà i costi di questa visione adulta e sessualizzata di un’età che invece sessualizzata non è, e che sarà devastata dall’essere stata considerata tale.

Gli intellettuali che sostengono le tesi apparentemente emancipatorie non si soffermano però sul fatto che la loro emancipazione è semplicemente quella dalle proibizioni che ostacolano il potere di un adulto nei confronti di un bambino, il potere che si instaura in una relazione asimmetrica e narcisistica e non certamente innocua (M. Maggi, M. Picozzi, Pedofilia, non chiamatelo amore, Milano, 2003): la pedofilia senza violenze apparenti si basa sulla forza della seduzione narcisistica, la cui portata distruttrice è altrettanto devastante.

Spesso i pedofili dichiarano di essere stati provocati e irretiti nelle maglie della seduzione messa in atto dal bambino, ma ovviamente siamo in presenza di una proiezione, perchè si stanno attribuendo al bambino sentimenti e desideri adulti che il bambino non vive effettivamente. Il problema è che, di fronte a questa visione proiettiva dell’adulto, anche il bambino preferisce ritenersi parte attiva nel determinare l’abuso piuttosto che vittima innocente, perché tale ammissione farebbe crollare l’idealizzazione dell’adulto che per il bambino è figura di riferimento. Per chi volesse approfondire consiglio questo link.

 

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