Quegli avvoltoi ovunque: intervista a Roberto Serpi
Il 29 e il 30 Settembre presso il Teatro Vascello a Roma "Vautours", testo e regia di Roberto Serpi, oggi con noi.

Il 29 e il 30 Settembre presso il Teatro Vascello a Roma "Vautours", testo e regia di Roberto Serpi, oggi con noi.
Il 29 e il 30 Settembre presso il Teatro Vascello a Roma Vautours testo e regia di Roberto Serpi, oggi con noi. Interpretato e diretto da Sergio Romano, Roberto Serpi, Ivan Zerbinati
luci Luca Bronzo, produzione Fondazione Teatro Due, Parma, vince il Premio Mezz’ore d’Autore 2022.
Chi sono gli avvoltoi di cui parla?
Gli Avvoltoi del testo sono tre esseri umani che in questo caso sono tre uomini ma potrebbero anche essere tre donne, è indifferente. Sono tre “anime” che perdendo il lavoro sono costretti a tentare di recuperarlo. Per farlo escogitano soluzioni che si rivelano goffe ma drammatiche svelando la bestialità istintiva sopita sottopelle. Hanno perso tutto pur non avendo mai avuto nulla. Si battono per riavere quel poco che gli è stato tolto perché il vuoto che si è creato è talmente spaventoso e opprimente da trasformare animali mansueti in rapaci senza pietà.
Quali delle sue esperienze formative sono confluite in questo lavoro di esordio?
Nel testo viene nominata un’azienda generica, che svolge un’attività ignota che può comprendere qualsiasi professione esistente. L’interrogativo rimane aperto per permettere a chi guarda di riconoscere la propria attività lavorativa o di non pensarne nessuna. C’è un Direttore e una Segretaria, non visti. Uno dirige e comanda, l’altra risponde al telefono e filtra i visitatori. Poi ci sono i tre protagonisti della vicenda che ricoprono mansioni non specificate. Non è importante quello che fanno, forse perché in fondo lì dentro, in Azienda, non interessa a nessuno quello che fai. Scrivendo la prima bozza del testo pensavo alle tante esperienze di sostituzioni lampo a cui mi è capitato di assistere lavorando in teatro. Lo spettacolo deve continuare, se non lo fai tu, lo farà qualcun altro.
Come mai la scelta di una scenografia quasi inesistente?
Per raccontare al meglio questa storia bisogna andare all’osso. Una scenografia costruita anche se fedele nei minimi dettagli mi farebbe pensare alla finzione teatrale. Invece qui non c’è bisogno. Tutto deve essere essenziale, ridotto al minimo, senza nessun inganno. Non facciamo finta di essere da un’altra parte. Siamo lì e questo è già abbastanza.
Come ha selezionato il cast e che corde ha stimolato nei suoi attori?
È molto importante precisare che non sono in nessun modo “i miei attori”. Siamo tre attori e abbiamo deciso di affidarci l’un l’altro in una regia collettiva dove nessuno dei tre domina sugli altri. Gli stimoli principali vengono da alcuni episodi di cronaca nera in cui è evidente la totale assenza di giudizio morale e di etica. Per questo diventano Avvoltoi, i quali hanno occhi inespressivi, non pensano di fare del male, devono soltanto nutrirsi. Il resto non importa e il giudizio lo lasciano a chi guarda da fuori.
Quali memorie di questo sottosuolo riguardano la scena sociale attuale?
Attualmente l’aridità di sentimenti dilaga, in ogni latitudine e longitudine, gli Avvoltoi sono ovunque e fanno il loro nido dove meno te lo aspetti. Sono sull’autobus che non lasciano il posto alle persone anziane, sono i pirati della strada, sono i ladri che ti entrano in casa e sfasciano tutto, sono nel passante che si volta dall’altra parte se hai un malore per strada, nella giovane madre che abbandona il neonato sotto un’auto parcheggiata o peggio lo nasconde in una buca in giardino. Qui invece l’aridità è talmente goffa che fa ridere. Il teatro a volte esorcizza anche i demoni più feroci.