La vita, a volte, ha la capacità straordinaria, per così dire, di rimescolare le carte. Gli artisti che incontri, tradizionalmente, si muovono dall’età più giovane, freschi esordienti profondamente sinceri e divinamente coraggiosi di pratiche e attività fatte di sperimentazione; poi attraversano l’età matura, caratterizzata da un maggior equilibrio della produzione all’apice della raccolta di parole benevole e generose verso le proprie creazioni, infine concludono nella fase tarda dell’attività e della vita che spesso, e per fortuna, accoglie anche qualche segno d’umanità che lievemente affiora e si discosta dagli anni immuni dalla modestia. Tuttavia esistono altri artisti come Marco Paghera.

Marco Paghera, Pensum, Gaggenau

Artisti instancabili sperimentatori di tecniche e materiali, operosi e capaci, che si beffano del tempo, quando l’inarrestabile suo fluire non solo si dimostra in-capace di lavorare sul loro aspetto, ma non riesce nemmeno a costringerli in una specifica categoria non trovando gli strumenti per renderli riconoscibili attraverso una sola modalità operativa.

«La sua parola-pensiero-peso, in continua evoluzione», come scrive Sabino Maria Frassà, presenta una scultura dove i materiali, seppur eccletticamente fusi, rendono comunque sempre riconoscibile la mano di chi li ha lavorati.

Marco Paghera, Pensum, Gaggenau

Marco Paghera, la personale al Gaggenau a Milano

L’invito è una bella notizia e sono felice di poter incontrare di nuovo Marco Paghera. Si tratta di una personale dal titolo Pensum da Gaggenau a Milano esposizione a cura del raffinato Sabino Maria Frassà che risponde perfettamente alla precisione dell’autore con un’altrettanta precisione espositiva.

Marco Paghera, Pensum, Gaggenau

Marco Paghera mi fu presentato da un caro amico make up artist-education manager, Andrea Troglio, appassionato d’arte, di design e ovviamente di colore. Quando incontrai per la prima volta Marco mi colpì subito la bellezza e l’eleganza di un corpo che sapevo in rapporto costante con il peso della materia in una ricerca che presupponeva la dimensione del proprio fare con fatica. Proprio lei: la fatica, quello

«sforzo materiale fatto per compiere un lavoro, o svolgere una qualsiasi attività, di cui poi si sentirà il peso e la stanchezza». (Treccani – Vocabolario on line).

Marco Paghera, Pensum, Gaggenau

La fatica di cui si lamentava anche il divino artista Michelangelo Buonarroti (Caprese, Arezzo, Toscana, 6 marzo 1475 – Roma, Lazio, 18 febbraio 1564), scrivendo al fratello Buonarroto mentre lavorava a Bologna:

«Sappi che io desidero molto più che non fate voi di tornare presto, perchè sto qua con grandissimo disagio e con fatiche istreme e non attendo a altro che a lavorare e el dì e la notte, e ò durata tanta fatica e duro, che se io n’avessi a rifare un’altra, non crederrei che la vita mi bastassi, perchè è stato una grandissima opera; e se la fussi stata alle mani d’un altro, ci sarebbe capitato male dentro.» Michelagniolo in Bolognia.
(Museo Britannico. Di Bologna, 10 di novembre (1507). LXXII. A Buonarroto di Lodovico di Buonarrota Simoni in Firenze. Data nella bottega di Lorenzo Strozi, Arte di lana, in Porta Rossa.)

Michelangelo fu colui che per raggiungere la verità si mosse con fatica, sfidando la materia per nobilitare l’arte con una disposizione dello spirito alla volontà di potenza affinché rappresentasse ciò che non si vede, ma che esiste. La sfida sulla pietra, come se avesse dovuto spremerla con il lavoro del corpo, in lui divenne processo di sublimazione e di compimento della scultura in un trionfo dello slancio vitale di libertà e responsabilità lungo un percorso che aspiri a un’esistenza come vita attiva, da espandere fino al limite estremo per divenire capolavoro.

Marco Paghera, Pensum, Gaggenau

Eccellenze artistiche: l’homo faber

E dato che mai sazi di vita dovrebbero essere fatti i giorni, Marco Paghera ha accolto senza indugio l’invito a presentare una serie di lavori di ultima produzione nello spazio milanese di Gaggenau un brand di design tedesco; esposizione inserita in un percorso di esplorazione di eccellenze artistiche e del loro saper fare: l’homo faber.

Marco Paghera, Pensum, Gaggenau

Dal testo critico di Sabino Maria Frassà:
«Gaggenau, anche attraverso questa mostra, si fa promotore della materia che si trasforma in arte e pura bellezza grazie al genio umano. Il lavoro di Paghera incarna e condivide con noi questa ricerca della perfezione che arricchisce la nostra vita quotidiana, riuscendo a dare corpo e materia all’invisibilità del pensiero così dirompente e rivoluzionario. […] L’artista combina tecniche tradizionali e industriali per coniugare natura e ingegno umano…».

