Da quarant’anni il Romaeuropa Festival rappresenta uno degli appuntamenti più vitali e trasversali della scena culturale italiana. Nato nel 1986 come piattaforma di scambio tra le arti performative contemporanee, il festival è oggi un laboratorio vivo dove teatro, danza, musica e arti digitali si incontrano in un continuo attraversamento di linguaggi. È un luogo in cui la sperimentazione incontra la memoria, dove l’avanguardia non rinnega la tradizione ma la reinventa, interrogando con forza il nostro presente.

In questa cornice, la collaborazione con La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello continua a farsi motore di creazioni che esplorano i limiti dell’esperienza umana e artistica. Dopo i successi degli anni passati, il Vascello accoglie quest’anno, dal 12 al 16 novembre 2025, la prima nazionale di OLTRE. Come 16+29 persone hanno attraversato il disastro delle Ande, il nuovo lavoro di Fabiana Iacozzilli, una delle voci più riconoscibili e poetiche del teatro italiano contemporaneo.

OLTRE: la sopravvivenza come atto estremo e spirituale

Lo spettacolo prende spunto da uno degli episodi più sconvolgenti e discussi del Novecento: il disastro aereo delle Ande del 1972, in cui un aereo uruguaiano si schiantò durante un volo verso il Cile. Dei 45 passeggeri, solo 16 riuscirono a sopravvivere dopo 72 giorni di isolamento tra neve e silenzio assoluto, spinti a un gesto di disperazione estrema: nutrirsi dei corpi dei compagni morti per non morire a loro volta.

Il cannibalismo dei sopravvissuti – che all’epoca scandalizzò il mondo – diventa, nelle mani di Iacozzilli, non un fatto di cronaca morbosa, ma una metafora della condizione umana, un varco tra il corpo e lo spirito. Il gesto impensabile si trasforma in un atto di amore e sopravvivenza, di pietà e dolore, dove la carne smette di essere solo materia e diventa legame, memoria, sacrificio.

Con la drammaturgia di Linda Dalisi, le scene di Paola Villani e un cast di sette performer affiancati da puppets ispirati alle sculture di Giacometti, OLTRE costruisce un teatro della soglia: corpi scheletrici, fragili, in dissolvenza tra vita e morte. Le marionette diventano prolungamenti dell’umano, figure sospese che restituiscono la disumanizzazione e la trascendenza di quei giorni sulle Ande.

La fusoliera del velivolo, epicentro della tragedia, è al tempo stesso tomba e ventre materno, simbolo di morte e di rinascita. La neve, il bianco, il gelo si fanno paesaggio interiore: l’essere umano, ridotto all’essenziale, scopre una spiritualità che nasce proprio nel momento della massima perdita.

Dal film alla scena: due chiavi di lettura

La storia dei sopravvissuti delle Ande è già entrata nell’immaginario collettivo grazie al celebre film Alive – Sopravvissuti (1993) di Frank Marshall, tratto dal libro di Piers Paul Read. In quella versione cinematografica, la vicenda veniva raccontata in chiave eroica, quasi epica: il coraggio, la fede, la fratellanza erano i motori narrativi di un racconto di riscatto e di speranza, in cui il cannibalismo veniva ridotto a necessità drammatica ma purificata.

Fabiana Iacozzilli sceglie invece una prospettiva radicalmente diversa. Il suo OLTRE non cerca l’eroismo, ma la complessità morale e psicologica di una vicenda “prismatica”, come la definisce la stessa Dalisi. Non ci sono vincitori, né santi, né martiri. C’è solo la fragilità dell’essere umano di fronte all’inconcepibile.

Lo spettacolo non ricostruisce, ma interroga: cosa ci attira in questa storia? Perché da cinquant’anni continuiamo a volerla raccontare?

La risposta, forse, è che in essa vediamo riflesso il limite stesso dell’umano – la soglia in cui l’istinto si fonde con la spiritualità, dove la fame si confonde con l’amore, dove la sopravvivenza si paga con la memoria dei propri morti.

Un teatro che scava nell’anima

Con OLTRE, Iacozzilli conferma la sua capacità di intrecciare documentazione, visione e rito teatrale. Dopo aver incontrato personalmente i sopravvissuti e i familiari delle vittime a Montevideo, la regista restituisce non solo la cronaca, ma l’eco delle loro voci, la materia viva dei ricordi. È un lavoro che si muove tra testimonianza e metafisica, dove il teatro di figura si mescola al teatro della parola per aprire domande sul dolore, la colpa, l’amore e la fede.

Come dice la stessa regista: “È una storia piena d’amore, in cui dei figli cercano di tornare dai loro padri, e dei padri che vogliono solo riavere i corpi dei propri figli. È la storia di chi, non conoscendo la neve, ha saputo immaginare un modo per attraversarla.”

INFO

Teatro Vascello, Roma

Dal 12 al 16 novembre 2025 (debutto nazionale)

Una produzione Teatro Stabile dell’Umbria, in coproduzione con Cranpi, La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello, con il sostegno di Romaeuropa Festival

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