Da che parte c’è il rave stanotte? Hai ricevuto le coordinate? Queste sono domande perpetue di ragazzi di tutti generi ed età, soprattutto giovani, dirigendosi verso i così detti rave o rave party, organizzati tramite social media o gruppi come Whatsapp, comunicando luogo e orario attraverso messaggi criptati e telegrammi.

In tempi di Covid, mentre il governo si preoccupa di politica di sicurezza, nessuna alternativa è stata offerta all’esteso pubblico amante di musica tecno, che si riunisce sin da inizio estate per ballare e incontrarsi in rave illegali, spostando i club dall’interno all’esterno. Per una notte di musica tecno, l’indirizzo non sono più il Berghain, il KitKat Club, che offre stream online da inizio pandemia, o il Watergate di Berlino, ma il Parc di Vincennes di Parigi, sull’Ile de France, o il quartiere intero di Tottenham a Londra e le aree industriali della capitale tedesca. Nel nascondersi dalle forze dell’ordine, gli spazi di svago si sono estesi.

Per non essere rintracciati e per evitare possibili ingombri all’avvenimento dei rave, gli  organizzatori anonimi di questi eventi contattano individuo per individuo attraverso queste piattaforme, fornendo mappe con indicazioni e orari solamente poche ore prima che la notte inizi, in modo da non essere intercettati e boicottati.

In modo occulto, queste sistematiche ricordano quelle usate in guerra. L’obbiettivo è quello di soddisfare il desiderio di una notte di libertà e di incontro tra giovani, un frammento di normalità in città nelle quali questo stile di musica fa parte dell’identità culturale. Dai bunker di Berlino ai parchi di Parigi, la sete dell’individualista che balla in una folla con un drink in mano e il sudore sul corpo non prende in considerazione chi è a capo del suo divertimento.

Anzi, di notte, si incontrano centinaia, migliaia di giovani che camminano verso luoghi isolati, spesso a più di venti minuti dall’ultima stazione di autobus o treno fuori città, in grandi aree industriali in cui gli organizzatori e i partecipanti sperano di non farsi trovare, ritrovandosi tra di loro finché non sorge il sole.

L’attrazione per i rave risale indietro nel tempo fino agli anni ottanta a Chicago, quando c’erano ampi spazi che accoglievano persone di tutte le origini e gli orientamenti sessuali, principalmente come spazi per comunità di colore e gay. Questa diversità si ritrova tutt’ora nel pubblico di oggi, in cui differenze tra origini, età, sesso, e stato sociale si festeggiano. L’incoraggiamento dell’originalità dell’individuo si ritrova attraverso il sapore di un’identità altrui e di uno scambio originale europeo tramite musica, dove ciò che prevale è una passione unica.

La ‘rave culture’ è un elemento essenziale dell’identità di Berlino, che crea un movimento così popolare che si sparge fino ai confini del mondo, ricordando la famosa linea Berlino-Tel Aviv.

Da Berlino, il movimento di rave illegali si sparge fino a Londra e Parigi, pertanto di molte altre capitali europee. Maggiore attrazione proviene da un pubblico di giovani più che adulto, rivelando preoccupazioni e attitudini negazioniste rispetto al virus e ignorando il suo effetto infettivo in gruppi di massa senza mascherine o distanza sociale. Da marzo, tutti i club e discoteche sono rimasti chiusi, ma per alcuni il sentimento di inclusione, e quello di distacco dalla realtà attraverso questo genere di musica, sono superiori ai rischi a cui i rave lli espongono. Il Covid ha reso i rave più popolari che mai, facendo impazzire chi prova a fermarli.

 Questo è l’incanto: l’universalità del suo pubblico, in cui ognuno può esprimere se stesso e incontrare l’altro, condividendo una cultura e una personalità unica alla sua origine, in un contesto di curiosità e scambio, senza giudizio, seguendo una filosofia di accettazione, rilassandosi, a proprio agio in una folla indistinta. Molti sventolano le bandiere del proprio paese, ballando per la loro nazione e rappresentandola in un luogo cosmopolita e alieno a qualunque regola, definito come anarchico. I suoi valori di acconsentimento al tutto in questi luoghi nascosti, spesso underground, non possono essere fermati: mancano all’individuo. 

A Parigi, nel grande parco pubblico di Vincennes e  nell’area nord di Saint-Denis, da quest’estate fino a oggi sono programmati rave a non finire, sempre in luoghi diversi, con musica a tutto volume e migliaia di ragazzi felici di ritrovarsi e abbracciare uno sconosciuto. A Berlino, nei rave dell’Hasenheide, a migliaia urlano che la rave culture fa parte della loro identità, che non sarà un virus a fermarla. A Manchester e a Londra, nei quartieri di Tottenham, migliaia di persone si ritrovano per rave illegali spesso circondati da molta violenza.

La natura umana dimostra il desiderio e il bisogno di questi momenti di rilascio totale, o forse più semplicemente d’incontro, di ritorno alla normalità,  pronta a rischiare la salute e quella degli altri per lo svago di una notte, in uno stato anarchico che finisce all’alba, quando ognuno torna alle proprie abitudini.

Le forze dell’ordine, se interpellate, si trovano in posizioni difficili, dovendo concedere la vittoria alla folla e raggiungendo accordi con il DJ per fissare un orario di fine concerto, accettando la sorte di queste notti, senza poter smuovere centinaia di persone.

Tutto ciò dimostra un bisogno d’inclusione per molti giovani, un bisogno che viene appagato in spazi che offrono accoglienza e multi diversità, in cui la necessità dello svago si sovrappone a norme sociali per tutta Europa. La correlazione tra i rave illegali e i movimenti di negazione del virus sono più che presenti: questo sentimento continua a spargersi. Così si continuerà, chissà per quanto, fino a dove l’individuo sarà pronto a mettersi in pericolo per sentirsi se stesso, sventolando la sua bandiera in una grande folla, in luoghi che forse tra qualche mese non potranno neanche più essere individuati, e diventeranno accessibili solamente al proprio pubblico, ad alto volume nella loro segretezza. Nel frattempo, i luoghi di svago per amanti di techno rimarranno questi.

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