Marco Paghera, Pensum, Gaggenau

Nello spazio di Milano la relazione tra le opere di Marco Paghera e la geometria essenziale degli elementi di design di Gaggenau, mettono di fronte a chi guarda la possibilità di una concreta riflessione sulla combinazione di opere d’arte con opere di design industriale. Le prime testimoniano, una dopo l’altra, l’artista impegnato ad attraversare la vita con l’alchimia della materia che diviene espressione d’umanità e di rinnovate energie spirituali, le seconde, frutto della maestria artigianale di una lunga tradizione aziendale, sono l’evidenza di produzioni simbolo di innovazione tecnologica. Entrambe raccontano due viaggi che accolgono e rigenerano esperienze.

Marco Paghera, Pensum, Gaggenau

E’ Mistral Accorsi, brand manager di Gaggenau, che mi racconta la movimentata storia produttiva di una azienda nata in un tempo antico e che oggi crea elementi di design per la cucina.

Marco Paghera, Pensum, Gaggenau

Nella scultura di Marco Paghera la fatica ha una dimensione che supera molte misure per la sua assoluta autenticità. In essa l’artista si relaziona con la terra in cui vive, con la pietra che incontra e con cui si scontra per plasmarla e fissare un dialogo seducente che incanta l’occhio più severo. La perfezione nella costruzione dei confini perimetrali di ogni elemento non inciampa nell’errore, non costringe un pensiero, non delimita un sogno: raccoglie un verso.

Le componenti selezionate e lavorate, sono parte di una relazione di sensazioni dove nelle vene della pietra scorre la parola dell’anima come poesia visiva. Le più belle poesie si scrivono sopra le pietre… scrisse Alda Merini in una raccolta intitolata La terra santa uscita per Scheiwiller nel 1984, e più avanti in Ipotenusa d’amore del 1992 uscito per La vita felice di Milano, ne Le pietre (p.67), conclude:

«Ma, a ben pensarci, anche la pietra, con il suo corpo terso e silenzioso, dà il senso dell’immanenza della vita e della sua inflessibilità.
Sì, la vita per il poeta è simile alla pietra del fiume.»

Marco Paghera, Pensum, Gaggenau

Haiku ordinati come atti d’amore in marmo, onice, concetti di coraggio del pensare e del fare, espressi nell’impresa con passionalità, alla ricerca del segreto delle cose nella quiete di una meditazione solitaria che contempla la natura.

L’esito è suggestivo!

Marco Paghera modella piccole unità di materia con le quali costruisce impianti razionali di visioni pure, come lampi che ad ogni bagliore purifichino il mondo, densi di senso sulle superfici e nelle distanze tra le porzioni che separano quegli esercizi di rottura degli schemi e delle aspettative. La sintonia con la natura celebra l’attività artistica come essenziale per vivere e consapevole di un’indagine dell’equilibrio con lo spirito nella propria disciplina estetica; ricerca di un’atmosfera perfetta, perché la vita abbia giorni infiniti.

Marco Paghera

Marco Paghera

Marco Paghera nasce a Montichiari in provincia di Brescia. Dopo il diploma presso il Liceo Artistico Olivieri, approda nell’attività di famiglia che da decenni si occupa di particolari lavorazioni in metallo; qui trova la necessaria condizione di slancio per iniziare le sue prime sperimentazioni nell’ambito della scultura. Nelle sue opere si ritrova la passione per le contaminazioni materiche: egli coniuga e mescola il metallo, l’elemento che più lo rappresenta, al colore, ad inserti in marmo, velluti, legno e altri materiali. Il 2013 è l’anno di svolta e l’artista inizia a maturare il passaggio dalle grandi sculture dinamiche, come la monumentale Oltre, alle  geometriche Introspezioni cerebrali su cui concentra la propria ricerca.
Molte le esposizioni personali e collettive in Italia. Nel 2016 con l’opera Etica e passioni vince il Premio Paratissima – Hit Parade, nel 2018 è finalista al Premio Arte e nel 2019 al Premio Arteam Cup.

Sabino Maria Fassà Direttore Artistico di Cramun

Dal 2014 Sabino Maria Frassà, curatore di Pensun, è il Direttore Artistico di Cramum nato nel 2012. amanutricresci.com/cramum/ – Instagram @cramum – Facebook /cramum. Un progetto no profit che a sua volta promuove una serie di progetti di Corporate Social Responsibility in ambito artistico sostenendo le eccellenze artistiche in Italia e nel Mondo. Il nome Cramum significa crema in Latino, la parte migliore (del latte), riferendosi proprio all’attivo supporto dato ad esposizioni e progetti culturali volti a valorizzare ricercati e selezionati artisti d’arte contemporanea. Tra i numerosi riconoscimenti ottenuti da Cramum vi è la Medaglia del Presidente della Repubblica Italiana consegnata nel 2015.

La pubblicazione delle immagini fotografiche in questo articolo della Rivista Digitale ReWriters è stata autorizzata da Gaggenau BSH Elettrodomestici S.p.A. – Via Marcantonio Colonna, 35 – 20149 Milano.

Pensum – Marco Paghera
A cura di Sabino Maria Frassà
Fino al 20 dicembre 2024
lunedì-venerdì ore 10:00 – 19:00
Gaggenaum DesignElementi Hub
Corso Magenta 2 (cortile interno citofono 33), Milano
Visite aperte al pubblico solo su appuntamento previo contatto e-mail o telefonico.
E-mail: gaggenau@designelementi.it, T. +39 02 29015250 (interno 2)

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