Il nostro ospite di oggi, Andrea Rubera, dedica il suo blog alle storie delle persone LGBT+ e del loro percorso spesso tortuoso verso il pieno riconoscimento dei diritti, primo fra tutti quello ad esistere e alla partecipazione in quanto tali in tutti i contesti della società.

Ad uno in particolare Andrea è sempre stato vicino, sperimentando in prima persona tutti gli ostacoli di questa comoda posizione: la Chiesa cattolica, nella quale è da sempre attivo nelle comunità di base.

Quando si cresce con un’idea di fede centrata sulla partecipazione alla vita della comunità, cosa succede nel momento in cui ci si scopre omosessuali? Quando la tua affettività è bollata senza appello come peccato, talmente tabù da venire nominata nei documenti ecclesiastici ufficiali solo in astratto – omosessualità – ma mai in riferimento alla persona omosessuale?

“Qualcosa è andato in tilt”,

confessa Andrea Rubera, che però non ha voluto rinunciare né alla sua identità né alla sua fede: ha cercato e trovato altre persone come lui, con cui condividere l’esperienza cristiana.

Un cammino nella clandestinità,
oggi verso la partecipazione

In 40 anni i gruppi di cristiani LGBT+ hanno percorso un cammino dalla clandestinità fino alle aperture di Papa Francesco. Le resistenze sono ancora tante, frutto di una cultura patriarcale ancora radicata nella società italiana e nella stessa Chiesa, in cui i ruoli di potere sono tuttora riservati agli uomini. Ma il cambiamento preme e preme anche dall’interno. Se pensate che l’omosessualità sia un peccato, o una malattia da cui una persona va guarita, venite a conoscere le persone vere: perché

“l’arma che sgretola il pregiudizio”,

conclude Andrea,

“è l’incontro”.

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