Il centro Anidra è ancora aperto. All’interno ci sono ancora molte persone che vivono appese al filo della volontà del guru che lo gestisce. Esattamente come, per dodici anni, aveva vissuto Roberta Repetto: una giovane donna dinamica, colta, curiosa, intelligente e positiva, caduta in una rete da cui è uscita, grazie alla forza dei suoi famigliari, quando era ormai troppo tardi: a poche ore da una morte dolorosa e ingiusta, dopo settimane di agonia, passate a chiedere invano aiuto ai suoi aguzzini.

Roberta Repetto è la donna morta per le conseguenze dell’asportazione di un neo sul tavolo della cucina del centro Anidra che, dietro l’apparenza di un innocuo istituto olistico, nascondeva un inferno, quello di una vera e propria psico setta su cui ora, dopo la tragedia di Roberta, indaga la magistratura già arrivata a una sentenza di primo grado.

A raccontare a Save the Woman questa dolorosa storia, che è una delle troppe, terribili vicende di violenze ed abusi di cui sono vittime persone irretite, è la sorella di Roberta, Rita Repetto, che oggi combatte in prima linea la battaglia perché sia fatta giustizia per sua sorella e per la sua famiglia, e perché una tragedia simile non debba più ripetersi.

“Più persone sanno cosa è successo a mia sorella, più c’è la possibilità che raccontare la sua storia sia utile, possa essere di aiuto a chi si trova in situazioni simili”. Spiega Rita, che racconta a cuore aperto chi era sua sorella Roberta e come è finita nell’incubo che poi l’ha portata alla morte.

“Mia sorella era una ragazza intelligente, brillante, ricca di talenti: era laureata, aveva una sua agenzia immobiliare, ma anche una sua attività yoga, illustrava libri per bambini, cucinava, cuciva, lavorava la ceramica, insomma era un vulcano di energie e idee. Era una donna apparentemente molto forte ma in realtà fragile, fragile come siamo tutti in un momento o in un altro della nostra vita. La sua più grande sfortuna è stata quella di aver incontrato chi di questo momento di fragilità si è approfittato, ossia Paolo Bendinelli, il guru del centro Anidra, condannato per omicidio colposo di Roberta con la sentenza di primo grado del 23 settembre scorso, insieme a Paolo Oneda, dirigente medico dell’ospedale di Manerbio, colpevole di averle tolto un neo su un tavolo della cucina di questo centro olistico senza istologico né anestesia. Questo neo si è poi rivelato un melanoma che ha devastato il corpo di mia sorella attraverso molte metastasi e l’ha portata alla morte dopo due anni da quell’operazione”.

Rita Repetto racconta di quanto abbia lottato per portare la sorella, sofferente e ormai in fin di vita in ospedale, della sua strenua resistenza nel non voler lasciare il centro Anidra. Quel centro che lei credeva ormai la sua casa, ma che era in realtà la sua prigione, luogo di sofferenze dietro la facciata del centro olistico, il bel casale immerso nel verde della campagna di Chiavari, le attività di bed and breakfast, la fattoria didattica per i bambini, la location romantica per matrimoni nella natura.

Tutto questo a coprire un incubo che i famigliari di Roberta scoprono solo dopo la sua morte, aprendo diari, chat, profili social e seguendo ogni traccia di quello che si rivelerà presto il racconto di dolori subiti per anni, come ci racconta Rita:

“Come sostengono le indagini del pubblico ministero e le perizie dell’accusa, mia sorella ha subito in quel centro tecniche di manipolazione mentale: plagiata, sottoposta a turni massacranti di lavoro, ma anche a pratiche improprie imposte come esercizi di purificazione.

Il tutto mentre lei continuava ad esprimere fiducia verso quelle persone, ormai completamente nelle loro mani. Nel caso del neo è stata portata a credere che quell’operazione, che poi ne ha causato la morte, fosse necessaria per il suo percorso di illuminazione, di crescita, per espiare delle colpe che aveva accumulato nella sua vita. Per cancellare qualcosa di impuro che aveva fatto nel passato.

