Sangiovanni: la nuova frontiera del ménage 4.0 è il crossplay
La generazione Z ci insegna ad amare secondo un loro grande anticipatore: Khalil Gibran
La generazione Z ci insegna ad amare secondo un loro grande anticipatore: Khalil Gibran
La generazione Z, per cui ho speso tante volte parole di giubilo e stima, sta stravolgendo l’immaginario convenzionale, smontando ogni stereotipo: non solo reinventando il significato tradizionalmente attribuito all’identità (che diventa genderless e ageless) ma anche quello, di conseguenza, della relazione. Per i ventenni di oggi stare insieme è il contrario del legame: piuttosto il regno magnifico della libertà, quel campo da gioco dove tutto è possibile, purchè al riparo dell’amore.
Li osannerebbe Gibran, loro anticipatore, che dell’amore come radice ma anche ali ha scritto papiri, e questo, per esempio:
“Riempitevi l’un l’altro le coppe, ma non bevete da un’unica coppa. Datevi sostentamento reciproco, ma non mangiate dello stesso pane. Cantate e danzate insieme e state allegri, ma ognuno di voi sia solo, come sole sono le corde del liuto, benché vibrino di musica uguale. Donatevi il cuore, ma l’uno non sia di rifugio all’altro, poiché solo la mano della vita può contenere i vostri cuori. E siate uniti, ma non troppo vicini; Le colonne del tempio si ergono distanti, e la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro“.
Libertà significa stare in coppia pur dichiarandosi bisessuali (per esempio Giorgia Soleri, compagna di Damiano dei Maneskin, che ha appena fatto coming out su Instagram); significa essere un buon padre di famiglia pur con smalto, rimmel e piume di struzzo (Fedez docet), significa amare gli uomini ma condizionatamente, pretendendo rispetto (vedi Aurora Ramazzotti sul cat calling), significa amare le donne qualsiasi età esse abbiano (Carlo Di Francesco aveva 25 anni quando è diventato il compagno di Fiorella Mannoia, allora cinquantenne).
La rappresentazione simbolica e non solo di questa libertà 4.0, fatta di un mix di sistemi valoriali ed estetici è il crossplaying. Si tratta di una parola macedonia, detta anche portmanteau, mashup, neologismo sincratico o composto aplologico, che deriva dalla fusione di crossdressing e cosplay. Mentre il cosplay, erede degli anno ’90, si basa sul travestimento da personaggi di videogiochi, fumetti, cartoni animati, film o letteratura fantasy, i crossdresser sono i ragazzi e ragazze che indossano abiti generalmente associati al ruolo di genere opposto al proprio. Fenomeno di gran tendenza proprio in questi mesi, da quando il professore di matematica eterosessuale spagnolo Jose Piñas è andato in aula in gonna (novembre 2020).
Il crossplay implica non solo la possibilità di vestirsi come ci pare, come ha ribadito il giovanissimo artista smaltato, Sangiovanni, in un video su Instagram, dopo essere stato insultato per strada perchè vestito in fucsia, ma anche, per derivazione, l’amare come ci pare. Una sorta di riscrittura della coppia, della relazione, del ménage che riparadigma il sistema di simboli, archetipi, stereotipi, tradizioni e convenzioni che da secoli inchiodano uomini e donne a ruoli e cliché che ne impediscono la piena realizzazione a livello esistenziale, tarpando ali all’amore, frustrandone le infinite possibilità, riducendone le opportunità, strozzandone la voce, inibendo una rappresentazione di sè (come essere umano e partner) compiuta e pienamente autentica, in ogni sua cangiante sfaccettatura.
Ecco perchè questa insistenza della generazione Z sul dress code: uomini con camicie crop top, smalti, rimmel e piume, donne in giacca e cravatta: siamo in piena rivoluzione valoriale.
Già, perchè nel crossplay dei giovani Zeta c’è una critica importante alla generazione precedente, quella che ha santificato la norma, abdicato alle ideologie, si è immolata a una vita fatta di icone invece che di storie, e da una cattedra inesistente ha dettato regole e parametri senza declinarli secondo le struggenti varietà della vita e le sue incredibili dinamicità, senza generosità nè umanità, senza alcun senso di giustizia intergenerazionale. Una frotta di baby boomers autoeletti a decidere per tutti di un futuro a cui non apparterranno, fieri della loro visione egologica che oggi ha prodotto solamente un conto alla rovescia verso l’estinzione. Eccoli, allora, i nostri crossplayer, alle prese con la faticosa trasformazione della visione egologica in una ecologica, olistica, che accolga e comprenda tutto, tutti, perfino quei genitori che hanno rubato il loro futuro, con cui cantano, ballano, giocano, e che continuano ad amare.
Nessun parricidio, nessun matricidio come nell’ultimo sconvolgente romanzo della nostra geniale Domitilla Pirro, Nati nuovi, che consiglio assolutamente di leggere, ma un provocatorio, affettuosissimo ballo estivo: