Regina della notte infiamma le stelle. / Quante torce: tutto brucia. / Sono abbagliata, tanto meglio.” Scena V, Cassandra. Dall’adattamento de Le Troiane di J.P. Sartre.
Un fuoco arde dentro di lei. Un fuoco che è rivolta, rivalsa, opposizione. Un fuoco che si staglia contro il fuoco che brucia alle sue spalle. Che brucia la sua città. La sua gente. Il suo passato. Accanto a lei il lamento di Ecuba.
E ancora Cassandra “Non piangere. / I Greci hanno la vittoria; e poi? / Vinta, ardente, umiliata, / la parte migliore è a Troia. In questa pianura i nemici sono caduti / a migliaia. / Era per difendere le loro frontiere / o i baluardi della loro città? / No. Sono morti per niente, all’estero, senza rivedere i loro figli né i loro padri”. Annientati dall’oblio, dal non aver ricevuto degna sepoltura, scomparsi in terra straniera, i vincitori non sono meno vinti dei vinti.

Ed è tra le pagine di Euripide, Sartre e Judith Butler che si innesca la riflessione da cui prende vita la nuova performance di Motus.

Una residenza creativa a L’Arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, iniziata a novembre del 2020. Ancora una residenza il 22 febbraio fino al 14 marzo che preparerà il debutto (incerto tanto quanto incerta è la situazione che stiamo vivendo) in autunno. E nell’attesa, sabato 13 marzo, dalle ore 18 alle 22, un cantiere online aperto al pubblico sul canale Vimeo di Motus Theatre Company, per scoprire il processo di creazione e composizione della nuova pagina dell’universo performativo del gruppo riminese. Il documento video Appunti di lavoro da Tutto Brucia, realizzato da Vladimir Bertozzi e dalla compagnia nelle settimane di lavoro nel teatro del bosco dell’Arboreto, sarà il racconto di questo viaggio, iniziato in un periodo complesso, carico di incertezza, paura del domani, angoscia per il presente. 

Tutto Brucia torna al mito. Dopo il progetto Sirma Antigones, per svelare ancora una volta quanto di universale ci sia in quelle storie remote. Per riportare al centro della riflessione le figure più scomode e attuali della tragedia greca. Passando da J. P. Sartre, da J. Butler e dalla sua considerazione sulla dimensione collettiva del lutto, vissuto come un fatto politico, come un segno di appartenenza, come diritto a essere, ad esistere.

Dopo Antigone, sono ora Andromaca, Cassandra, Ecuba e il coro di donne a rinascere nei corpi esposti di Silvia Calderoni e Stefania Tansini. Donne vinte, per discutere sull’inutilità della guerra, della violenza. Dalle Troiane, spartite come bottino di guerra, alle voci delle schiave di oggi. Donne nel cui dolore si rispecchia spaventosamente la sofferenza del disastro. Ma all’interno delle quali brucia ardente la voglia di rivalsa

ph Vladimir Bertozzi

Le Troiane iniziano da una fine, quella di Troia, distrutta, bruciata. Caduta. E dal terrore delle donne sopravvissute, ignare del destino che le aspetta. Una storia che non ha un plot, uno svolgimento. Perché tutto quello che doveva succedere è già successo.

Da un lato, dunque, il tragediografo greco. Dall’altro il rifacimento sartriano del 1964. Lì, il doloroso lamento delle donne euripidee. Qui, la disperazione rabbiosa delle donne sartriane. Distrutte dall’irragionevolezza della guerra, dalla violenza cieca che, a guerra finita, dopo la distruzione di un mondo, trova ancora il coraggio di accanirsi sul corpo di Astianatte.

Sartre dipingeva un affresco anticolonialista, prendendo posizione contro la guerra in Algeria, critica e autocritica a una presunta, infondata, ignorante guerra di civiltà, di superiorità di qualcuno rispetto a qualcun altro considerato diverso. Ora i Motus rievocano tutte quelle vittime anonime sepolte tra le alghe del Mediterraneo. In Siria. Negli angoli delle strade delle nostre città. Ovunque.

E qui si innesca il riferimento a Judith Butler e al suo saggio Vite precarie. Contro l’uso della violenza in risposta al lutto collettivo. Perché “il punto che mi interessa, – scrive – di fronte all’emergere della violenza globale, è questo: cosa si intende per umano? Quali vite contano in quanto vite? E, da ultimo, cosa rende una vita degna di lutto?”.

Nel progetto su Antigone, la riflessione dei Motus tra la supremazia delle leggi dello stato contro quelle della morale nasceva dalla necessità di dare sepoltura al corpo del fratello, abbandonato come punizione per la sua disobbedienza. Non degno di essere pianto dalla propria sorella. Quella sepoltura negata era l’ultimo atto di annientamento dell’essere di quell’individuo. Perché riconoscergliela sarebbe stato come dare una testimonianza sociale, politica e morale della sua resistenza.

Ora la riflessione sul lutto come dimensione politica, di rivolta, di testimonianza, nasce sulle sponde di una città che brucia, che sia Troia, che si trovi in Algeria, in Vietnam, in Siria. Che sia millenni fa. Decenni fa. Qualche anno fa. Oggi.

Ma c’è sempre Cassandra con quella torcia che arde. Quel fuoco che brucia che non è solo simbolo di un mondo che finisce insieme alla sua era. È anche la speranza di qualcosa che sarà. Quel sacro fuoco che può essere anche vita, speranza, rinascita.

Crediti

Riprese e montaggio Vladimir Bertozzi

Ideazione e regia Enrico Casagrande e Daniela Nicolò
con Silvia Calderoni, Stefania Tansini e R.Y.F. (Francesca Morello) alle musiche e lyrics
ricerca drammaturgica Ilenia Caleo

Direzione tecnica e luci Simona Gallo
Ambienti sonori Demetrio Cecchitelli
Cura dello spazio Francesco Zanuccoli
Scene e costumi in collaborazione con _vvxxii
Video e grafica Vladimir Bertozzi
Produzione Elisa Bartolucci con Francesca Raimondi; organizzazione e logistica Shaila Chenet; promozione Marta Lovato; ufficio stampa comunicattive.it; 

Distribuzione internazionale Lisa Gilardino

Progetto di residenza condiviso da Centro di Residenza Emilia-Romagna (L’arboreto – Teatro Dimora | La Corte Ospitale), Santarcangelo dei Teatri

Produzione Motus con Teatro di Roma, Kunstencentrum Vooruit (BE), altri partner in definizionecon il sostegno di MiC Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna; con la collaborazione di Centro di Residenza Emilia-Romagna (L’arboreto – Teatro Dimora | La Corte Ospitale).

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