In una relazione tossica (vedi il mio articolo sul narcisismo patologico), un certo uso dei social network può giocare un ruolo terribilmente perverso e aumentare il disagio del co-dipendente, ossia del partner abusato psicologicamente dal manipolatore-seduttore.

Nel mio libro Dove non arriva la privacy. Come creare una cultura della riservatezza affronto la questione come fenomeno sociale nelle sue varie declinazioni. Un libro arrivato dopo mesi di ricerca, a partire da un convegno che ho organizzato alla Camera dei Deputati proprio nella consapevolezza della necessità di sensibilizzare la contemporaneità su alcune problematiche legate all’uso di tecnologia e social network che può arrivare a minare anche l’equilibrio psicologico della singola persona.

In questo articolo analizzerò alcuni comportamenti online di tipo perverso che, se collocati in una relazione malsana o diretti a un partner fragile, possono letteralmente fare ammalare una persona (post-traumatic stress disorder, depressione reattiva, etc). Gli esempi sono molto semplici: il manipolatore (gaslighter o bugiardo patologico, spesso con comportamenti mitomaniaci) può creare account fasulli con cui triangolare, fingere notizie che lo riguardano per attirare l’attenzione della vittima, coinvolgere altri utenti per rafforzare i messaggi che vuole far passare, scomparire, riapparire, e così via. Questa attività manipolatoria attraverso la rete, quando non diventa vero e proprio stalking o hacking, ha nomi ben precisi.

Il ghosting è quando il partner scompare dai social: non ci sono più interazioni, nessun like, nessuna condivisione, nessun commento: è un comportamento tipicamente passivo-aggressivo che, sotto il profilo psicologico, deriva da forme disfunzionali di attaccamento. Di questo tipo di gioco mentale (consciamente o inconsciamente sadico) fa parte anche lo zombieing, ossia l’improvvisa ricomparsa in rete con post indirettamente rivolti alla vittima. Siamo ovviamente nell’ambito della pura violenza psicologica online: il partner subirà shock e stress, materia che al manipolatore serve per acquisire il suo pieno controllo psicologico.

L’orbiting è invece l’azione che il partner mentalmente disturbato crea dopo la fine di una relazione e si basa sul voyeurismo: decide infatti di “rimanere nell’orbita” dell’ex partner, lo osserva, lo spia. Un po’ come in un film di François Truffaut o, citando Ovidio, “Né con te, né senza di te”: l’altro, cioè, non si desidera, ma non si desidera nemmeno che esca completamente dalla propria vita. Il fine dunque è sempre tristemente lo stesso, controllo e manipolazione. In tale fattispecie il soggetto interrompe il rapporto – secondo le modalità del ghosting – ma continua a interagire (esclusivamente nel virtuale e mai direttamente): posta cose che solo la vittima può capire, allude, racconta di sè in modo mitomane e megalomane, continuando con le bugie che, grazie ai social network e alla realtà virtuale, possono essere costruite con maggior facilità (dicevamo, ad esempio attraverso l’uso di account fasulli funzionali all’auto-incensamento e false notizie: luoghi mai visitati, relazioni inesistenti, dialoghi fake, etc) e creare un acme di gaslighting. Siamo al limite del cyberstalking, ma il manipolatore è furbo e anche quando le sue messe in scena sono sciatte, ovvie e banali (profili farlocchi costruiti male, con foto prese dal web, etc), gioca con impostazioni e privacy in modo da non cadere in fallo.

Il movente di questa violenza psicologica on line si basa sul bisogno di confermare, attraverso la vittima, il proprio mondo fantastico e grandioso, l’ideale di sè mitizzato, senza il quale il perverso si sentirebbe una nullità. Ovviamente l’online facilita tutto questo, dato che in una relazione reale prima o poi le bugie vengono fuori. Ecco che in rete tutto diventa per il manipolatore un grande videogioco che lo conferma e lo rifonisce, almeno fino a quando la vittima non cessa di cadere nelle sue trappole…

Una buona lettura è Narcisismo, perversione e social media, di Claudia Sposini, psicologa e psicoterapeuta a indirizzo psicoanalitico, perfezionata in Criminologia Clinica, docente presso Mondadori Education e presso la Fondazione Inuit, Università Tor Vergata all’interno del Master “Criminologia, Cyber Security &digital forensics”.

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