La Società Italiana di Psichiatria Sociale (SIPS) ha recentemente istituito un gruppo di lavoro per identificare, capire e affrontare i bisogni di salute mentale delle persone LGBTQI+.

Il gruppo di lavoro, costituito da clinici, ricercatori e docenti universitari provenienti da varie parti di Italia, ha prodotto una serie di documenti e raccomandazioni di buona pratica clinica, pubblicati su riviste scientifiche internazionali e disponibili gratuitamente sul sito della SIPS.

Questi lavori mostrano che le persone LGBTQI+ hanno un rischio quattro volte maggiore rispetto alla popolazione generale di comportamenti suicidari, ideazione suicidaria e condotte autolesive. In particolare, il rischio sembra essere ancora più elevato nelle persone transgender e bisessuali.

Questo aumentato rischio di suicidio è dovuto soprattutto allo stigma, alle discriminazioni subite, a fenomeni di bullismo e allo stress associato all’appartenere a una minoranza.

Inoltre, durante la pandemia da COVID-19, le persone LGBTQI+ hanno riportato livelli più elevati di preoccupazione verso il futuro, preoccupazioni, incertezza e stigma percepito rispetto alla popolazione generale.

La pandemia e le relative misure di sanità pubblica hanno aggiunto un carico molto significativo su queste persone, che sono state costrette per molto tempo a limitare gli accessi ai servizi sanitari o a convivere con i propri familiari che non sempre accettano la loro condizione.

È fondamentale continuare a lottare per garantire i diritti civili di tutti e per combattere qualsiasi forma di discriminazione. Le persone LGBTQI+ non devono sentirsi più sole e, anzi, dovrebbero essere accompagnate nel loro percorso di vita – oltre che dai propri familiari – anche dagli operatori della salute mentale, che dovrebbero imparare ad accogliere la sofferenza psicologica delle persone LGBTQI+ e dare loro delle risposte adeguate.

Tra queste, andrebbero sicuramente messe al bando le cosiddette terapie di conversione (o terapie riparative), pratiche assai diffuse in tutte il mondo ma molto poco documentate, che pretendono di cambiare l’orientamento sessuale delle persone.

Prive di qualsiasi fondamento scientifico, queste “terapie” violano i diritti LGBTQI+ infliggendo danni e sofferenze a chi le subisce, e si sono rivelate delle vere e proprie truffe per il paziente, nonché forme di coercizione dannose e inaccettabili, causa di grave infelicità e sviluppo di depressione e di altri disturbi mentali.  

Gli studi più significativi a riguardo sono i seguenti, tutti pubblicati su International Review of Psychiatry:

Salute mentale per le persone LGBTQI: una revisione delle politiche, a cura di Antonio Ventriglio, Massimo Mirandola, Gian Maria Galeazzi, Francesco Amaddeo, Federica Pinna, Manlio Converti e Andrea Fiorillo;

Autolesionismo e suicidio tra le persone LGBTIQ: una revisione sistematica e una meta-analisi, a cura di Mattia Marchi, Elisa Arcolin, Gianluca Fiore, Antonio Travascio, Daniele Uberti, Francesco Amaddeo, Manlio Converti, Andrea Fiorillo, Massimo Mirandola, Federica Pinna, Antonio Ventriglio e Gian Maria Galeazzi;

Salute mentale e benessere delle persone LGBTQ+ durante la pandemia di COVID-19, a cura di Gaia Sampogna, Antonio Ventriglio, Matteo Di Vincenzo, Valeria Del Vecchio, Vincenzo Giallonardo, Valeria Bianchini and Andrea Fiorillo.

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