L’uomo ha scoperto molte cose, ma non sé stesso, da solo si è chiamato “Homo Sapiens”, ma la validità di questo autobattesimo non è stata confermata. Deponete l’arroganza umana, riconoscete la verità su voi stessi e sulla vostra origine, modificate i vostri obiettivi di conseguenza, e date nuovi scopi alla vostra vita prima che sia troppo tardi.
Sono passati 53 anni da quando è apparsa questa scritta nel Monastero di Tsin san, in Cina, ad opera di Oscar Kiss Maerth, un convinto assertore della nostra discendenza da scimmie cannibali. Da allora l’essere umano ha fatto ulteriori passi da gigante, letteralmente.
Un gigante la cui impronta è sempre più devastante ed indelebile, anche se Madre Natura, nonostante la sua vegliarda età di 4 miliardi e mezzo di anni in cui ha visto passare ben altri giganti presuntuosi, avrà comunque la forza di cancellare, anche se ci metterà un bel po’.
Un gigante che soprattutto in questi ultimi mesi di pandemia è in uno stato di confusione mentale perché si sta lentamente accorgendo di essersi spinto un po’ oltre…
Per questo sto cercando di entrare nella sua testa. E’ lui che decide? E’ lui che sbaglia? Io sono soltanto una piccola cellula insignificante che pretende di spingerlo in una direzione opposta, verso la semplicità, la sobrietà, la consapevolezza dei propri limiti e degli errori commessi. Verso una meta rassicurante che garantisca una vita dignitosa per ogni altra cellula di questo corpo mastodontico che ha bisogno di evacuare una mole crescente di brutture.
Se si ha la pazienza di seguire in inglese l’ultimo docufilm prodotto da Michael Moore e diretto da Jeff Gibbs, Planet of the Humans, ci si fa una pessima idea sul mito della Green Economy che passa come ennesima chimera realizzata certo per affrancarci dai combustibili fossili, ma che dietro le quinte intacca in modo implacabile altre risorse preziose e limitate. Mentre il concetto di rinnovabile si può applicare al sole, al vento e alla crescita vegetale, di certo non si possono considerare indistruttibili le infrastrutture atte a produrre questa nuova energia: elementi come quarzo, cobalto, silicio, litio, rame e tanti altri vengono voracemente estratti per produrre in gran qualtità pannelli solari, pale eoliche, inverter e batterie. Per non parlare delle enormi piantagioni estensive considerate biomasse da bruciare. Pur di mantenere intaccata la nostra mentalità energivora si continua ad esalare allegramente sempre più CO2 e a tagliare il ramo su cui l’umanità si è appollaiata nel suo avulso benessere materiale.
Il progresso, da sempre alleato con la tecnologia si nutre delle speranze per un futuro migliore, non accetta che il suo inesorabile cammino sia intralciato da teorie urticanti come quelle che invitano ad un processo di decrescita, che sarebbe forse l’unica idea sensata. Guardando questo film si ha la netta sensazione che la gente ha delle idee completamente diverse sulla possibilità di durata della nostra specie ma che anche il mondo ambientalista è fondamentalmente diviso tra progressisti e conservatori, tra fautori della regulation e fan della deregulation, tra attivisti e deleganti. Così come in passato si sono frammentati i movimenti che hanno spinto il progresso verso un’equità sociale anche questa spinta verso un mondo più sostenibile è costellata da forze divergenti.
Ma in piena notte, visto il gran caldo opprimente, il gigante si risvegliò e cominciò a piantare querce, gelsi, castagni, ciliegi circondandoli di noccioli, albicocchi, nespoli, fichi e di piante cespugliose e arbustive come lamponi, more, mirtilli, lasciando ampie radure in mezzo per seminare e mettere a dimora tutte le piante orticole che gli venivano in mente, dalle più alte alle più basse per dare luce a tutte. Poi venne il turno dei rampicanti come kiwi, uva, piselli e fagioli direttamente inseriti tra gli alberi e tante altre specie non commestibili con una funzione esclusivamente di supporto, per equilibrare la struttura e arricchire il terreno di sostanze utili alle piante produttive. Infine costruì delle strutture mobili per ospitarci le galline e un laghetto popolato di pesci e anatre, il tutto per arricchire ulteriormente il suolo. Potrebbe non essere un sogno di mezza estate ma il primo passo per realizzare una food forest o bosco commestibile, da lasciare in usufrutto ai nostri figli.