Allucinante è stato il momento dell’operazione, ma allucinanti sono stati anche i due anni successivi, in cui mia sorella ha lanciato continue richieste d’aiuto a questi due personaggi, il guru Bendinelli e il dottor Oneda.

Noi abbiamo scoperto tutto ciò post mortem, leggendo le sue mail, i suoi messaggi, i suoi diari in cui raccontava e chiedeva aiuto per i dolori che stava soffrendo. Loro erano informati di tutte le sue sofferenze, ma queste sofferenze nelle loro risposte erano considerate positive forme di purificazione, e i rimedi suggeriti erano folli: succo di limone sul neo sanguinante, lampade di sale e altre misure ridicole”.

Rita Repetto e i suoi famigliari, dopo la sentenza di primo grado stanno portando ancora avanti la loro battaglia in tribunale, e nel frattempo, purtroppo, alla luce di quello che è stato evidenziato dalle indagini della procura, hanno preso coscienza dei meccanismi che hanno annientato la vita di Roberta, del modo in cui realtà come quella in cui era finita la donna riescono a fare presa anche su persone apparentemente forti, sicure, intelligenti, brillanti, piene di vita. Insospettabili insomma.

La battaglia della famiglia Repetto è oggi soprattutto quella di mettere in guardia su un pericolo così oscuro e difficile da decifrare per chi non passa attraverso questa dolorosa esperienza. Spiega Rita a Save the Woman:

“Quello che è successo a mia sorella può succedere a tutti, perché a tutti capita di attraversare momenti di fragilità: una malattia, un lutto, una separazione. Mia sorella è entrata in contatto con queste persone in un momento di fatica con l’allora fidanzato e semplicemente si è fidata di chi le prometteva di aiutarla a risolvere i suoi problemi di coppia. Si è sentita subito ben voluta e accolta in un ambiente che le piaceva, immerso nel verde, dove si praticavano le discipline olistiche. Questi personaggi le si sono presentati come sorridenti e accoglienti, come descritto dai documenti della procura, in una prima fase hanno puntato sul love bombing, facendo sentire mia sorella prima di tutto protetta, valorizzata nei suoi talenti, apprezzata, compresa. Dal momento in cui tutta questa attenzione e affetto le ha fatto abbassare la guardia è iniziata la manipolazione vera e propria.

 Io all’epoca non avevo gli strumenti per capire, anche se mi ero accorta che lei era cambiata: saltava i compleanni di famiglia, era molto assente, dava risposte evasive: i segnali c’erano ma io non avevo gli strumenti per decodificarli. Ora che ce l’ho sto cercando di condividerli, anche tramite il web e i social, nella speranza di aiutare altre persone che si trovino in quella stessa situazione.

Per noi era difficile intervenire e anche solo capire, anche perché lei era una donna adulta, quarantenne, intelligente, sempre equilibrata, quindi quando abbiamo iniziato a notarne i cambiamenti non sapevamo esattamente come leggere la situazione. Siamo anche andati al centro Anidra per vedere questo posto in cui Roberta aveva scelto di passare tanto tempo, e lì ci siamo trovati davanti persone affabili, sorridenti ed accoglienti, un centro immerso nel verde con agriturismo, fattoria didattica, mai avremmo potuto immaginare quello che c’era dietro quella facciata, secondo l’impianto d’accusa. Un incubo per il quale ora vogliamo giustizia e che più persone possibile devono conoscere, per evitare che altre famiglie passino quello che stiamo passando noi”.

Love bombing,
un podcast per capire e difendersi

La storia di Roberta Repetto è agghiacciante ma, come fa Rita, va raccontata perché non c’è niente di più prezioso delle testimonianze per evitare che situazioni come la sua si ripetano.

Per conoscere tecniche, rischi e meccanismi di chi si avvicina alle proprie prede che attraversano un momento di fragilità, per poi irretirle, consigliamo di ascoltare il podcast Love Bombing di Roberta Lippi, prodotto da Storie Libere fm, in cui l’autrice raccoglie testimonianze, intervista esperti e aiuta a riconoscere e capire rischi che rimangono difficilmente riconoscibili, spesso fino al momento in cui è troppo tardi per salvarsi.

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