La qualità della vita nel sud, più nello specifico in Sardegna, tra autonomia quotidiana e benessere psicofisico, mostra un quadro complesso fatto di luci e ombre. Lo rivela il 13° Rapporto “Crea” dell’Università di Roma Tor Vergata, che analizza il livello di salute percepito e reale nelle regioni italiane, basandosi su cinque parametri chiave: capacità di svolgere attività quotidiane, cura di sé, presenza di ansia o depressione, dolore fisico e autonomia nei movimenti.

Lo studio

Secondo lo studio, condotto con il supporto di 107 esperti del Servizio Sanitario Nazionale, la Sardegna si colloca al decimo posto nella classifica nazionale, ma al primo posto nelle regioni del Mezzogiorno. Con una performance pari al 40% rispetto al valore massimo, l’isola supera molte regioni del Sud e si pone a metà tra eccellenze e fragilità.

Il Trentino-Alto Adige guida la classifica per qualità della vita collegata alla salute, seguito da Abruzzo/Molise e Friuli Venezia Giulia. Veneto e provincia autonoma di Trento ottengono le migliori performance sanitarie (55% e 50% rispettivamente), mentre fanalini di coda sono Calabria, Sicilia e Basilicata. Ma, come sottolinea la coordinatrice scientifica dello studio, Daniela d’Angela, la qualità della vita non coincide sempre con l’efficienza del sistema sanitario. A influenzarla sono anche fattori culturali, ambientali, sociali e legati agli stili di vita.

La salute tra Nord e Sud

Il report suddivide le regioni in quattro gruppi. La Sardegna è nel terzo, insieme a Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo e Molise. In fondo alla classifica, sotto il 33%, troviamo Puglia, Campania, Sicilia, Basilicata e Calabria. Questa classificazione riflette una persistente disparità Nord-Sud, anche se con segnali incoraggianti di recupero da parte delle regioni meridionali.

In Sardegna, alcune voci restano critiche. Il disagio economico legato alle spese sanitarie è superiore alla media nazionale, e preoccupano anche i dati su stili di vita poco salutari, bassa adesione alla prevenzione e limitata assistenza domiciliare agli anziani. Anche la speranza di vita in buona salute è sotto la media.

Le note positive

Tuttavia, l’isola mostra anche segnali positivi. Tra questi, una spesa sociale elevata da parte dei Comuni per interventi di integrazione e assistenza domiciliare, oltre a una spesa sanitaria pubblica pro-capite superiore alla media europea. Inoltre, solo una piccola percentuale di cittadini sardi si dichiara estremamente insoddisfatta della propria condizione sanitaria, indicando una certa resilienza nel tessuto sociale.

Come afferma Federico Spandonaro, presidente del Comitato Scientifico di “Crea“, “le differenze regionali sono ancora marcate, ma il Sud sta guadagnando terreno. È fondamentale investire in politiche sanitarie territoriali per ridurre le disuguaglianze e migliorare l’equità del sistema sanitario italiano”.

In conclusione, la Sardegna si conferma una realtà in equilibrio tra resilienza e difficoltà, in cui la qualità della vita legata alla salute dipende non solo dai servizi sanitari, ma anche da una rete complessa di fattori sociali, economici e culturali. Monitorare e intervenire su questi elementi è la chiave per garantire un benessere diffuso e duraturo.

Vi lascio qui il link che vi riporta direttamente al report ufficiale, nel caso foste interessati a consultarlo.

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